Più di cinquant’anni e migliaia di chilometri separano due dipinti rispettivamente di Giuseppe De Nittis e di Boris Michailovic Kustodiev, ma qualcosa sotterraneamente li unisce

Alla compagine degli artisti russi del Movimento degli ‘Ambulanti’ – conosciuto come il gruppo di ‘Peredvižniki’ – che informò della sua volontà di riforma innanzitutto morale l’arte russa tra fine ‘8 e primo ‘900, si affianca temporalmente, ma si oppone culturalmente, a partire dalla fine dell’ ‘800, il Movimento di ‘Mir Iskusstva’, nome che è anche il titolo della rivista che ispira il gruppo, e significa ‘il Mondo dell’arte’.

Questo gruppo artistico, particolarmente composito, significativamente versato ad una prospettiva che abbraccia in modo ampio l’impegno creativo diffondendosi dalle arti visive al balletto, alla scenografia, alla editoria ecc., si propose il compito di intervenire nel dibattito del tempo per portare una ventata innovativa rispetto alla consistenza sclerotica del mondo accademico. A differenza di ‘Peredvižniki’, però, essendo anch’esso mosso da spirito riformatore, ‘Mir Iskusstva’ agisce sul piano dell’eleganza formale e non esita ad assumere qualche piega sottilmente simbolistica.

Abbiamo qui cercato di suggerire una visione che è necessariamente molto semplificata di questo movimento, e diciamo, in aggiunta, che l’idea che può aversi del fenomeno di ‘Mir Iskusstva’ potrebbe essere quella di un gruppo artistico che si colloca a metà strada tra le istanze dell’ ‘Art Nouveau’ e quelle della ‘Secessione’ (principalmente, della ‘Secessione’ viennese).

Di questo gruppo torneremo ad occuparci con una visione più addentrata e ravvicinata, ma abbiamo inteso introdurlo poiché è al suo interno che maturano le ragioni di un dipinto che, non a caso ha per titolo ‘Ritratto di un gruppo di pittori di Mir Iskusstva’, ed è opera eseguita negli anni 1916-1920 da Boris Michailovic Kustodiev.

A tale dipinto intendiamo rapportare un’altra opera, più anziana di oltre cinquant’anni – è del 1861, infatti – ha per titolo ‘Il banchetto del Vescovo’ ed è stata eseguita nel 1861. L’autore di tale dipinto è Giuseppe De Nittis, pittore di origini pugliesi, animatore della ‘Scuola di Resina’ o ‘Repubblica di Portici’ e protagonista, altresì, della scena parigina proprio negli anni in cui la temperie impressionista, forse, valorizzando più intensamente gli intendimenti di Caillebotte che non di Monet, scopriva che era possibile fornire della ville lumière una profilatura identitaria che sarebbe divenuta presto un puntuale riferimento di carattere esemplaristico, a partire dalle scelte di ripensamento urbanistico, per giungere fino alla formulazione di un modello sociale di nuovo conio.

Che, poi, tale modello sociale potesse essere nato, tutto sommato, già vecchio – frutto di una sorta di tentativo di prolungamento nel ‘900 del compromesso aristocratico-borghese che s’era affermato in Francia dai tempi di Luigi Filippo e che era inesorabilmente tramontato nella ‘Comune di Parigi’ del 1871 – che fosse nato, come dicevamo, già vecchio tale modello l’avrebbe ben dimostrato il buon Proust che avrebbe dedicato il suo impegno migliore a descrivere, appunto, un ‘tempo perduto’, un tempo, se vogliamo, leggibile anche con l’ottica provinciale gozzaniana, con una sorta di godibile, ma anche semplicistica nostalgia della fantasia, capace, forse, addirittura di inventarlo un ricordo, laddove la memoria non poteva giungere in soccorso d’una irreparabile e definitiva sepoltura d’un mondo passato.

I due dipinti di cui additiamo la consistenza storica, quello di De Nittis e quello di Kustodiev sono intrigantemente simili nell’impianto compositivo, anche se differiscono per qualche particolare che si rivela di non scarso interesse. Innanzitutto, il soggetto simile: un banchetto, nel caso dell’opera di De Nittis, una riunione conviviale tra artisti, quello di Kustodiev.

Il riferimento di base è quello ancora leonardesco della ‘Cena del Signore’: la lunga tavola imbandita ed i personaggi tutti che fronteggiano gli spettatori (almeno nell’opera di De Nittis), personaggi che sono dodici in entrambi i dipinti e sono assemblati in gruppi di tre in ciascuno dei due quadri. Le analogie non si fermano qua: accomunano, infatti i due dipinti sia la presenza di un vano laterale – a destra nell’opera di De Nittis, a sinistra in quella del collega russo – sia la presenza, sulla parete di fondo, di due dipinti a lato di una porta centrale nel quadro dell’artista pugliese e di due specchi in cornice ovale in quello di Kustodiev.

La differenza sostanziale consiste, però, proprio nella distribuzione dei personaggi che animano le due scene: sono collocati, nell’una come nell’altra opera, come abbiamo già osservato, per gruppi di tre, ma, mentre nel dipinto di De Nittis tutti  i protagonisti della scena sono posti seduti di fronte allo spettatore, tranne tre in piedi, in quello di Kustodiev la articolazione delle presenze è molto più variegata, dal momento che uno dei gruppi di tre si trova in posizione di fronteggiamento dei propri commensali e dovrebbe dare le spalle al fruitore, cosa che però non avviene poiché l’artista, con fine stratagemma compositivo, fa in modo di proporre un rimescolamento interno del terzetto. Si crea, così, una certa vivacità con uno dei partecipanti raffigurato in piedi e gli altri due, seduti, che guardano più o meno verso il pubblico. Osserveremo che qualcosa del genere era già stata suggerita nel contesto della pittura napoletana del ‘600.

Ma c’è qualche altro dato che può fornire, a nostro giudizio, utilissima opportunità di riflessione: il modo di rendere la raffigurazione, da parte dei rispettivi due artisti, del piano del tavolo: un modo di osservarlo che utilizza un punto di vista più basso, nell’opera di De Nittis (quasi alla stessa altezza del ‘Cenacolo’ leonardesco) e decisamente più alto, invece, in quello di Kustodiev, essendo noi avvertiti, comunque, che De Nittis stesso, in occasione della trattazione di un tema simile (‘Colazione in giardino’, ‘Banchetto a Posillipo’) provvederà ad innalzare notevolmente il punto di vista, guadagnando, peraltro e in aggiunta, una prospettiva angolare, che s’era già fatta strada nella trattazione del tema della ‘Cena del Signore’, a partire da Tintoretto per giungere a Micco Spadaro.

E sarà bene aver conto che nei due artisti cinque-seicenteschi, rispettivamente veneziano e napoletano, il primo dei due, Tintoretto, suggerisce ancora il modello dei commensali tutti disposti su un solo lato del tavolo, mentre lo Spadaro non esita a proporre un modulo figurativo in cui, come avverrà poi nel dipinto di Kustodiev’, tutti i lati del tavolo sono occupati, provvedendo, nella specie, l’artista napoletano del ‘600, a far volgere uno degli Apostoli all’indietro per dar mano ad una brocca collocata alle sue spalle.

Sarà bene osservare che quello del ‘banchetto’ è, comunque, un tema variamente declinato, nelle pieghe dell’arte, secondo varie e specifiche referenze letterarie, che vanno da quelle classiche del ‘Banchetto degli Dei dell’Olimpo’, poi del celebre banchetto della ‘Cena di Trimalchione’ a quelli scritturali, tra i quali ricordiamo, oltre la Cena del Signore, anche le Nozze di Cana, la Cena in casa di Levi, il Convito di Assalonne, il Banchetto di Baldassarre, il Banchetto di Erode, tutte occasioni figurative, queste, che hanno offerto possibilità alla fantasia creativa degli artisti di fornire prove creative, nel tempo, di altissima qualità. Ma questo, evidentemente, è tutt’altro discorso.

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