Il regista morì il 10 novembre del 1982

Elio Petri grande regista e artista, utilizza tutte le risorse dello spettacolo – il grottesco, l’espressionismo, il discorso indiretto per evidenziare aspetti socio-politici della nazione durante il dopoguerra.

La politica nel cinema italiano è la maschera esasperata, estrema e grottesca. Mascherare la politica, consente di denunciare marginalmente situazioni, eventi, e la disparità umana riguardo alle norme e alle leggi che regolano la Costituzione Italiana. Francesco Maselli definì il regista Elio Petri un intellettuale unico, un uomo di cultura e di intelligenza, un appassionato di arti figurative; disposto a mettere in discussione la politica culturale del partito comunista.

Elio Petri nacque a Roma nel il 29 gennaio del 1929, in via dei Giubbonari. Si iscrisse a quattordici anni al partito comunista, abbandonando addirittura gli studi per la “scuola di partito”, formandosi da autodidatta.  Petri fu attore della politica culturale del PCI, animatore di cineclub, funzionario della federazione romana e divenne “vice” di Tommaso Chiaretti nella rubrica cinematografica de “L’unità”. Iniziò il suo apprendistato nel cinema con Giuseppe De Santis nel ruolo di aiuto sceneggiatore e poi firmerà cinque sceneggiature, nonché un libro-inchiesta, premessa necessaria per il film Roma ore 11 (1952).

Nella filmografia di Petri si possono distinguere tre periodi: il primo è di “assestamento”, di ricerca di un proprio linguaggio visivo, di una strada artistica propria, dopo due cortometraggi, si appresta al suo primo lungometraggio ben costruito L’Assassino (1961), per proseguire con I giorni contati (1962), e l’adattamento di un romanzo di Mastronardi (Il Maestro di Vigevano, 1963); tocca poi le corde della satira.

Con l’episodio Peccato nel pomeriggio (1964) e con il brillante apologo fantascientifico di La decima vittima (1965). A questo quinquennio d’avvio, segue la seconda fase quella della produzione matura, anni dei successi internazionali, inaugurati da Ciascuno il suo, dopo la strana parentesi di Un tranquillo posto di campagna (1968), culminano nel fortunato binomio di Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto, e la classe operaia va in paradiso (1971), frutto della collaborazione del regista Pirro e Volontè.

L’età dell’equilibrio maturo è destinata di nuovo a perdersi nella terza ed ultima parte della filmografia del regista, nella quale la compattezza raggiunta torna a sgretolarsi, a degenerare, dal greve ‘La proprietà non è più un furto’ (1973), al grottesco ‘Todo modo’ (1976), fino al sartriano ‘Le mani sporche’ (1979) e all’epilogo di La personalità della vittima, ovvero Le buone notizie, segnato da una disperante ironia.

Analizzando I Giorni Contati (1962) il regista affronta una tematica molto delicata: la crisi esistenziale, molto simile al film Vivere di Akira Kurosawa. In questa storia, però, il protagonista sa di avere pochi mesi di vita. Il soggetto è firmato dallo stesso Elio Petri e Tonino Guerra, grande collaboratore di Michelangelo Antonioni. Infatti, nel film oltre all’impegno sociale si evince anche un vago intellettualismo. Sul piano dello stile Petri è il primo regista italiano che sovrappone alla lezione neorealista (Rossellini, De Sica, Visconti) le insofferenze di ripresa della Nouvelle Vague.

Il taglio delle sue scene si rifà a Godard, il senso dell’immediatezza che hanno molti episodi deriva dalla tecnica sbrigliata e improvvisa (la macchina in mano, gli esterni “rubati”) di ispirazione francese. Il regista non si preoccupa di costruire (come nell’Assassino), preferisce aggredire la realtà senza pregiudiziali narrative.

Tuttavia, si dimostra capace di dilatare questa realtà secondo una logica fantastica: pensiamo alla scena in cui Randone tenta di sottoporsi alla rottura del braccio, girata in un clima favoloso e angoscioso alla Orson Welles. In questa piena libertà e disponibilità all’estro fantastico si avverte la presenza della lezione di Fellini.

Cesare Conversi (Salvo Randone), il personaggio principale è un idraulico sulla sessantina, che ha  lavorato sodo tutta la vita, dopo la morte di sua moglie si ritrova a provare la vera solitudine. Un giorno l’uomo vede morire un uomo della sua età e quest’episodio sconvolge l’esistenza stessa, come una rivelazione: Cesare sapeva che alla sua età si può morire, ma vederlo davanti agli occhi è un’altra cosa. Da questa consapevolezza nasce una decisione imprevedibile: quella di smettere per sempre di lavorare, per potersi godere la vita prima che sia troppo tardi. Ma per lui è già troppo tardi. I giorni di vacanza di Cesare sono soltanto un inutile rincorsa alla giovinezza ormai perduta; ogni strada sembra impossibile da raggiungere. Egli è rimasto indietro di qualche decennio. E’ per

svariate ragioni, Cesare ritorna a lavorare. La breve vacanza gli è servita da monito per spegnere i suoi sogni.

Elio Petri un’artista che attraverso il cinema ha saputo intervenire sulle ferite aperte della politica e la società italiana degli anni Sessanta e Settanta, con uno sguardo originale e provocatorio. Le sue opere filmiche sono state spesso incomprese dalla critica specializzata con roventi stroncature, infatti, solo grazie al suo talento innato e l’amore per il suo mestiere hanno fatto sì che continuasse il suo mestiere. “Confesso che difendo il cinema non soltanto perché è l’unica cosa che so fare, ma lo difenda come attività obsoleta, per me il cinema è raccontare le vicissitudini umane”.

Durante la sua vita Petri oltre ad avere molti collaboratori e colleghi, instaurò vere amicizie con Jean A. Gill e Giuseppe De Santis; la morte prematura del regista a 53 anni (la stessa età di Cesare di Giorni Contati), lascia un grande vuoto, sia per l’uomo che per l’artista cinematografico. Vorrei citare una lettera che Giuseppe De Santis scrisse ad Elio Petri dopo la sua morte.

 “L’animo mi si riempie di orgoglio di fronte ai tuoi film, un orgoglio che durerà per sempre. Caro Elio, hai trascorso una vita a seminare passione e onestà civili, perché questo nostro Paese crescesse più in fretta, nella vera democrazia, e potesse contare su un futuro più felice per tutti i suoi cittadini. Addio caro Elio.” Vorrei concludere affermando che le maschere iperboliche disseminate nei film di Petri sono state fondamentali per scovare “gli scheletri dentro l’armadio” di personaggi di dubbio rigore. Paradossalmente la maschera di cui si servì Petri fu necessaria per s-mascherare la realtà.

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