Avremmo voluto attendere la finale dei playoff per i prossimi Mondiali in Qatar, che si terranno dal 21 novembre al 18 dicembre, per darvi, in questo tragico periodo una bella notizia. Invece, senza usare il termine dramma sportivo, perché i drammi sono ben altri, dobbiamo registrare la seconda non partecipazione, e per giunta consecutiva, della Nostra Nazionale italiana di calcio ai prossimi campionati del mondo.

Più che commentare la partita, perché anche in questo caso sarebbe superfluo e non faremmo che ripetere solo ed essenzialmente quello che è stato già detto fino adesso, ci soffermeremo su un particolare sottolineato in passato, analizzato prima ancora della vittoria degli Europei. Passato al setaccio molte volte anche dagli altri mass media.

Da molto tempo, ormai, ci si lamenta del semplice fatto che le nostre squadre, quelle che si ritrovano a lottare per la vittoria finale del campionato annoverano, tra le loro fila, giocatori stranieri, lasciando così poco spazio ai nostri talenti. Un tempo, la serie A, era il campionato più ambito del mondo. Dove i migliori, i fuoriclasse venivano a cimentarsi con il nostro modo di vedere il calcio.

Sono sempre stati citati e ricordarne qualcuno ancora adesso non farebbe male: da Maradona a Matthaus, da Altafini a Sivori, da Socrates a Falcao, da Careca a Van Basten e tanti altri ancora.

Era un tempo in cui si potevano schierare solamente tre stranieri per squadra, il resto erano tutti italiani. Giovani talenti che crescevano, si facevano le ossa sul campo, assumendo anche caratura internazionale. Da oltre una ventina di anni non è più così. Lo straniero attira, da sempre si potrebbe dire, e investire sui giovani neanche a parlarne.

Lo aveva denunciato, durante il periodo degli Europei 2016, l’allora commissario tecnico Antonio Conte. Un allarme paventato più volte ma sempre rimasto inascoltato. Ci siamo crogiolati dopo la vittoria del 2006. Dopo i Pirlo, Inzaghi, Cannavaro, Grosso, Buffon, Zambrotta e tanti altri non abbiamo più avuto giocatori di esperienza internazionale per poter affrontare tali partite.

Vero, veniamo dalla vittoria degli Europei. Quando però ti mancano pedine importanti e non hai ricambi adatti, non perché non sono bravi, ma perché dovrebbe garantire la medesima sicurezza di quelli che sono assenti, ecco che la frittata viene rifatta a distanza di quasi cinque a quella di Milano, contro la Svezia.

All’epoca Buffon pianse chiedendo scusa. Oggi è Roberto Mancini che appare deluso davanti ai microfoni delle televisioni, senza nemmeno dire una parola sul suo futuro. La sensazione, però, di un qualcosa che sia finito prima del tempo è forte e molto probabilmente, in questo magico biennio, ci è rimasta solamente l’illusione di poter credere di essere tornati e sperare che la vittoria di Wembley non fosse un caso isolato, invece purtroppo lo è.

Un altro schiaffo al nostro calcio che non solo non riesce più ad arrivare fino in fondo alle competizioni di club, ma non riesce più ad arrivare all’appuntamento tanto ambito: il Mondiale di calcio e questa volta, semmai si dovesse parlare di rifondazione, che rifondazione lo sia sul serio. Va anche bene parlare d’incidente di percorso. In fondo dopo i vittoriosi mondiali del 1982 l’Italia non si qualificò agli Europei del 1984. Un film già visto, dunque? No, è una situazione nuova con la speranza che per il 2026 non ci sia non si avveri un non c’è due senza tre per la Nostra Nazionale.

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