Un pittore argentino ed un suo dipinto di figura su cui lasciamo soffermare la nostra attenzione: un’opera coraggiosa, un’opera di frontiera e di svolta

È datato 1939 un Ritratto di Signora, un’opera di Ernesto Soneira, artista argentino, nato a Cordoba nel 1908 e morto nel 1970; e ci piace lasciar planare su di essa la nostra attenzione. Si tratta di un dipinto che si rivela molto interessante, poiché si colloca non solo cronologicamente, ma anche culturalmente, nella fase centrale della vita dell’artista, nel momento in cui, in particolare, trovano una propria determinazione di indirizzo gli orientamenti formativi.

Si manifesta significativa, in quest’opera, innanzitutto la strutturazione complessiva, che, pur nell’ordine logico di una pratica figurativa, lascia emergere evidente la disposizione psicologica e morale dell’artista ad assumere una visione di carattere geometrico come quella che può giustificare e presiedere un assetto di netta leggibilità, ciò che vorremmo definire nei termini di ‘gestell’, come strutturazione d’intelaiamento d’una definizione d’immagine che si modella come rigorosa funzione d’un intendimento logico che si dirige a fornire alla proiezione morale un assetto che non sia di friabile motilità emotiva, ma di ben consapevole robustezza ‘concettuale’.

Ad additare una ulteriore opportunità di lettura ‘geometrica’ dell’assetto di quest’opera, giunge, poi, soccorrente anche tutto ciò che ne costituisce l’addensato cromatico, ricco di una consistenza di orditura ottenuta per campiture timbriche di grande efficacia espressiva.

Il dipinto di cui discutiamo propone l’immagine di una donna appoggiata ad un tavolo su cui fa mostra di sé una brocca attorniata da alcuni frutti con una tovaglia che appare distesa in larghe pieghe che ne definiscono una profilatura longitudinale. Lo sfondo è scompartito in due aree planari, mentre tutto l’insieme della figura si rivela significativamente vibratile, con la postura della donna energicamente atteggiata in una posa di viva evidenza plastica.

La pittura di Ernesto Soneira nasce come punto di confluenza non soltanto di significati propri della tradizione pittorica argentina, alla cui scuola il Nostro ha avuto l’opportunità di formarsi, ma anche come manifestazione di una sensibilità interculturale quale può essere giudicata l’esperienza europea che ha segnato visibilmente l’artista, dopo il prolungato soggiorno in Francia ed in Italia, da cui sarebbero fiorite le istanze di un rinnovamento maturato come istanza di sviluppo di sollecitazioni nascenti dalle ricerche di più significativo spessore modellate non soltanto sull’istanza fauve di più risentita marca espressionistica, ma anche sull’esemplarismo cézanniano che costituisce, in tralice, l’asse portante della sua sensibilità creativa.

Piuttosto che una prospettiva di ordine neo-cubista, è principalmente la modulazione spaziale cézanniana ciò che sembra affascinare il pittore argentino, consentendogli di maturare una ricerca sua propria, che, non a caso, piuttosto che condurlo ad un approdo alle plaghe cubiste, lo istrada verso una concezione dello spazio che ha una sua puntuale consistenza ‘analitica’ di evidente corrispondenza ‘astrattista’ e non certo una modulazione ‘scompositiva’ che occorrerebbe ricondurre ad ansiti, invece, ‘cubisti’.

Sarà d’altronde, proprio un approdo astrattista ciò che costituirà il logico processo evolutivo nella cui direzione prenderà ad istradarsi la produzione creativa di questo artista, quando. di rientro in Sudamerica, potrà rendersi conto come proprio all’interno del ‘Sub-Continente’ vadano maturando le più intriganti e fruttuose ricerche astrattiste, che si animano non soltanto in Argentina, ma anche in Uruguay ed in Venezuela, come, un po’ in generale, in tutta l’area sudamericana, che diviene, di fatto, il polo mondiale della ricerca astrattiva più originale ed attuale.

Il dipinto su cui abbiamo inteso soffermarci è nettamente figurativo, ma già contiene in sé i germi della futura ricerca di Ernesto Soneira: è un’opera di frontiera: giacché si colloca sul crinale della dirimente tra la figurazione e la processualità analitica della immagine, lasciando presagire una capacità discorsiva che già si preannuncia come quella che saprà rivelarsi insofferente dei limiti non soltanto della censura, ma anche di una prescrizione inutilmente conservatrice.

Rosalia Soneira, Convento

Il peso della impresa creativa di questo artista – ma sarà poi opportuno soffermarsi anche sul contributo della sua sorella Rosalia – si propone decisivo e dirimente, giacché definisce il limite e la frontiera delle idee: quelle di qua e quelle di là della svolta della modernità, ove le dinamiche espressive, che sono proprie dell’intensità plastica e cromatica di Soneira, non si esaltano semplicemente nella consistenza segnica e nell’impressa del ductus – quasi fermandosi alla sola pregnanza ‘espressionistica’ tutta di marca fauve – ma lasciano tutta aperta la via di quel rinnovamento profondo che urgeva come istanza vitale in quegli artisti che – all’interno di tutta la temperie espressionista, dai Fauves, al Blaue Reiter, alla Brücke – non si sono limitati a lasciar emergere la carica psicologica ed emotiva del proprio sentire, ma hanno saputo suggerire anche un empito morale e politico alla cui stregua indicare che l’arte dovesse essere innanzitutto una palestra umana ed esistenziale.

Questo lascito morale della sensibilità espressionistica è ciò che emerge vitale nell’opera di Ernesto Soneira e che può osservarsi negli accenti insistiti della rilevanza segnica dell’opera su cui discutiamo, non meno che nelle dinamiche di quanto seguirà nel tempo lungo l’asse evolutivo della sua ricerca, anche di stampo astrattivo, nei decenni del secondo dopoguerra, fino a quando, purtroppo, giungerà l’ora della sua dipartita.

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