Risate, umanità e umiltà nel cuore del cinema popolare italiano
Nato il 22 giugno 1951, Lucio Montanaro è uno di quei volti che hanno lasciato un segno indelebile nel cinema popolare italiano. Attore, caratterista e comico, ha attraversato decenni di commedie sexy all’italiana e sceneggiate napoletane, lavorando al fianco di giganti come Lino Banfi, Mario Merola, Renzo Montagnani, Nino D’Angelo e Alvaro Vitali con cui – sottolinea avrebbe dovuto partecipare a diversi progetti.
La sua carriera comincia quasi per caso: «Al liceo classico non facevo altro che raccontare barzellette. Quando Vittorio Caprioli arrivò a Martina Franca per girare Vieni, vieni amore mio, cercava un caratterista e tutti indicarono me. Mi presero, c’era anche Ciro Ippolito. Da lì mi portarono a Roma e da quel momento sono partito. La mia carriera è stata molto bella perché senza bivi, se non quello di scegliere tra la commedia delle belle donne con la Fenech e la sceneggiata napoletana, che mi ha fatto conoscere Mario Merola, con cui ho fatto tanti film».
Con Merola il rapporto va oltre la collaborazione artistica: «Mario ha rappresentato una grande arte che non si ripeterà più. Ha insegnato ai cantanti come usare le corde vocali, come si canta in napoletano, e soprattutto ha insegnato l’umiltà e la bontà. Era figlio di lavoratori portuali, ma ha insegnato a tutti come si cammina sul palco e come si vive». Montanaro ricorda con nostalgia gli anni della commedia sexy, genere oggi tramontato ma amatissimo dal pubblico: «Ancora oggi la gente mi dice che li riguarda con piacere. I napoletani soprattutto mi arricchiscono di complimenti». La sua comicità è stata intrecciata con la malinconia, una caratteristica che lui rivendica: «Non è la stessa cosa essere attore o caratterista. L’attore deve saper recitare in qualsiasi momento, anche nei momenti di tristezza. Ma il comico, dentro, ha sempre un velo di malinconia».
Nonostante la fama, Montanaro si è sempre tenuto lontano dal clamore. È Giuseppe Del Curatolo, che ha scritto la mia autobiografia, a seguire la pagina. Sul suo percorso aggiunge: «Sarei rimasto comunque uno di quegli attori della grande commedia italiana, amata persino da Quentin Tarantino. Ho arricchito la mia valigia grazie a Mario Merola e ai film con lui. Oggi è diverso: se non hai valore e capacità, non fai tanti film, forse uno o due. Io invece ne ho fatti tanti perché avevo qualcosa da dare». Nella sua memoria spuntano anche episodi curiosi, come quello di un set con Merola: «Stavamo girando e vedemmo un orso bianco in un giardino elegante. Mario mi chiese: “Lucio, che animale è quello?” Io risposi scherzando: “Un cane turco”. Poi scoprimmo che era davvero un orso bianco. Mario, con quella sua ironia paterna, si arrabbiò, ma ci ridemmo sopra ».
Montanaro non dimentica neppure i rapporti internazionali: «Ho avuto la fortuna di conoscere Francis Ford Coppola e Quentin Tarantino, ma anche di stringere amicizia con Nicolas Cage. Per diventare un personaggio serve il tempo e soprattutto resistere negli anni con la stessa faccia». Il suo segreto, oggi come ieri, resta uno: «La caratteristica più importante è restare con i piedi per terra. Bisogna essere umili, buoni e ricordarsi di aver fatto ridere generazioni. Questo è il bagaglio che porto con me». Nel 2019 ha pubblicato la sua autobiografia Il meglio della vita mia… ma sinceramente non ricordo tutto! (Edizioni dal Sud), un titolo che riflette perfettamente la sua autoironia.
Un percorso che racconta l’Italia di un cinema popolare, fatto di risate, umanità e umiltà: ingredienti che hanno reso Lucio Montanaro un caratterista indimenticabile. A questo libro segue “Lucio Montanaro racconta Mario Merola”. La storia artistica di Lucio Montanaro è la testimonianza di un cinema che sapeva unire leggerezza e profondità, comicità. Con il suo stile unico, Montanaro ha saputo far sorridere intere generazioni, portando sullo schermo l’anima popolare e autentica di un’Italia che continua a vivere anche nei suoi film.