Un kolossal malinconico che abbraccio due epoche significative della storia americana

Un film epico, a tratti onirico, uno spaccato di storia americana del Novecento visto attraverso gli occhi dei protagonisti, magistralmente interpretati da attori di primissimo livello. L’affresco di un mondo articolato la cui trama viene costantemente arricchita dalla coinvolgente caratterizzazione psicologica ed umana dei personaggi. Le vicende narrate abbracciano vari decenni in un’efficace alternanza fra presente e passato resa mediante il graduale riaffiorare dei ricordi del protagonista David Aaronson (chiamato comunemente Noodles).

Sergio Leone scelse per tale ruolo Robert De Niro, la cui espressività si adatta perfettamente sia alla complessa indole del personaggio che al tema drammatico e malinconico alterna momenti di ironia e spesso di violenza. Nel complesso il film potrebbe essere considerato una Odissea moderna, in cui al viaggio propriamente detto si sostituisce una sorta di viaggio nel tempo rappresentato mediante il costante ricorso al flashback ed al ricordo. In tal senso lo spettatore viene trascinato in una dimensione quasi onirica rappresentata plasticamente dalle “fumerie di oppio” in cui si reca Noodles per tentare di dar sollievo al peso dei ricordi e del rimorso.

Ulteriore elemento caratterizzante del film è l’intreccio: come quello dei sentimenti e delle vicende che porteranno il protagonista a scoprire una situazione ai suoi occhi sconcertante riguardante le altre due figure di spicco della narrazione: Max e Deborah (perfettamente interpretati da James Woods e Elizabeth McGovern).

Il cuore del film può quindi essere considerato il riproporsi di un mondo passato che si pensava dimenticato, sepolto dal tempo e dalle vicende accadute, con il suo carico di nostalgia.

L’opera può apparire a tratti nichilista, soprattutto nel finale; tuttavia, questo aspetto è bilanciato da un’ironia a tratti amara che caratterizza l’intero film. In questo senso rimane indimenticabile la scena finale in cui Noodles stempera incredibilmente le vicende accadute in un sorriso quasi surreale che sembra rimandare ad una dimensione onirica: nello spettatore rimane quasi il dubbio che le vicende rappresentate siano state un sogno partorito dalla mente del protagonista; la stessa fine di Max, un tempo suo amico fraterno, resta, per certi versi, poco chiara, avvolta in un alone di incertezza.  

Nel complesso il film può essere accostato a varie tematiche: vi è quello dell’emarginazione e del disagio sociale che caratterizza l’adolescenza dei protagonisti, il tema della criminalità e della violenza rappresentata successivamente negli Stati Uniti in forte crescita economica. Si osserva, inoltre, una notevole caratterizzazione introspettiva dei vari personaggi: il ventaglio è ampio, si nota una moltitudine di “tipi umani” descritti con mille dettagli che ne svelano indole e personalità.

Benché, come detto, il tema della criminalità e della violenza sia presente quasi costantemente non si nota alcun cenno di moralismo, al contrario alcune situazioni sono rappresentate con crudo realismo. Ciò sembra essere una scelta ben precisa da parte dell’autore che sembrano proporre allo spettatore una realtà filtrata dallo sguardo di chi è nato e cresciuto in un particolare contesto storico e sociale.  

Nel complesso il film risulta, a tutti gli effetti, un’opera completa in cui non mancano gli elementi caratterizzanti: trama, introspezione psicologica ed emotiva dei personaggi, rappresentazione critica, storica e sociale. Potrebbe, a qualcuno, apparire incompiuto in relazione al finale che, ad un occhio superficiale potrebbe risultare equivoco, ambiguo; probabilmente, molto probabilmente, è anche in questo il fascino del film: l’affresco di un mondo con i suoi “tipi umani”, le loro emozioni, vicissitudini ed errori.

L’importanza non risiede nella conclusione, nel “finale” ma nella narrazione stessa, un viaggio che si sviluppa, a volte, a velocità folle: in un attimo cambia la prospettiva del passato e dei ricordi e quindi lo stesso presente viene visto sotto un’ottica totalmente diversa. Tale concetto è espresso appieno da una battuta detta da Deborah Gelly al protagonista Noodles: “….l’unica cosa che ci resta è qualche ricordo; e se andrai a quella festa neanche quelli ti rimarranno.”

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