Mentre la consistenza  ‘stilistica’ perimetra un contesto storico-ambientale ben definito e disciplinarmente circoscritto, la sensibilità ‘categoriale’  addita la riconoscibilità, nell’opera di un artista, di una modulazione o, se si vuole, di una cadenza produttiva.

La Storia dell’Arte si nutre di definizioni, di classificazioni e di additamenti critici che valgono a stabilire dei punti di orientamento  indispensabili per poter  dare corpo ad una sua narrazione.

Ciò non vuol dire pretendere di fissare linee apodittiche di indirizzo valutativo, ma vuol dire stabilire delle basi di orientamento comunicativo in ordine alle quali poter organizzare un intendimento utilmente condivisibile sul piano strettamente metodologico e discorsivo.

Tali definizioni non sono – come qualsiasi  definizione non lo è – oro colato, ma giovano, in quanto posizioni largamente condivisibili, per potersi comprendere all’interno della comunità degli studiosi e nel circuito dei fruitori, e poter quindi interagire sul piano sia del semplice godimento estetico che degli approfondimenti critico-storiografici.

In linea generale, una definizione artistica addita le peculiarità esecutive e temporali distintive di una serie di opere che, proprio perché condividono tali peculiarità, sono riconoscibili all’insegna di una opportunità classificativa.

Cosi comprendiamo, ad esempio, quali sono le caratteristiche specifiche ed identitarie  di grandi periodi come il Romanico, il Gotico, il Rinascimento, il Barocco ecc., che, non a caso, configurano ampie partimentazioni ‘stilistiche’.

Scendendo, poi, in dettaglio, ulteriori specificazioni  ‘stilistiche’ aiutano a definire, all’interno di queste grandi aree, delle peculiarità più minute.

Nel Romanico italiano, ad esempio, individuiamo le caratteristiche dirimenti tra un Romanico lombardo ed uno pugliese. Ed anche queste dirimenti di dettaglio assumono peculiarità ‘stilistiche’ che si rivelano ben emergenti in locuzioni identificative come ‘lo stlle del Romanico lombardo’, lo ‘stile del Romanico pugliese’ ecc.

Scultura ellenistica: Il Toro Farnese e il Laocoonte

Ma si può procedere oltre, stabilendo, ad esempio, che è possibile definire delle  partimentazioni  ancor piu minute, che finiscono col proporsi come dirimenti di contesti ‘stilistici’ assolutamente marcati: la ‘scuola di Fontainebleau’ , i Pittori rudolfini, l’Arts and Crafts, e potremmo ovviamente a lungo continuare, introducendo nel novero delle definizioni ‘stilistiche’ anche molte microprocessualità produttive di ambito addirittura microterritoriale. Suggeriamo, in proposito,  l’esempio fornito dalla ceramica di Vietri (che già configura essa stessa una peculiarità ‘stilistica’ molto circoscritta) ove è possibile osservare il dispiegamento sottostante del cosiddetto ‘Stile tedesco’.

Appare evidente che, cosi procedendo, stiamo fortemente estendendo la possibilità di individuazione di una cifra ‘stilistica’; ma, in punto logico, può essere sempre utile sottoporre un concetto ad una ‘prova di stress’, per verificarne la validità strumentale.

In ulteriore sviluppo di queste argomentazioni, si rende possibile identificare, soprattutto nell’arte dalla seconda metà dell’ ‘800 in poi, come si affermino, con proprietà di consistenza ‘stilistica’, delle peculiarità creative che definiscono un movimento o un gruppo artistico con una puntuale marcatura identitaria, che addita come definizione di contestualizzazione ‘stilistica’ ciò che è anche  riconoscibile, nel lungo corso della Storia dell’Arte, come ciò che si propone come modulazione o cadenza della sensibilità individuale creativa e, se si vuole, come riflesso di peculiarità psicologiche. 

 J. Bosch, Il Trittico delle delizie, fine XV sec.

W. Blake, The Ancient of days, 1794

Pensiamo, ad esempio, al movimento impressionista, o a quello espressionista, o a quello surrealista (e potremmo continuare); ed osserviamo come tali movimenti fondino la pregnanza del proprio assetto ‘stilistico’ rispettivamente sulla sinteticità dell’immediatezza visiva (l’Impressionismo), sulla intensità dell’impressa segnica (l’Espressionismo), sulla incidenza della deformazione onirico-fantasmatica (il Surrealismo).

A questo punto, possiamo meglio osservare, allora, come tutte queste peculiarità, che distinguono cifre stilistiche di movimenti otto-novecenteschi dai tratti identitari ben definiti (spesso racchiusi nella prescrizione di ‘manifesti’ programmatici), siano riconoscibili, in modo più ampio, anche in  altre delibazioni creative del passato; e cosi, senza doverne predicare un assetto ‘stilistico’, individueremo sensibilità ‘categoriali’ ‘impressionistiche’ anche nella pittura compendiaria d’eta romana, o sensibilità ‘espressionistiche’ in età ellenistica, nel Tardogotico, nella pittura di El Greco o di Roviale Spagnolo o di Didier Barra, cosi come ci appariranno di netta apparentabilità ‘surreale’ le declinazioni di Bosch o di Blake. E potremmo lungamente continuare.

D. Barra, Veduta di Napoli, 1644

Questa più che sommaria ed evidentemente succinta esemplificazione storiografica può giovare per renderci avvertiti che è doveroso distinguere tra una consistenza ‘stilistica’, che è cio che perimetra una  linea creativa specifica e disciplinarmente determinata, da ciò che è invece una dimensione ‘categoriale’, che definisce piuttosto una sensibilità o una inclinazione personale dell’artista, non andando ad agire come dirimente ‘denotativa’ di riconoscimento e di  identificazione ‘stilistica’, ma come componente ‘connotativa’ di qualità e di modulazioni personali spesso di taglio psicologico.

El Greco, ad esempio, che abbiamo poco prima citato, ed in cui sono riconoscibili peculiarità ‘categoriali’ di ordine espressionistico nel taglio allucinato delle sue composizioni, ‘stilisticamente’ si colloca, invece, nella fase evolutiva delle logiche ‘stilistiche’ tardorinascimentali ‘prescrittivamente riassumibili nel ricorso ‘tecnico’ alla ‘linea serpentinata’.

G. Courbet, L’atelier del pittore, 1855

F. Palizzi, Autoritratto, 1860

Non sarà forse inutile ricordare, in proposito, che proprio la linea serpentinata (che si era proposta anche in età tardogotica come peculiarità esecutiva e di sviluppo tecnico del verticalismo gotico) vale a identificare, nella seconda metà del ‘500, ciò che viene definito come ‘stile manieristico’, che ben si distingue dalla considerazione ‘categoriale’ del manierismo come esplicazione critica di valutazione di una esecuzione produttiva presieduta da una ripetitività modulare  (si consideri, ad esempio, la ricorrenza figurativa iterativa del modulo iconografico della ‘Madonna del Rosario’) .

Sull’uso della ‘linea serpentinata’, affacciandosi nella storia, il contesto ellenistico offre esempi di importantissime soluzioni applicative: e ricorderemo, in proposito, il ‘Laocoonte’ ed il ‘Toro Farnese’, ove la ‘linea serpentinata’ diventa groviglio magmatico e manifestazione eclatante di robustezza segnica, andando ad incrociare sensibilità, anche qui di ordine ‘categoriale’, di spessori ‘espressionistici’.

Continueremo la nostra disamina sulla dirimente ‘stilistico-categoriale’ osservando che artisti, come sia Bosch che Blake già evocati, che appartengono a contesti ‘stilistici’ diversi e a tempi molto distanti tra loro, manifestino una  sensibilità ‘categorialmente’  ‘surreale’ che non coincide con le  diversificate matrici ‘stilistiche’ dei secoli in cui, rispettivamente, i due artisti  si iscrivono.

La distinzione, infine, tra ‘dimensione categoriale’ e ‘consistenza stilistica’ si rivela ancor più di rilievo quando, ad esempio, può giovare a riconoscere, magari in uno stesso artista, delle peculiarità ‘categoriali’ plurime latamente riferibili a cadenze creative decisamente incongrue rispetto alla propria appartenenza di campo ‘stilistico’, come può avvenire in un artista nella cui opera, riferibile ad un determinato contesto ‘stilistico’ possono apprezzarsi contemporaneamente modulazioni surreali, espressionistiche ecc.

È questo il caso, ad esempio, della personalità di Didier Barra –  ‘stilisticamente’  un pittore ‘barocco’ – nella cui opera si apprezzano contemporaneamente  modulazioni ‘categoriali’ di ordine espressionistico (per il risentimento segnico), surreale (per l’inventio’ iconografica), impressionistico (per la scioglievolezza del ‘ductus’).

Potremmo qui prendere in esame molte altre  definizioni ‘stilistiche’ che sono leggibili anche in termini ‘categoriali’, additandone la riconoscibilità dei tratti e delle modulazioni nell’attività creativa di tanti artisti, a prescindere dalle specifiche appartenenze di contesto, di ambito, o di ‘scuola’.

Diremo, tra le altre cose, del Naturalismo, che, al di là della sua configurazione di consistenza ‘stilistica’, può essere però adottato, nella specie, anche come un particolare additamento ‘categoriale’ le cui modulazioni  ritroviamo, con larghissima fequenza, dalla stessa pittura d’età antica pompeiana, fino in quella d’età contemporanea.

Quella del Naturalismo è definizione critica che stabilisce, peraltro, una distinzione ‘stilistica’ denotativa di un momento storico ben preciso, come quello, ad esempio, del  ‘Naturalismo caravaggesco’, mentre, nella temperie ottocentesca  la definizione di ‘Naturalismo’ acquista una connotazione più significativamente ‘categoriale’ che non propriamente ‘stilistica’, al di là dei netti richiami di ordine positivistico che il termine di Naturalismo ampiamente suggerisce. Importanti in questo contesto, le delibazioni creative che vanno, ad esempio, da Courbet a Palizzi, proiettandosi poi, nel secolo del ‘900, fin dentro le prammatiche della ‘Nuova Oggettività’ e, piu tardi, nelle stesse dinamiche ‘iperrealiste’.

Ancora in ambito naturalistico, ed osservandone la delibazione in termini propriamente ‘categoriali’ e non meramente ‘stilistici’, può essere interessante constatare come in età gotica medievale si offra la straordinaria esemplificazione di Giotto, che rende l’orientamento, appunto, ‘categoriale’ naturalistico (lo ‘stile’ giottesco, invece, è quello  gotico) una opportunità ‘visuale’ che sarà riconosciuta, a posteriori, dalla critica come capace di offrirsi addirittura come orientamento di ‘perspectiva naturalis’, in contrapposizione a quella, successiva, ‘artificialis’ pierfrancescana. Ovviamente, a nessuno è balzato mai in mente di definire la ‘perspectiva naturalis’ di Giotto una definizione ‘stilistica’ pur essendo essa una delibazione ‘categoriale’ molto ben definita nei tratti addirittura di una sorta di prescritto disciplinare.

Giotto, Cacciata di San Gioacchino dal tempio, 1303 ca

R. Serra, Spirale, Napoli, Piazza del Plebiscito già Largo di Palazzo, 2003

E, cosi, procedendo nel tempo, possiamo osservare come si rendano riconoscibili ancora molti altri ansiti ‘categoriali’ naturalistici, fino a quelli riscontrabili  nella stessa dimensione ‘stilistica’ del ‘Neorealismo’ o in quella di caratura ambientale della ‘Land Art’, che può presentare anche delle aperture di ordine ‘concettuale’ proiettandosi talvolta nello spazio urbano (Richard Serra, ad esempio, con il suo intervento a Napoli del 2003).

(Questo nostro contributo, questa volta di indirizzo più nettamente ‘metodologico’, si avvale, per il corredo illustrativo, di immagini liberamente prelevate dal web da fonti principalmente di pubblico utilizzo, e di tutte ringraziamo gli autori assicurando che il loro impiego è meramente scientifico ed esula da finalità commerciali).

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