Il film interpretato da Gene Hackma e Willem Dafoe racconta un famoso caso di cronaca degli anni ’60

Il film che andremo a celebrare oggi non ha alcuna attinenza con l’atmosfera che in questi giorni ci circonda. Al contrario, ricorda e ricostruisce uno dei casi di cronaca, a sfondo razziale che, nei leggendari anni ’60, scioccò l’opinione pubblica americana. Tutto ebbe inizio, purtroppo, la notte tra il 21 ed il 22 giugno del 1964 in cui tre giovani attivisti dei diritti civili di nome James Earl Chaney, Andrew Goodman e Micheal Scwerner, furono brutalmente assassinati, a colpi di pistola, da alcuni membri del Ku Klux Klan nella Contea di Neshoba, nello Stato del Mississippi. La “colpa” dei tre fu quella di aiutare la comunità afroamericana ad iscriversi presso i registri elettorali della Contea. Le vittime, per la precisione, era un nero, Chaney, e due bianchi, Goodman e Micheal Scwerner.

A differenza dell’iconico film ‘Mississippi Burning’, di cui in questo 2 dicembre cade il 35esimo anniversario dell’uscito nei cinema americani, il triplice omicidio non avvenne lungo la Highway 19, ma nei pressi di un canale e, a seguire, i tre corpi furono trasportati in una fattoria per essere sepolti. I responsabili, come si vede nel lungometraggio diretto da Alan Parker, tra esecutori materiali ed organizzatori del terribile atto criminale, erano veramente, e rispettivamente, lo sceriffo ed il vicesceriffo di Neshoba insieme ad altre sette persone. Lo sceriffo nel film si chiamava Ray Stuckey, mentre nella realtà Lawrence A. Rainey; mentre il vicesceriffo Clinton Pell, nella finzione, Cecil Ray Price, nella triste realtà.

La vicenda ebbe inizio nel Memorial Day, il giorno in cui negli Stati Uniti d’America commemorano tutti i militari caduti nelle varie guerre che hanno partecipato, e che cade ogni anno l’ultimo lunedì del mese di maggio. Quel giorno i tre ragazzi si recarono nella Chiesa Metodista di Longdale, un comune della Contea più volte menzionata, per convincere i neri all’iscrizione presso gli uffici elettorali. I “cavalieri bianchi”, una volta informati delle intenzioni dei ragazzi, risposero bruciando la chiesa. A quel punto gli attivisti dei diritti civili decisero di tornare sul luogo della devastazione, avvisando gli uffici di Washington che se per le 16.00 non fossero rientrati sarebbe stato meglio incominciare le ricerche.

Difatti, durante il tragitto, i tre furono arrestati da Cecil Price per eccesso di velocità e poi portati nel carcere della Contea. Alle 16 e 45 la sede dei diritti civili di Washington cercò ci contattare i ragazzi, senza risposta; venne addirittura chiamato anche il vicesceriffo, il quale affermò di non averli visti per nulla.

Era il 21 giugno del 1964. Alle ore 22.00 i tre ragazzi furono rilasciati, ma in quel tempo che erano rimasti in cella il Klan aveva avuto tutto il tempo per organizzarsi. Una volta usciti dal carcere, i tre, furono inseguiti da Price insieme ai complici; il resto è ormai storia nota. Paradossalmente di tutti quelli coinvolti Price partecipò a tutte le fasi dell’omicidio. Motivo di tanta superficialità era nella sua scarsa esperienza in questioni legali; prima di rappresentare la legge aveva svolto lavori come commesso, buttafuori e vigile del fuoco.

Quando il caso scoppiò si mossero tutti dalla capitale. Dal capo del Federal Bureau of Investigation, J. Edgar Hoover, dal Procuratore Generale Robert Francis Kennedy e, addirittura, il Presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson. L’inchiesta venne nominata ‘Mississippi Burning’, nome usato per il titolo dell’omonimo film. I cadaveri vennero ritrovati il giorno 4 agosto del 1964 e quando fu ormai chiaro cosa in realtà fosse successo lo Stato del Mississippi, purtroppo, non si prodigò per incriminare i colpevoli. Ci pensarono gli agenti federali, rappresentati tra l’altro da John Proctor e Joseph Aloysius Sullivan; diversi per temperamento e per metodi per la risoluzione del caso. I veri protagonisti dell’indagine ed i due agenti che hanno ispirato i personaggi interpretati da Gene Hackman e Willem Dafoe.

Grande importanza nello sviluppo delle indagini è da attribuire ad un misterioso personaggio, conosciuto come ‘Mister X’, che era il vero informatore degli agenti federali e che si chiamava James Jordan. Un primo processo incominciò nel 1967 e terminò con la condanna, nel 1970, di tutti gli imputati alla pena di soli 10 anni, eccetto per lo sceriffo per il semplice motivo che non prese parte materialmente alla morte dei tre ragazzi. Ma il quadro non era ancora del tutto completo.

25 anni dopo il tragico fatto, sulla spinta anche del Congresso degli Stati Uniti che propose una risoluzione in onore dei tre attivisti dei diritti civili, risoluzione che non venne votata dal Senatore rappresentante lo Stato del Mississippi, il caso si riaprì ulteriormente. Jerry Mitchell, un noto cronista per le sue inchieste su casi del genere, tra cui anche quello relativo alla morte di Medgar Evers, insieme ad un gruppo di studenti-insegnanti del liceo Adlai Stevenson High School nel Lincoln Shire, nello Stato dell’Illinois, riuscì a dare il volto ad un altro responsabile di quella notte, un altro organizzatore del piano criminale. In realtà erano due: un candidato alla carica di sceriffo, E. G. Barnett, ed un predicatore locale, Edgar Ray Killen.

I due, in realtà, vennero già individuati grazie ad alcuni testimoni durante il primo processo che terminò nel 1970 ma, il 7 maggio del 2000, si capì del perché non vennero perseguiti: la giuria si era spaccata su Killen. Cinque anni più tardi a questa rivelazione, esattamente il 6 gennaio del 2005, il Grand Jury della Contea di Neshoba incriminò Killen ed il Procuratore Distrettuale dello Stato non fece marcia indietro nel perseguirlo. Fu la prima volta che lo Stato del Mississippi iniziò a prendere coscienza di ciò che effettivamente fosse successo. Killen, nonostante fosse sull’ottantina d’anni, fu condannato per un totale di 60 anni di carcere, guardate un po’ il caso, il 21 giugno del 2005, 41 anni dopo l’efferato triplice omicidio.

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