La storia de ‘La canzone del Piave’, scritta da Giovanni Ermete Gaeta

Tra il settembre 1943 e il 2 giugno 1946, “La canzone del Piave “fu adottata dal CNL. (Comitato Nazionale di Liberazione) come Inno Nazionale. Per molti anni insieme al “Va pensiero”, del Nabucco e alla “Marcia trionfale “dell’Aida di Giuseppe Verdi ed al “Canto degli Italiani” Di Goffredo Mameli è stato in lizza per diventare Inno ufficiale italiano. Una Legge, del 4 dicembre 2017, ha posto, finalmente, fine a questo lungo percorso per la scelta dell’Inno nazionale.

Ma “La leggenda del Piave” resta nell’immaginario collettivo degli italiani una delle canzoni patriottiche più belle e più conosciute. Le generazioni degli anni 50/60/ e forse settanta sicuramente, specialmente nelle scuole elementari, l’avrà cantata almeno una volta. Un inno di guerra scritto quasi al temine del conflitto da un giornalista, poeta e musicista napoletano. Quasi un reportage. Un racconto sintetico degli avvenimenti sul fronte dall’entrata in guerra dell’Italia alla “battaglia del Solstizio”, denominata così dal D’Annunzio, che determinò l’inizio della disfatta dell’esercito austriaco con la battaglia di Vittorio Veneto.

Ma chi era Giovanni Ermete Gaeta, il poeta che con i suoi versi e la sua musica entusiasmò dapprima i soldati e poi gli italiani tutti. La sua famiglia originaria del salernitano e precisamente dal paese di Pellezzano, si era trasferita a Napoli dove i genitori speravano di avere una vita più agiata. Il padre, barbiere, comunque non potendo mantenere il figlio agli studi lo mise a lavorare nella bottega di famiglia. Qui il giovane Gaeta, come si racconta, entrato in possesso di un mandolino nuovo di zecca, dimenticato da un cliente di passaggio, si appassionò di musica e la imparò da autodidatta. All’età di diciotto anni incominciò a collaborare, con un giornale diretto

da Alessandro Saccheri, firmando i suoi articoli con lo pseudonimo di “Hermes”, suo secondo nome. Impiegatosi nelle poste iniziò a lavorare a Bergamo dove conobbe Marie Clinazovtz che dirigeva una rivista. Da questo momento Iniziò a scrivere con lo pseudomino di E. A. Mario (E. dal suo secondo nome; A dal nome del suo amico Alessandro Saccheri e Mario dal nome della sua amica Maria/Marie). Nel 1903 ritornò a Napoli ma dodici anni dopo, all’inizio della guerra, si fece trasferire nelle poste militari e fu incaricato di trasportare la corrispondenza per il fronte.

Questa sua esperienza, passavano tra le sue mani migliaia cartoline dei soldati alle famiglie, gli ispirò alcuni testi patriottici. Dopo la disfatta di Caporetto l’esercito italiano si era attestato sulla linea del fiume Piave. Nel giugno del 1918 l’esercito austriaco provò a sferrare un attacco decisivo contro l’esercito italiano che con grande eroismo da parte dei suoi soldati riuscì a respingere il nemico. La “battaglia del Solstizio”, così denominata dal D’Annunzio. Appresa questa

notizia E. A. Mario mentre era al lavoro in un ufficio postale, fu preso da un tale entusiasmo patriottico che di getto scrisse, sui moduli di servizio, le prime tre strofe. La prima strofa faceva riferimento all’entrata in guerra dell’Italia: il 24 Maggio 1915. La seconda si riferiva alla disfatta di Caporetto e la terza alla seconda battaglia del Piave, quella denominata del Solstizio.

Era tale la popolarità di questa canzone tra i soldati che il Generale Armando Diaz, napoletano anche lui, inviò un telegramma al Gaeta con questa frase “congratulazioni la vostra Leggenda del Piave al fronte è più di un generale”. L’ ultima strofa la scrisse 5 giorni dopo il termine della guerra, il 9 novembre 1918. Anche dopo la guerra la canzone restò popolarissima. Il 4 novembre 1921 fu suonata all’inaugurazione del monumento al Milite Ignoto. Una canzone celeberrima per i suoi contenuti patriottici ma che termina con quest’ultimo verso:

“La pace non trovò né oppressi, né stranieri”.

SA.FRA

Di SaFra

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *