Sostenibilità e relazione con lo spazio storico, è la tendenza di oggi nello sviluppo della nuova ristorazione, a partire dalla progettazione degli spazi.

Whey – Hong Kong, Cina

Siamo nel vivace quartiere centrale di Hong Kong. Il ristorante Whey è una tranquilla fuga dalla giungla metropolitana. Fonde la cucina europea con quella asiatica, in uno spazio eclettico, ispirato al design scandinavo, all’architettura Peranakan e all’arte in generale, rendendo omaggio alla rinnovata scena culturale di Singapore.

Con lo chef singaporiano Barry Quek, Whey cerca di introdurre i commensali alla moderna cucina europea, reinventata con influenze singaporiane e con un focus su ingredienti locali e stagionali.

Una visita a Whey è concepita come una processione attraverso le diverse portate di un pasto. L’ingresso guida gli ospiti attraverso un lungo corridoio. Accedendo alla sala principale, un’installazione a specchio dell’artista Dawn Ng, esplora le nozioni del tempo in uno spazio a sé. L’opera è una cortina di relax rispetto alle strade trafficate dell’esterno.

La sala centrale è caratterizzata da una zona pranzo con cucina a vista, dove gli ospiti possono interagire direttamente con lo chef. Lo spazio è un gioco di tonalità che vanno dai toni caldi e terrosi, ai verdi profondi e tropicali, con dettagli in ottone. La tavolozza dei colori ricorda le rustiche cabine scandinave e l’abbondante verde della Singapore tropicale, con un tocco di raffinatezza.

Lo spazio è rafforzato dalla selezione dei materiali. Il rattan, comunemente usato negli elementi di design sia singaporiani che scandinavi, conferisce morbidezza con la sua trama intrecciata. Il rovere naturale dei pavimenti, dei tavoli e dei paraventi conferisce tattilità all’esperienza culinaria, enfatizzando il contrasto con gli esterni in cemento della città. Infine, per aggiungere profondità temporale e visiva agli spazi più intimi, viene utilizzato il marmo verde intenso nella reception e nei bagni.

Whey si impegna a sostenere le aziende agricole e le imprese locali, con un menu costruito attorno agli ingredienti locali più freschi. Il ristorante lavora per ridurre lo spreco di cibo. Un’ambizione che si riflette anche nel nome (dall’inglese “siero”): come sottoprodotto del processo di caseificazione, il siero di latte si trasforma in un condimento base, che altrimenti andrebbe perduto.

Lo spazio è pieno di opere d’arte accuratamente selezionate: Bosco Sodi dal Messico, Wu Chu-Tsung da Taiwan e Jiana Kim dalla Corea.

Odiseo – Murcia, Spagna

Torniamo in Europa e più precisamente in Spagna. Odiseo nasce dal desiderio di creare un grande complesso urbano per il tempo libero. Ha l’aspirazione di diventare un riferimento, non solo per la città di Murcia, ma per l’intera regione sud-orientale della Penisola Iberica. L’edificio ospita due ristoranti, una discoteca, una sala per spettacoli, un casinò e un bar sportivo.

È situato in uno degli ingressi principali della città, circondato da strade ad alta velocità. Il paesaggio è dominato dai cartelloni pubblicitari e da centri commerciali. Odiseo cerca di rendersi visibile senza fare appello ad alcuna segnaletica esterna, ma diventando esso stesso un colossale “totem”.

Avendo essenzialmente l’obiettivo di essere un centro ricreativo, il progetto ha l’obiettivo di coinvolgere il visitatore in maniera totale: da quello sensoriale (il suono dell’acqua, i riflessi del sole) a quello psicologico (curiosità, stupore, attesa, sorpresa, sorriso).

Secondo queste linee guida, l’edificio è costituito da due blocchi principali, che generano una grande terrazza sul tetto, dove è collocato il grande ristorante. Sopra di esso, il “totem”: un grande traliccio, in tubi metallici, che sorregge l’insegna a corona dell’edificio. Inoltre un grande terrazzo, attraversato da una vasca a sbalzo che sporge fino a 22 metri.

Un progetto impegnativo e complesso. Giochi d’acqua, vegetazione, ombra, aria si combinano per creare un ecosistema che difende l’edificio dal clima torrido di una delle città più soleggiate d’Europa.

All’interno, una progettazione estremamente curata che genera mondi indipendenti. Il Mediterraneo, che guida la cucina, e la mitologia greca attraverso alcuni elementi base come il legno, l’oro, il bronzo, le fibre naturali, i velluti e le ceramiche artigianali. Il tutto mescolato da una illuminazione che trasmette al visitatore diverse percezioni di bellezza.

La costruzione ha contato in larga misura su talenti e maestranze locali, improntata ad uno spirito di responsabilità economica con la piccola città in cui si trova, duramente colpita dalla crisi del Covid. Architettura, comunicazione e natura si sovrappongono per dare carattere e vivibilità ad un’area della città prima inospitale e priva di fascino, ora un’oasi urbana aperta e di grande vivacità.

Ark Pavilion – Hai Phong, Vietnam

Voliamo in Vietnam. Hai Phong è un hub logistico e industriale, con uno dei più grandi terminal portuali del Paese. È una città alla foce del fiume Rosso, a circa 100 km da Hanoi. Il progetto, denominato “Ark Pavilion for Pizza 4P’s”, è concepito come un edificio iconico, all’angolo di un grande centro commerciale di nuova costruzione.

Questo progetto è stato ideato come un monumento simbolico con una duplice funzione: trasmettere l’essenza della città portuale e mostrare il valore della “Pizza 4P”, all’insegna di una ristorazione semplice e sostenibile. L’edificio è simile ad un’arca attraccata al porto, rappresentato dal grande centro commerciale. È un padiglione dove ritroviamo perfette la storia e le memorie della città.

Ci si avvicina al ristorante salendo attraverso un giardino fiorito. I visitatori vengono accolti da un altissimo atrio, creando un suggestivo ingresso. Sopra una coppia di forni per pizza, situati nel cuore del ristorante, nove lucernari rivolti a nord, di varie dimensioni, forniscono una luce naturale e morbida.

Gli alberi di Benjamin sono piantati vicino ad ogni finestra, per proteggere l’edificio dall’intenso sole tropicale. La luce, filtrata dagli alberi e la vista delle foglie che ondeggiano nella brezza, offrono ai visitatori un’esperienza culinaria memorabile. La sera, le piante illuminate emergono sopra un apparente vuoto, che evidenzia ancora di più l’enorme spazio verticale.

La città di Hai Phong, con il suo porto, ha fornito lo spunto ai molti materiali industriali che ritroviamo all’interno. L’Ark Pavilion è stato realizzato utilizzando questi elementi, stemperandoli nella luce soffusa. All’arrivo, i visitatori vengono accolti da tende realizzate da catene di metallo leggero. L’ingresso e la zona pranzo sono separati da queste tende e da strati di piante rampicanti. Queste catene riflettono la luce del sole dai lucernari e dalle fessure verticali, creando un effetto naturale in continua evoluzione.

Le lampade, provenienti dal cantiere navale, hanno forme diverse, portando unicità allo spazio e creando un’atmosfera emotiva con la loro imponenza. Il pavimento intorno ai forni è realizzato con un motivo fatto di aste di ottone tagliate diagonalmente. Il motivo, ripreso anche per i forni, evoca l’atmosfera industriale della città.

Queste strutture cambiano a seconda di dove ci si trova e della direzione della luce, e ricordano le increspature dell’oceano. L’acciaio e il legno richiamano il tessuto industriale della città, fornendo non solo un’esperienza visiva, ma anche tattile, avvicinando gli ospiti all’essenza del luogo in cui si trovano. Questo ristorante è un progetto che abbraccia la cultura e la storia locale ed educa le generazioni future al riconoscimento della loro vera ed unica identità.

Bun – Milano, Italia

Milano, città in grande trasformazione. Passeggiando nel centro, nella zona di Porta Romana, a poca distanza dal Duomo, non lontano dall’Università Bocconi, ci si può imbattere in un luogo unico, un edificio al civico numero 42 di viale Bligny, conosciuto (in maniera riduttiva) anche come “Il fortino dello spaccio”. Questo palazzo decadente situato nel cuore della città, a pochi passi dall’Università Bocconi, è un vero e proprio microcosmo multietnico, formato da 213 appartamenti, tra mono e bilocali, costruiti alla fine dell’800. I

In principio destinati agli operai negli anni ’50, oggi abitati soprattutto da egiziani, brasiliani, cingalesi, numerosi studenti e qualche intellettuale. Qui si trovano anche importanti gallerie d’arte e studi di grandi artisti: uno fra tutti Maurizio Cattelan. Poco lontano da questo simbolico palazzo, il nostro iconico ristorante: Bun.

Lo scopo del progetto era creare un ponte verso le giovani generazioni e al tempo stesso rappresentare un approccio altamente sofisticato per un “hamburger restaurant” di alta qualità.

Negli ultimi anni, Milano ha visto una forte crescita della ristorazione veloce. La maggior parte di questi progetti ha optato per un look vintage e industriale. Il design, sviluppato da Masquespacio, prende una direzione opposta, creando un concetto innovativo in grado di mettere in evidenza anche l’autenticità e unicità dei suoi hamburger di successo. In questo modo, Masquespacio ha utilizzato tocchi dorati e un mix di colore che crea un design sofisticato, ma allo stesso tempo fresco e giovanile.

Il progetto stesso è partito dall’indagine degli elementi esistenti nel luogo, con l’obiettivo di integrarli nell’estetica progettuale complessiva.

Ana Hernández, direttore creativo di Masquespacio, ha voluto infatti evidenziare i due aspetti architettonici principali dello spazio: i bellissimi mattoni rossi e i grandi archi che sono diventati gli elementi di partenza del progetto.

Per creare un’estetica uniforme, Masquespacio ha aggiunto ulteriori forme ad arco di colore verde e viola, alcune totalmente indipendenti, altre che evidenziano gli elementi già esistenti.

I tavoli in legno e le numerose piante vogliono rappresentano l’identità “plastica free” e la sostenibilità propria del locale. Un ristorante dalla forte connotazione, in linea con una città sempre più giovane e all’avanguardia.

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