Sul conflitto israelo-palestinese la politica dovrebbe unire, invece divide le opinioni

Partiamo subito con una domanda, secca e senza ulteriori giri di parole. La poniamo per il semplice motivo in cui in certe occasioni la propaganda di parte dovrebbe stare in disparte e perdonateci la rima. Giunti a questo punto, per quanto riguarda il conflitto Israelo-Palestinese, è così rilevante sapere chi ha attaccato per prima? Appare ancora rilevante schierarsi da una parte o dall’altra incurante del fatto che entrambi, dal 1948 in via ufficiale, per non dire da secoli, si stanno ammazzando tra di loro senza esclusioni di colpi?

Tutto questo scaturisce non solo per una striscia di terra o per un territorio intero, no. Tutto questo nasconde insidie o implicazioni sociali, in ambito mondiale, implicazioni religiose e, addirittura, razziali. Affermare che ha ragione la Palestina non è poi così sbagliato, come non è poi così sbagliato affermare che ha ragione anche Israele. Entrambi hanno il sacrosanto diritto di avere, di possedere, di costruirsi una vita su un determinato territorio.

Allora, cosa è sbagliato? Schierarsi. Qualcuno, giustamente, potrebbe anche dire: ma ‘FreeTopix Magazine’ si può permettere di mettersi in mezzo ad una contesa secolare, ad un’infinita guerra, interrotta solamente da momenti di pace apparente, dove, poi, il conflitto è tornato sempre più aspro? Se c’è la possibilità di far riflettere, certo che sì. Senza avere, questo sia ben chiaro, la sfera di cristallo, la palla magica o comunque la soluzione assoluta per tutti i mali. Perché, semplicemente, non esiste e non esisterà mai.

Ci sarà sempre una soluzione che scontenterà gli uni e che scontenterà gli altri. Affermare, oltremodo, che si è favorevoli a due Stati non sarebbe, di fatto, nel torto; perché rientra su quanto abbiamo affermato fino adesso. Il punto, però, qual è? È ribadire quanto stiamo sostenendo da martedì scorso, sul concetto relativo al cosiddetto ‘tifo da stadio’.

Stare dalla parte di Israele o della Palestina non è come tifare per il Napoli o la Juventus, non è come vedere il derby Roma-Lazio, Milan-Inter o Sampdoria-Genova. Israeliani e Palestinesi, badate bene stiamo scrivendo il nome dei due popoli a lettera maiuscola, sono due popoli, appunto, che cercano di vivere la loro storia come meglio credono.

Partire dal solito presupposto o comunque ancorarsi dietro al ‘ha iniziato prima lui ad uccidere, a trucidare o ad attaccare’ non funziona più. C’è in ballo molto di più che la divisione o condivisione di una striscia di territorio o di un intero territorio. C’è in ballo la pace mondiale. Questo concetto lo avevamo espresso, semmai in maniera anche indiretta, durante il conflitto in Ucraina.

Naturale credere, pensare, che dietro a tutto questo c’è qualcuno che voglia veramente arrivare allo scontro e non solo di civiltà. Fomentare, alimentare le cosiddette partigianerie provocherà, come unica ed irrimediabile conseguenza, che anche tra le persone comuni o comunque quelle che sono al di fuori della contesa, si formeranno schieramenti da una parte e dall’altra, giungendo quindi ad uno scontro. Uno scontro che comporterà non tanto una normale e pacifica presa di posizione favorendo, così, il confronto ed il dialogo tra le due opposte fazioni ed i diretti interessati. No, ma all’acuirsi e all’esasperazione dei toni.

Un’esasperazione che alimenterà, a sua volta, fanatici di ogni parte politica e religiosa, instillando sempre più paura fra i cittadini. Forse i tragici gesti che si sono registrati in Francia, la scorsa settimana, e negli Stati Uniti d’America, proprio ieri, purtroppo, rientrano in questa duplice categoria e scopo: mettere gli uni contro gli altri per creare caos, confusione e dividere, in tutto e per tutto, i popoli stessi.

Che la Cina e l’Iran vanno contro Israele o che la stessa sinistra va contro Israele, a priori, perché deve andare contro agli Stati Uniti d’America, i quali storicamente appoggiano appunto gli Israeliani, non mostra una notevole maturità politica e scusateci per il nostro essere diretti; in fondo, siamo nella rubrica ‘Parole Schiette’.

Perché stiamo dicendo questo? Perché sembra che ci stiamo schierando, per la prima volta, cosa poi non vera? Perché il sentore è che non sussista la volontà di difendere le ragioni di un popolo da un altro popolo; semmai di voler alimentare lo scontro per sconfiggere, in maniera indiretta, l’avversario dal punto di vista ideologico. Molto probabilmente ciò vale anche per la guerra in Ucraina, da un anno e mezzo a questa parte.

La storia ci insegna che nessuno è perfetto. Nessuno ha aprioristicamente ragione se commette, seppur in buona fede, un atto o una scelta che poi si rivela, nel corso del tempo, poi sbagliata. Qualcuno potrebbe addurre la motivazione che era, è, e risulterà sempre errato sostenere le ragioni d’Israele in favore dei Palestinesi e viceversa, perché su quella terra c’erano prima gli uni e poi gli altri. Un paradosso storico da cui non se ne esce con lo schierarsi di parte.

Certo, avere la propria visione, la propria prospettiva su una determinata questione ben venga; che la stessa venga poi fruita per creare confronto e dialogo, ben venga ulteriormente; ma senza, in tutto e per tutto, alimentare il cosiddetto ‘tifo da stadio’ e senza poi alimentarlo con il cosiddetto numero dei morti ammazzati da parte di uno o dell’altro perché non una partita di calcio: è una guerra.

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