Torniamo a parlare della guerra in Ucraina, torniamo a parlarne dopo qualche giorno di pausa e, soprattutto, per attendere maggiori sviluppi in questa tragica vicenda onde evitare di essere ripetitivi nei nostri articoli. Dopo l’ultima pubblicazione, si potrebbe dire, che di acqua sotto i ponti ne è passata: dai colloqui interrotti e che riprendono proprio oggi, dallo scontro sull’aumento del prezzo del gas il cui prezzo deve essere pagato in rubli alle parole, non tanto leggere per usare un eufemismo, del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden.

Non è la prima volta che l’inquilino della Casa Bianca si lascia andare ad espressioni dirette verso il padrone di casa del Cremlino. Le sue frasi, per molti, hanno significato uno schiaffo a tante settimane di diplomazia messa in campo dai leader europei i quali, a quanto pare, si sono defilati un po’ tutti. Prima è stato Blinken a correggere il tiro.

Poi è stata proprio la volta del diretto interessato, il quale, senza troppi giri di parole ha semplicemente ribadito il concetto, senza alcun pentimento, affermando che quello che ha detto non ha, in alcun modo, messo a repentaglio gli sforzi diplomatici fino adesso attuati. Il suo era solamente un pensiero per mostrare sdegno per quanto sta succedendo in Ucraina.

Sdegno, da un lato, è una parola che di fatto è logica ascoltare, una parola che, molto probabilmente racchiude tutto il senso di un’operazione militare della quale non sussisteva alcuna logica. Dall’altro lato ha spiazzato tutti coloro che le hanno ascoltate, soprattutto per il semplice fatto che Biden ha parlato a braccio in Polonia. Nessuno di quei termini profferiti erano concordati con il suo staff.

Dicevamo della ripresa dei colloqui che ci saranno proprio oggi, grazie alla Turchia. Zelensky, a quanto pare, forse cederà su qualcosa, anche se in più di un’occasione ha fatto sempre retromarcia bacchettando, a sua volta, i leader occidentali per il loro comportamenti. Tacciandoli, esattamente, di essere codardi. La frase esatta è stata: non avete coraggio.

In questi giorni è stata tirata in ballo anche la Cina, il cui atteggiamento non è mai stato chiaro fin dall’inizio. La sua affinità politica con Putin è sempre stata evidente, ma per sopravvivere ha comunque bisogno del mercato occidentale. Frattanto continuano a cadere le bombe, anche quelle al fosforo bianco, ad essere distrutte le città, iniziano a rimbalzare attraverso i vari mass media immagini sempre più forti della guerra: come quelle che mostrano prigionieri torturati dai soldati russi.

Alcune città dell’Ucraina sono state liberate e quanto pare lo stesso esercito russo sta indietreggiando. Forse è una sensazione o forse c’è veramente la speranza che questo conflitto finisca presto. Non sarà, molto probabilmente, per un accordo raggiunto attraverso i colloqui e, ulteriormente, neanche per una data indicata da Putin, il 9 maggio, sarà perché l’esercito russo, di fatto, non riuscirà più ad alimentare la sua avanzata nel territorio ucraino.

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