Un salto indietro nella storia appare opportuno, dunque, perché ci riporterebbe a questi giorni drammatici per il popolo afghano e in cui, non si sa quanto costerà nel lungo termine, la sconfitta dell’Occidente. Frutto di un ritiro comunque annunciato ed organizzato in malo modo oppure è la fine di un’era per il mondo? Ovvero del disimpegno americano in diverse aeree del mondo?

La risposta, almeno per il secondo quesito, è un no secco. La volontà degli Stati Uniti è ancora quella di difendere gli alleati, ma quasi sicuramente con un’altra modalità. Questo particolare della storia americana, fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, appare assai rilevante ed è costellata di eventi e di conflitti in cui non sempre gli americani hanno trionfato in maniera completa. Ma questo aspetto sarà approfondito nell’articolo successivo, come già specificato in precedenza, dal nostro Luigi Spetrillo.

D’altronde, però, qualcosa lo si può accennare anche in qui, in questo lungo articolo di mere conclusioni e che forse rimandano, ancora una volta, la problematica della ricerca della verità assoluta, nonostante in precedenza abbiamo tentato di approfondire, seppur sommariamente e con alcune nostre ipotesi, la dinamica degli attacchi.

In questi giorni si sta dicendo e a più riprese che l’era americana è terminata nel mondo. Un’espressione che, forse, quelli un po’ più grandi noi avevano già udito all’indomani del fallimento della spedizione militare in Viet – Nam. La caduta di Saigon, in quel caldo ed afoso 15 agosto del 1975, ha avuto, in gergo cinematografico, un triste remake: Kabul, 15 agosto 2021.

Joe Biden aveva ribadito in conferenza stampa e più volte che, in nessuna maniera, si sarebbero riviste le stesse scene o immagini in cui mostravano elicotteri fuggire via dal tetto dell’ambasciata americana come nel conflitto Viet – Nam. I fatti lo hanno smentito. Quella che abbiamo visto non è stata, di facciata, una ritirata ordinata, ma una fuga, nonostante le intenzioni non fossero quelle; l’impressione che è stata data al mondo è diventata inequivocabile.

Tralasciando per un momento la legittima volontà del popolo statunitense di non essere più imbrigliato in lunghi conflitti, perché quello afghano è stato di fatto un conflitto che si è protratto per venti lunghi anni, ci sarebbe da affermare, in merito l’esatto numero di tempo che ci separa  dal 9/11 il sottolineare che per anni, per non dire, da decenni gli Stati Uniti d’America, nella loro posizione di leader mondiale, confermata e consacrata dopo la vittoria nella Seconda guerra mondiale, prima, e con la sconfitta dell’Unione Sovietica, poi, si è sempre prodigata in aiuto di ogni popolo nel mondo.

E’ pur vero che l’interesse nazionale era sempre presente e apparirebbe retorico affermare il contrario. Come forse lo fu anche in quel lontano 1979 quando gli americani entrarono in Afghanistan per sconfiggere le truppe sovietiche, invasori di quel territorio. I vertici militari americani si allearono con i Talebani e con qualcuno in particolare il quale, qualche anno più tardi, diventerà un agente della Cia: ovvero Osama Bin Laden; accusato, poi, anni dopo della strage avvenuta a New York.

La guerra in Afghanistan durò dieci anni e nel penultimo anno di battaglia, nel 1988, Sylverster Stallone recitò in ‘Rambo III’ la cui trama era ambientata nel territorio dei talebani. Un anno dopo cadde il muro di Berlino e l’Unione Sovietica, sconfitta dagli americani anche in Medioriente, si dissolse ufficialmente nel natale di 30 anni fa, nel 1991.

Ciò che stiamo riportando sono eventi avvenuti dopo la caduta di Saigon, quando tutti credevano che l’America non sarebbe stata più in grado di svolgere il suo ruolo nel mondo. Ma questo non significa che non si devono prendere in esame altri errori commessi dalle singole amministrazioni americane nel corso di questi ultimi tre decenni.

Primo fra tutti, a quanto sembra, nel decennio ’90 in cui le ambasciate americane erano prese di mira, l’allora Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, secondo quanto poi è emerso, aveva la possibilità di emanare l’ordine con il quale avrebbe decretato la morte del futuro sceicco del terrore. Cosa che non avvenne.

Un altro errore o forse si è rivelato tale successivamente, una volta in cui, il 1° maggio di dieci anni fa, Barack Obama riuscendo a mantenere la parola del suo predecessore nell’uccidere Osama Bin Laden, non solo non richiamo le truppe ma aumentò le unità presenti sul territorio, finanziando un altro gruppo di guerriglieri che si sarebbe dovuto opporre ad Al-Qaeda: l’Isis.

L’Isisi, invece, si rivelò essere una pericolosa minaccia non solo per gli Stati Uniti d’America ma anche per il mondo intero, con una serie di feroci attacchi. A seguire arrivò Donald Trump con il suo slogan elettorale ‘America First’, con il quale annunciava al mondo la volontà di trincerarsi nei propri confini mantenendo ugualmente l’intenzione di aiutare i propri alleati; visti anche come un’enorme palla al piede per quanto riguarda la questione della Nato.

Lo stesso Trump, durante il suo ultimo anno di mandato, annunciò di aver firmato a Doha, con i Talebani, il trattato con il quale si prevedeva il ritiro delle truppe americane in quell’area del mondo. Mossa azzardata? Forse? Ma quale delle due? Quando Trump annunciò la prima volta le sue reali intenzioni o quando appose la firma all’accordo di ritiro?

O forse questa situazione è da imputare a Barack Obama per come aveva gestito il conflitto durante i suoi due mandati? Perché in verità c’è una cosa che non abbiamo ancora detto e non deve essere vista come una difesa a ‘Sleepy Joe’, ma come un ulteriore dato di fatto: ossia che Joe Biden aveva già intenzione di ritirarsi già quando era il vice – presidente di Obama, solo che ha scelto il modo sbagliato per farlo. Lasciando nella disperazione quell’intera popolazione.

Il suo errore, però, ci riporta storicamente ad un’altra vicenda. Ad un’altra situazione che tenne il mondo con il fiato sospeso. Le analogie riguarderebbero ad un altro Presidente democratico, anche lui cattolico ed irlandese: John Fitzgerald Kennedy. Nel 1961, primo anno di mandato, uscì con le ossa rotte dalla cosiddetta ‘Baia dei porci’, ovvero la maldestra operazione di rovesciare il regime di Fidel Castro a Cuba con l’ausilio di alcuni esuli cubani. L’anno dopo, lo stesso Presidente Kennedy, ebbe il suo riscatto sempre a Cuba per la crisi dei missili puntanti contro l’America da parte dei sovietici.

Quella pericolosa situazione venne risolta da una complicata operazione di diplomazia, paradossalmente l’arma su cui Biden ha sempre puntato. Magari, il prossimo anno si potrebbe riscattare proprio come è successo a Kennedy nel 1962? Ovviamente la nostra è solamente un’ipotesi.

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