Proteste in favore della Palestina determinano ondate di antisemitismo contro Israele

Lo avevamo detto che ‘Il tifo da stadio’ non porta poi così tanto bene. Se qualcuno o un popolo sbaglia è bene dirlo, rimarcarlo, farlo presente; ma stare con il fiato sul collo per crocifiggerlo come se fosse il male assoluto no, non va per niente bene. La questione è sempre la stessa, affrontata una settimana fa o giù di lì: la questione mediorientale o, come meglio preferite, l’eterno conflitto tra Israele e la Palestina o, ancora, tra israeliani e palestinesi.

Non importa chi viene menzionato per prima, non importa chi ha attaccato per prima. Ciò che è rilevante ai fini di questa riflessione, che avrebbe tutta l’aria di un piccolo sfogo, è quello di avvertire tutti coloro che inneggiano contro Israele, per i motivi e convinzioni che si ritengono giuste s’intende, come abbiamo affermato la settimana scorsa, ma che, per un modo o un altro possono sfuggire di mano, trasformandosi in una situazione molto, ma molto incontrollabile.

A cosa stiamo facendo riferimento? Alla pericolosa ondata di antisemitismo che sta interessando un po’ tutto il mondo e, badate bene, quello stesso antisemitismo che viene combattuto ogni giorno da alcune forze politiche impegnate, come giusto che sia, nel ricordo di quello che fu: la Shoah. È un controsenso, ma è così. Ed è quello che sta avvenendo da diversi giorni a questa parte.

Non ci soffermeremo chi ha ricominciato per prima le ostilità, quasi un mese fa. Ma il pensiero degli ostaggi è come se non fosse tanto rilevante e di quali mani pericolose si trovino. C’è dell’altro: da quanto Hamas ha attaccato Israele, invadendo, comunque quella parte del suo territorio, l’attenzione dei media si è spostata dall’Ucraina alla Terra Santa, facendo un po’ dimenticare quello che sta accadendo nell’est del continente europeo. Strano, vero?

Che quest’attacco ad Israele sia proprio una mossa per sviare l’attenzione sulla Russia? Un’ipotesi plausibile, visto che tutti i giornali sono più concentrati sulla reazione di Israele che ha suscitato sdegno nel mondo, eppure, ripetiamo, tutti quanti, almeno quelli che protestano, si sono dimenticati degli ostaggi.

Certo, a questo punto bisognerebbe risalire a monte, ovvero sulle cause di questo conflitto ma sarebbe inutile esplicarle o quantomeno ricordarle, essenzialmente per il semplice motivo che sempre state riportate ogni volta che in quei territori è accaduto qualcosa da far temere il peggio.

Appunto, il temere il peggio. La sensazione, però, che c’è più paura oggi che in altri periodi. Forse perché la situazione internazionale era più tranquilla di quella attuale e alcuni punti di riferimento sono venuti meno. Ma ciò non toglie che quando si fa presente che qualcuno sbaglia non si dovrebbe mai e poi mai di commettere l’errore di innescare, seppur involontariamente, il pregiudizio. Proprio quel pregiudizio che, da decenni, viene combattuto in tutto e per tutto.

Perché questa volta sembra che tra gli israeliani e i palestinesi siamo giunti ad un punto di svolta. Ad un punto in cui o queste ostilità tra entrambi cessino immediatamente oppure si giungerà sul punto di non ritorno; infatti, il conflitto che avrebbe più possibilità di evolversi in un’escalation pericolosissima è proprio quello in Terra Santa. Che ci sia una volontà ben precisa? E quale sarebbe? Quella di distogliere l’attenzione nei confronti della guerra in Ucraina o di arrivare al Terzo Conflitto Mondiale?

In fondo, dopo tanti anni quella terra, ormai, dovrebbe essere abitata da entrambi i popoli e per diverse ragioni, storiche ovviamente, in modo da creare, finalmente il progetto che avrebbe dovuto essere caldeggiato con molta convinzione dall’Occidente intero: due popoli, due Stati; ovviamente divisi equamente.

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