Una carriera tra recitazione, regia, produzione e musica durata 70 lunghi anni
Nonostante l’aspetto negativo che molti anni più tardi lo stesso Eastwood rivelerà, con tanto di consapevolezza di migliorare le sue doti recitative, durante gli anni de ‘Gli Uomini della prateria’, che vanno dal 1959 al 1964, lo stesso attore si propose, addirittura, di dirigere uno dei tanti episodi in produzione. Purtroppo, questa richiesta non poté essere accolta da parte della produzione per il semplice fatto che lo stesso Clint, in quegli anni, non era accolto al sindacato dei registi. Dunque, per evitare delle grane non poterono accontentarlo.
Ma non finisce qui, sempre durante quei quasi dieci anni non solo emerse la voglia di Eastwood di cimentarsi dietro alla macchina da presa, ma la passione della musica, più volte ricordata in precedenza, era sempre presente nella sua vita tant’è incise persino un piccolo vinile con due tracce musicali dal titolo: Unknown girl of my dreams e For all we Know. Ma come vedremo non si fermerà solamente a questi due singoli.
Passano gli anni e le stagioni di ‘Gli uomini della prateria’ vengono rinnovate di in anno in anno e Clint Eastwood, nonostante era riuscito ad ottenere un be po’ di notorietà, sentiva che voleva di più. Il grande schermo americano non lo contattava più dal 1958 e, molto probabilmente, temeva di esser uscito, in anticipo, dal giro che contava. All’epoca viaggiava tra i venticinque ed i trenta anni e non era come oggi in cui il mondo della serie e del cinema hanno la medesima importanza.
Nei decenni 1950, 1960, 1970,1980, 1990 chi lavorava solamente nelle produzioni televisive venivano considerati come attori di serie B; nel senso che il tubo catodico, come un tempo veniva considerato, era adatto solo per lanciare nuovi talenti e riprendere vecchie glorie del cinema che avevano fatto ormai il loro tempo.
Di sicuro la sua paura era proprio quella: ovvero di rimanere incastrato in ruoli non sempre congeniali a lui o che, come spesso succedeva, bloccavano in produzioni seriali sicuramente di successo ma che non gli permettevano di mostrare veramente tutto il suo talento. Una seconda svolta nella sua carriera professionale, però, giunse non solo quando meno se lo aspettava ma anche nel modo più improbabile che si potesse immaginare.
Che nei primi anni del cinema moderno, diciamo il periodo che va dopo la fine del secondo conflitto mondiale ai giorni nostri, il genere western era quello più sfruttato e aveva coinvolto anche il vecchio continente in questo tipo di trame che non apparteneva alla propria tradizione.
Eppure, nonostante ciò, sulla scia di John Ford e su altri film epocali, sempre del genere, come ‘I Magnifici 7’, ‘La Leggenda di Liberty Valance’ e tanti altri un regista italiano, completamente sconosciuto fino a quel momento, volle dire la sua sul mito dei cowboy.
L’idea di base di quello che sembrava una pellicola di poco conto e senza troppe pretese non era, nella sostanza, neanche tanto originale. Questa storia, in fondo, ve l’abbiamo raccontata tantissime volte, cari lettori, ed è risaputa. Quindi è inutile soffermarsi il più del dovuto per creare quell’alone di mistero che risulterebbe pleonastico.
Quando Sergio Leone era intenzionato a realizzare ‘Per un pugno di dollari’, nella sua testa c’erano attori come Charles Bronson, Henry Fonda, Steve McQueen. Ma tutti quanti rifiutarono. Fu solo quando lo stesso regista romano vide Clint Eastwood in uno dei tanti episodi de ‘Gli Uomini della prateria’ che non ci pensò due volte a contattare il giovane attore californiano.
Dal canto suo neanche Clint se lo fece chiedere due volte. Dentro di sé c’era la voglia di emergere in qualsiasi modo, andando anche contro le voci o comunque a quelle persone o addetti al lavoro che lo scongliavano caldamente di intraprendere quel tipo di avventura cinematografica. Qualcuno, infatti, e sempre secondo le cronache dell’epoca gli disse pure che semmai si fosse imbarcato per il vecchio continente a girare quel film, remake di un capolavoro di Akira Kurosawa, la sua stessa carriera si poteva definire conclusa.
Invece, la carriera di Clint Eastwood, il suo mito e la sua leggenda ebbe inizio proprio in quel 12 settembre di oltre sessanta lunghi anni fa. Con il personaggio del solitario e misterioso pistolero ideato dallo stesso Leone, e accompagnato dalle leggendarie musiche del Maestro Ennio Morricone, Eastwood fece letteralmente centro: conquistando non solo l’Europa, ma anche la propria nazione e, a sua volta, il mondo intero.
Prima di una terza svolta, Clint prese parte anche ad altre due pellicole del Maestro Leone: Per Qualche dollaro in più e ‘Il Buono, il brutto ed il cattivo’. Se nel film del 1964 divenne leggendaria la sua battuta, già riportata nella prima parte di questo reportage, ‘Prepara tre casse…volevo dire quattro casse’, nel 1965 il regista romano gli fa alzare il tiro con questa spettacolare perla diventata anche un modo di dire tra i giovani dell’epoca.
Dal 1967 al 1970 prende parte a ben nove pellicole diventando un vero e proprio fiume in piena e alcuni titoli, tutt’oggi, sono considerate delle vere e proprie pietre miliari della storia della settima arte: Le Streghe di Vittorio De Sica, nel 1967; Impiccalo più in alto, L’uomo dalla cravatta di cuoio e Dove osano le aquile, nel 1968; La ballata della città senza nome, nel 1969; Gli avvoltoi hanno fame e I Guerrieri, nel 1970.
Mentre l’anno seguente, per lo stesso Eastwood, si deve registrare non solo la terza ma anche la quarta svolta nella sua carriera. Anche in questo caso c’è un terzo nome dopo John Sparks e Sergio Leone, ma come sempre andiamo con ordine.
Nel 1971 lavora a ben tre film, di cui due sono da contemplare nell’elenco degli otto indicati fino adesso e che sono: La notte brava del soldato Jonathan e Brivido nella notte; fino ad arrivare proprio a quel titolo tanto iconico quanto leggendario nella sua essenza: Ispettore Callaghan – Il caso Scorpio è tuo.
Da questo momento in poi dovremmo raccontare la storia in modo diverso, tenendo presente non più solo una ma bensì due carriere parallele, senza dimenticare un nome: quello di Don Siegel…