La bomba atomica è lo strumento pacifista per eccellenza.

I suoi due unici impieghi bellici, cioè i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, hanno dimostrato al mondo la potenza distruttiva di questo folle ordigno bellico.

Da allora le potenze in grado di fabbricarla, in primis USA ed Unione Sovietica, si sono lanciate in una corsa agli armamenti, allo scopo di arricchire i loro arsenali con strumenti sempre più potenti e micidiali.

Il mondo ha vissuto l’intero periodo della Guerra Fredda sulla tensione e sulla paura di guerra nucleare tra i due blocchi contrapposti (NATO e Patto di Varsavia,) il cui unico risultato sarebbe stato l’annientamento del pianeta.

Gli Stati Uniti, alleati con le potenze occidentali europee, minacciavano costantemente di usare l’atomica contro l’Unione Sovietica.

I sovietici, dal canto loro, facevano altrettanto con USA ed Europa.

Non potendosi affrontare direttamente, i USA e URSS si sono indirettamente affrontate in una serie di conflitti territoriali

In alcuni casi si trattava di un intervento diretto di una delle due superpotenze, come nel caso degli USA nel Vietnam tra il 1962 al 1973 e l’URSS in Afghanistan tra il 1979-1989, mentre l’altra, nascondendosi sotto un’apparente neutralità, provvedeva a sostenere finanziariamente e militarmente l’altro contendente.

Si pensi ad esempio ai missili Stinger inviati dagli USA ai combattenti afghani o ai Mikoyan-Gurevich MiG-19 con cui i sovietici equipaggiarono l’aeronautica Vietnamita.

Questo tipo fi guerra è stato definito dagli studiosi come Proxy Wars e cioè un conflitto internazionale tra due potenze straniere, combattuta sul suolo di un paese terzo; travestito come un conflitto su una questione interna di quel paese; e l’utilizzo di manodopera, delle risorse e del territorio di quel paese è il mezzo per raggiungere degli obiettivi estranei al paese dove avvengono gli scontri.

Sottointesa alle Proxy Wars è l’impossibilità del confronto diretto tra le USA ed URSS, pena la distruzione del mondo.

La stessa impossibilità di confronto, o meglio la paura di una guerra nucleare, è quella che ha ispirato la reazione occidentale all’invasione russa dell’Ucraina.

A partire dal 23 febbraio, giorno della dichiarazione di Putin che riconosceva come indipendenti le regioni ucraine di Donetsk e Luhansk e dall’inizio dell’aggressione militare russa del successivo 24 febbraio, l’Unione Europea e gli USA hanno sferrato una controffensiva all’economia russa.

Il 23 febbraio l’UE ha adottato un primo pacchetto di misure comprendente: misure restrittive mirate; restrizioni alle relazioni economiche con le zone non controllate dal governo delle regioni di Donetsk e Luhansk; restrizioni finanziarie.

Il successivo 25 febbraio, l’UE ha adottato un secondo pacchetto di misure comprendente: sanzioni individuali nei confronti, tra l’altro, di Vladimir Putin, Sergey Lavrov e dei membri della Duma di Stato russa e diverse sanzioni economiche

Il 28 febbraio e il 2 marzo 2022 l’UE ha adottato un terzo pacchetto di misure comprendente: l’invio di attrezzature e forniture alle forze armate ucraine attraverso lo strumento europeo per la pace; un divieto di sorvolo dello spazio aereo dell’UE e di accesso agli aeroporti dell’UE da parte di vettori russi di ogni tipo; un divieto di effettuare operazioni con la Banca centrale russa; il blocco dell’accesso a SWIFT per sette banche russe; la sospensione delle trasmissioni nell’UE dei media statali Russia Today e Sputnik; sanzioni individuali ed economiche nei confronti della Bielorussia

Il 9 marzo l’UE ha adottato nuove misure, tra cui: il blocco dell’accesso a SWIFT per tre banche bielorusse; il divieto di operazioni con la Banca centrale della Bielorussia; limiti ai flussi finanziari dalla Bielorussia verso l’UE; il divieto di fornire banconote denominate in euro alla Bielorussia; restrizioni all’esportazione di tecnologie di navigazione marittima e di radiocomunicazione verso la Russia; sanzioni nei confronti di altre 160 persone. L’obiettivo di queste sanzioni dovrebbe essere lo sfiancamento dell’economia russa o più precisamente quello di destabilizzare il fronte interno della Russia.

Le sanzioni, infatti, non incideranno direttamente sulla macchina bellica russa, giacché la stessa ha la fortuna di poter godere della disponibilità di un paese dotato di tutte le risorse naturali necessarie per la vita delle Forze Militari: petrolio e grano su tutte.

Obiettivo non dichiarato delle sanzioni è la popolazione russa, su cui dovrebbero scaricarsi gli effetti deleteri che dovrebbe subire l’economia russa, la quale sta cominciando a mostrare i primi segni di cedimento.

Non è un caso infatti che, ad una svalutazione sempre più crescente del rublo, con conseguente polverizzazione del PIL del paese.

Le cose non vanno meglio per il marcato azionario, dal momento che la Borsa di Mosca ha sospeso le negoziazioni dal 28 febbraio.

È notizia del 12 marzo che la Banca Centrale Russa ha prolungato la chiusura della Borsa per un’altra settimana.

Con le sanzioni economiche l’Occidente spera quindi di sfiancare l’economia russa, costringendo Putin a desistere dalla prosecuzione delle operazioni militari, pena la capitolazione economica e conseguenti episodi di rivolta nelle popolazioni, tali da sfociare nella destabilizzazione del Paese.

Il passo successivo dovrebbe essere il taglio o la cessazione delle importazioni di gas e petrolio dalla Russia ma l’attuale crisi energetica dell’Occidente ed il rialzo (o speculazione) sui prezzi dei carburanti induce l’UE ad una certa cautela.

In ogni caso, sembra che siamo solo all’inizio dell’offensiva economica lanciata dall’Occidente alla Russia.

Non bisogna infatti dimenticare che vi è ancora la possibilità di escludere altre banche russe dal sistema SWIFT o ancora di lasciare fuori la Federazione Russa dal WTO.

Inoltre, altri analisti evidenziano la possibilità di allargare l’offensiva al mercato informatico, interrompendo le forniture di software, nonché al settore aeronautico con il blocco alle forniture di pezzi di ricambio per gli aerei della flotta civile russa.

Gli effetti delle sanzioni non sono ancora percettibili ed ancora si attende quali saranno le contromisure della Federazione Russa.

In ogni caso, la Russia si trova ormai costretta ad una corsa contro il tempo: la necessità di chiudere la guerra in tempi rapidi, prima dello sfacelo economico e del conseguente crollo delle sue istituzioni.

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