Un’opera di un artista napoletano del nostro tempo, che offre spunti di riflessione e suggestioni di grande spessore emotivo

Può un’opera costituire la sintesi pregevole e significativa di un percorso creativo? Riteniamo che questo sia possibile; e cerchiamo di soffermarci su un’opera in particolare di Antonio Ciraci, artista di matura e consolidata esperienza, che si dona in una sintesi di straordinario vigore espressivo, che si sviluppa in una produzione da cui estrapoliamo un dipinto particolare, scegliendo di zoomare su di esso alla ricerca di vibrazioni esistenziali e di ragioni obiettive che ne accreditino una lettura di carattere esemplare.

Il dipinto di cui parliamo è un lavoro di piccole dimensioni – appena 20 per 30 centimetri – realizzato a tecnica mista su tela, un dipinto caratterizzato dalla presenza di un volto femminile che occupa la gran parte della superficie dipinta. Il dipinto ha anche un suo titolo, Giovane donna con cappello, ed è datato 2023. Il volto è quello di una donna dalle forme giovanili, però, al tempo stesso, si propone come un volto di una donna responsabilmente presente, un volto che suggerisce un’idea di profonda consapevolezza e maturità. Possiamo definirlo un volto sereno, certamente, ma non un volto metafisicamente lontano dalla realtà del mondo e della storia.

Gli occhi sono chiusi o, forse socchiusi?, come appare enigmaticamente difficile poter stabilire. E, qui giunge subito una prima domanda: perché tentare di definire questo specifico dettaglio?, che non accrescerebbe minimamente la pienezza di contatto che possiamo stabilire con questa immagine? Siamo subito attratti dalle sue labbra, che ci si rivelano delicate e sensuali, per nulla volgari, centrate all’interno d’una fascia di luce che illumina la parte bassa del volto, quasi giustapponendosi in successione d’una zona d’ombra che è quella che si spinge sugli occhi ed il naso, un’ombra proiettata, in realtà dalla falda d’un cappello che copre il capo e scende a dilungarsi sulla fronte fino a nascondere, addirittura, l’occhio destro della giovane donna di cui non è dato di scorgere per intero il profilo, in un ritorno ideale – vorremmo qui suggerire – a certe ombreggiature della fronte di cui ha saputo offrire magistrali definizioni pittoriche, talvolta, l’impegno creativo del pittore seicentesco Giambattista Spinelli.

Il dispiegamento dei piani che segnano l’articolazione di questa immagine – un ritratto dal vero, o un ritratto ideale, ma importa davvero? – ci conduce in una regione della sensibilità creativa ove la forma si dissolve nella ariosità di una turbolenza emotiva che si sbriciola nelle zolle di una materia che si spolvera come disfratta congerie di addensamenti incalzanti, fino a farsi cifra e segno di un coagulo ove la consistenza aggrumata del ductus si fa essenza vitale di una palpabile rugosità che si scioglie in rivoli di pura essenzialità di corpo e di nuvola.

Non è una figura di sogno quella che abbiamo di fronte: è un’immagine della realtà viva e palpitante, ma è anche l’immagine dell’artista, dell’artista che vi si specchia, che ritrova se stesso, le sue rughe della pelle che si fanno testimonianza di un lungo vissuto che l’arte, però, sa rigenerare in prestanza di una giovinezza intensa ed eterna, quella che trascorre il tempo, scalandone le montagne ed azzerandone le dune sabbiose così che l’apparente asperità della ‘materia’, di cui s’intride l’opera, vale a slargare  l’immagine entro il prescritto di una ‘matericità’ che si costituisce come espressione di una vitalità esuberante e generosa.

Antonio Ciraci, in quest’opera di singolare bellezza, ha saputo lasciar costringere le ragioni della ‘materia’ a farsi sintesi di traccia ‘segnica’, andando a stabilire una pregnanza ‘materica’, in cui non si annidano empiti di ordine propriamente ‘espressionistico’, ma ‘espressivo’ sì, andando a modulare una carica espressiva che dice di intensità del sentire, non meno che di morbidi afflati e di specifiche modulazioni di accenti dell’animo, un’opera da osservare con gli occhi e da sfiorare con le dita concedendosi il lusso di una sensazione di sottilissimo fremito e di brivido di avvolgente emozione.

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