Quando i pregiudizi possono nascere anche da diverse prospettive

Dopo il doveroso speciale interamente dedicato non tanto alla tragica morte, ma più alla figura di Martin Luther King, ‘Parole Schiette – Le inchieste’, ritorna per riprendere l’analisi sui pregiudizi; un discorso che in realtà non si è mai davvero interrotto è stato portato avanti anche in maniera indiretta con l’esempio storico del Premio Nobel per la pace del 1964. Ritornando a dove eravamo rimasti, parafrasando lo sfortunato conduttore Enzo Tortora, la scuola, anche per oggi rimane al centro di questo quinto appuntamento.

Nel modo in cui la stiamo descrivendo sembrerebbe che abbiamo qualche sassolino nella scarpa nei confronti di questa istituzione, la verità è che la si vuole migliorare visto che, come abbiamo sostenuto alla fine dell’appuntamento precedente, la scuola medesima è, di fatto, la base della società. Il luogo in cui prende forma la coscienza popolare, per dirla alla Antonello Venditti, del futuro. Una coscienza popolare formata da quella precedente. Ed è qui che si creano i problemi o comunque lo scontro, alle volte, tra generazioni.

Di fatto, in alcune occasioni, i pregiudizi nascono anche da diverse prospettive riguardo a determinati fatti accaduti e riportati, poi, sui libri di scuola o comunque anche sui testi universitari. La maggior parte delle volte, capita, che ognuno di noi è inconsciamente legato dalle proprie convinzioni e non sempre si riesce ad essere obiettivi al cento per cento.

Si pensi, per esempio, alla materia che per alcuni potrebbe essere addirittura antipatica: la storia. Proprio da qui nascono ulteriormente i pensieri di mero preconcetto che per sradicarli nella testa non è mai veramente facile. Tutto dipende, soprattutto, non solo da chi scrive e quindi realizza i testi da studiare, con l’animo in pace di molti studenti, ma anche da chi insegna la materia medesima.

Come detto, ognuno di noi ha le proprie idee, giuste o sbagliate che siano e debbano comunque essere, nel primo caso, rispettate e, nel secondo caso, se proprio sono contrarie alla morale e al buon costume è chiaro che debbano essere combattute senza, in alcun caso, alimentare ulteriori pregiudizi. Perché proprio in quest’epoca in cui la lotta al pregiudizio, al razzismo o più comunemente all’intolleranza, in generale, è diventata ancor più pressante rispetto al passato.

In verità è solamente un’apparenza, dettata solo ed esclusivamente per fini politici e non per altro. Non sempre le motivazioni di bandiera, gli scopi attuati solo ed esclusivamente da una sola parte appaiono utili alla causa. Certo, le intenzioni non si devono intendere come buono, semmai buonissime, ma con pessimi risultati.

Perché? Semplice: nell’abbattimento di qualsiasi pregiudizio, di qualsiasi atto volto a determinare varie forme d’intolleranza non è sempre facile trovare un giusto equilibrio. È sempre bene intuire anche dove l’errore sta prendendo piede e cercare di aggiustare il tiro. Soprattutto in questo periodo storico molto, ma molto confusionario e di transizione, non solo dal punto di vista ecologico.

Il pregiudizio, medesimo, in fondo è un’arma a doppio taglio per chiunque. Non è solo evidente nelle situazioni più eclatanti, ma anche in quelle più piccole; in quelle a cui non facciamo neanche caso. Tutt’altra cosa è quella di cercare di nascondere o eliminare le proprie e le altrui malefatte, ma anche questo è un altro discorso che verrà continuato la settimana prossima.

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