Una vita sul palcoscenico, tra maestri e nuove sfide

Vicentina di nascita, Maria Cristina Maccà appartiene a quella generazione di attrici che hanno fatto del teatro la loro vera scuola di vita. La passione nasce in giovane età, quando entra a far parte della compagnia amatoriale La Baracca, diretta dal maestro Renato Stanisci. Poi il trasferimento a Roma, l’ammissione all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico e il diploma nel 1991. Da lì, il percorso artistico si intreccia con palcoscenico, cinema e televisione, sempre con uno sguardo attento alla qualità.

Il debutto sul grande schermo arriva nello stesso anno del diploma, quando Roberto Benigni la vuole nel cast di Johnny Stecchino.  «Quello – racconta l’attrice – è stato il mio approccio sul set con la macchina da presa. In Accademia, con Corbucci, avevo fatto la mia prima posa al cinema, poi è arrivato Benigni. Ero ancora studentessa, avevo poco più di 23 anni. Per me era tutto nuovo, non ero mai stata su un set: divertente, curioso, interessante. Da lì sono arrivate tante altre occasioni di lavoro con Maestri. Se guardo al curriculum, penso a Monicelli, Villaggio, Gassman: un bel parterre di persone che oggi purtroppo non ci sono più». La notorietà popolare arriva però nel 1996, quando eredita da Plinio Fernando i ruoli di Mariangela e Uga, rispettivamente figlia e nipote del ragionier Ugo Fantozzi.

Un passaggio che l’attrice ricorda con lucidità: «Quando ho accettato non mi rendevo conto dell’enormità della cosa. Avevo 29 anni, non era un genere che seguivo. Poi l’ho capito mentre lo giravo. Lo stesso organizzatore di produzione mi diceva: “Non ti rendi conto, ma stai facendo un film che passerà alla storia. Ssolo dopo ho compreso la sua importanza. Lo rifarei, era un’altra epoca». La sua carriera, lunga più di trent’anni, si muove sempre tra cinema, teatro e qualche apparizione televisiva. Ma il cuore resta legato al palcoscenico: «Quando si fa uno spettacolo o un film, non è tanto cosa fai ma come e con chi lo fai. È la qualità che conta, perché prevarica su tutto. E oggi di qualità ne vedo poca. Non si sottovaluta il pubblico: quando c’è un bel film o un bel testo teatrale lo riconosce». Sui social e sulla tecnologia, Maccà mantiene una posizione critica: «Io con i social ho un pessimo rapporto, anzi con la tecnologia in generale. Vorrei tornare ai tempi in cui c’erano solo telefoni e segreterie telefoniche. Oggi è tutto veloce, consumistico. Non mi riconosco in questo, forse perché sono nata negli anni Sessanta-Settanta e ho vissuto un’altra epoca. Devo adattarmi, ma con difficoltà».

Guardando indietro, non ha rimpianti ma una certezza: «Se tornassi indietro non resterei in Italia, andrei all’estero, magari in Inghilterra. Ai ragazzi direi: andate via, formatevi all’estero. Io stessa venivo dalla provincia e sono arrivata a Roma solo perché mi hanno presa in Accademia». L’attrice riflette anche sull’attualità del repertorio classico: «Leggere un Pirandello oggi, pensiamo al Berretto a sonagli, fa capire quanto certi testi siano attuali. È una ruota: spero che torni la qualità. Ci sono tanti giovani di talento che non hanno spazio, e questo è un peccato».

Quanto al futuro, Maccà precisa: «Non ho tirato i remi in barca. Vorrei incontrare persone con cui ci sia uno scambio artistico vero, che lascino il segno. Attualmente riprenderò uno spettacolo diretto da Walter Pagliaro. Il mio obiettivo resta sempre lo stesso: impormi con lavori di qualità, non accettare cose tanto per fare». Un bilancio, dunque, che lei stessa definisce «buono», ma con un presente non facile. Una carriera segnata da incontri importanti e ruoli memorabili.

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