Il processo creativo artistico in Venezuela in bilico fra tradizione e innovazione e nel dibattito culturale fra realismo ed aniconismo

Per comprendere il Venezuela, ma per comprendere, forse, l’intera storia meso-sud-americana, occorre partire da Simon Bolivar, una personalità magnetica ed affascinante, tutt’altro che facilmente comprimibile entro gli schemi costrittivi di un’ideologia e certamente leggibile nella prospettiva di una visione della storia intesa come propriamente americana. Per certi versi, e per trovare una personalità che – fatte tutte le debite differenze – può apparentarglisi, bisogna rivolgersi alla figura di James Monroe, che ci piace poter considerare come il corrispettivo di Bolivar per l’America settentrionale.

Armando Reveron

L’arte meso-sudamericana risponde alla caratteristica saliente di essere il portato di un coagulo di esperienze e di un intreccio di contributi, che vedono confluire in unità una processualità creativa che trova le sue radici in una fertilissima sinergia euroamericana, all’interno della quale gli artisti danno vita ad una produzione che trova la sua massima espressione e conseguenzialità identitaria nello spendersi in una mozione colloquiale con le grandi masse, adoperando, non a caso, lo strumento espressivo del muralismo.

Arturo Michelena

Di fatto, ha un suo peso in tutto ciò anche la grande tradizione messicana, che annovera personalità come Orozco, Siqueiros, Rivera e che si produce in uno sforzo di ordine espressionistico che rimane la chiave di volta di una visione dell’efficacia integrativa tra una sensibilità di marca europea e la vibratilità propria della tradizione nativa, nutrita, ovviamente, della complessa varietà delle culture locali.

Il Venezuela è, però, un paese che ci piace immaginare ‘di frontiera’: non solo separa il Nord e il Centro dal resto del continente americano, ma costituisce anche il luogo in cui le peculiarità culturali – anche quelle delle origini europee – perdono le specifiche peculiarità ed acquistano un’identità spiccata e saliente.
Tutto ciò, nel mondo delle arti visive, è molto importante e vale, ad esempio, a caratterizzare in modo molto imprimente ed originale tutta la cultura dell’Astrattismo sudamericano che si profila di assoluta originalità e sarà capace di lasciar rimbalzare in Europa e negli States del Nord il portato di una ricerca assolutamente autonoma e caratterizzata.
Penseremo, in proposito, a figure come quella di Jesus Soto o di Carlos Cruz-Diez che forniscono un importantissimo contributo alla creatività astrattiva muovendosi nei territori della delibazione cinetica, come principalmente è stata definita la loro arte, senza aver conto che essa si distingue profondamente, invece, per qualche peculiarità, piuttosto, di natura cinestetica.

Jesus Soto

Diciamo ‘cinestetica’, piuttosto che ‘cinetica’, dal momento che la componente illusionistica non costituisce il target creativo di questi specifici artisti, che orientano, ragionevolmente, il proprio abbrivio creativo nella direzione di un coinvolgimento attivo del fruitore, fornendogli non tanto un motivo di spiazzamento spaziotemporale, quanto, piuttosto, un motivo di autoriconoscimento critico.
D’altronde, tutta la ricerca astrattiva meso-sud americana ha una sua spiccata propensione alla autonomia delibativa e ad un aggancio, comunque, alle radici ‘oggettive’ poggianti su rimandi ‘oggettuali’ sui quali va a costruirsi l’impianto di un processo di lena analitica.

Carlos Cruz-Diez

Non solo astrattismo, vorremmo dire ‘radicale’, però, nella produzione più originale della determinazione creativa venezuelana come motivo di originalità propositiva, ma anche esplicitazioni di un indirizzo astrattivo per certi versi più morbido nella forma e più determinato nei contenuti ‘politici’, che è quello che viene, ad esempio, da proposte creative di artisti, non omologhi, come Fabian Solymar, Dagor, che offre suggerimenti in termini decisamente aniconici, o come Edo, Eduardo Sanabria che scala una profilatura creativa sensibile ad una referenza figurativa, anche se non di stretta replica realistica.

Fabian Solymar

In ogni caso, ciò che emerge è la proprietà di un linguaggio creativo che non mostra debiti o dipendenze, quasi in ossequio, vorremmo dire, a quella concezione di ribaltamento polare che aveva saputo inaugurare, questa volta in Uruguay, già a metà del secolo del ‘900, il suggerimento creativo di Joaquin Torres Garcia che disegnava una America del Sud ‘a testa in giù’.

Ma la tradizione di una disposizione autonomistica della produzione artistica sudamericana – e venezuelana in ispecie – che oggi appare decisamente visibile e manifestamente distinta, ha origini ancora più antiche, che rimontano, ad esempio, alle figure storiche ottocentesche di autori come Armando Reveron o Arturo Michelena e, non meno, e di un po’ appena precedenti, come Emilio Giacinto Mauri o Emilio Boggio, che muovono da una concezione figurativa in qualche modo tributaria della temperie postimpressionista.
Appena un po’ dopo, troviamo ancora importanti testimonianze offerte da personalità di artisti come Juan Calzadilla che introduce sensibilità di ordine propriamente ‘concettuale’ con sensibilità verbovisive o come Pedro Leon Zapata che si propone come figura di collegamento tra la concezione muralista messicana e la disposizione bolivariana ad una prospettiva libertaria, non aliena, peraltro, dall’assumere posizioni anche scomode nei confronti del potere.

Il quadro storico di cui abbiamo cercato di delineare una profilatura molto sommaria – come, purtroppo, lo spazio ci concede – vuol essere tale, comunque, da suggerire di una ricchezza propositiva della temperie artistica venezuelana all’interno della quale, e, forse, particolarmente negli spazi urbani del degrado e della miseria, ancor più forte si lascia avvertire la capacità coinvolgente del messaggio artistico che si propone con autonomia di accenti e con proprietà di ricerca, al di là della perimetrazione stilistica, con grande sensibilità espressiva, dietro la quale – che si tratti delle delibazioni astrattive o di quelle più propriamente figurative – la gestualità dell’artista mostra di essere sempre decisamente impegnata a tradurre in efficacia di immagine la pienezza del pensiero.

(All’interno di questa disamina storiografica, abbiamo utilizzato l’impiego di immagini liberamente dedotte dal web, alcune di pubblica possibilità di prelievo, altre di cui ringraziamo gli autori, certi come siamo della loro serena disponibilità all’utilizzo, viste le finalità meramente culturali che questo nostro contributo di ricerca riveste, al di fuori di qualsiasi deriva di opportunismo commerciale).

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