Secondo la tradizione natalizia sulla tavola imbandita non può mancare un buon Torrone. Deliziare il palato senza esagerare. Questo dolce tipico è molto calorico (il torrone classico ha un apporto calorico di 479 calorie per 100 grammi, e il torrone al cioccolato arricchito da frutta secca ecc. circa 580 calorie per 100 grammi) ed è consigliata una salutare passeggiata dopo averlo mangiato.

L’assenza di additivi e aromi è sinonimo di buona qualità, inoltre la quantità elevata di frutta secca come le mandorle (il classico torrone) lo rende un alimento ricco di sali minerali, vitamina E, acidi grassi omega 3 e calcio.

Dipende dal diverso grado di cottura dell’impasto che rendono questo dolce duro o morbido. Quello duro o friabile richiede più tempo di cottura a volte anche 12 ore, invece per quello morbido bastano 2-3 ore per cuocerlo, ha una concentrazione d’acqua più alta permettendo, assieme alla maggiore percentuale di glucosio, un impasto più tenero.

Le origini del torrone sono antichissime, la sua diffusione lungo tutto lo stivale lascia

pensare a un’origine romana, in alcuni scritti Tito Livio (59 a.C.17d.C) cita la “cupedia”, letteralmente “ghiottineria”, un dolce a base di una pasta di nocciole e miele molto nutriente, adatto ai legionari impegnati nelle battaglie. Il “cupeto” o “copeta” (torrone), viene ancora oggi chiamato così a Benevento, Avellino e dintorni.

Secondo alcune cronache latine, gli antichi romani conobbero l’antenato del torrone a base di semi oleosi, albume e miele dai Sanniti, durante i lungi assedi delle guerre. Nel “De Re Culinaria” Marco Gavio Apicio descrive un dolce preparato con noci, miele e albume d’uovo, chiamato Nucatum (in francese il torrone si dice nougat).

Con la caduta dell’Impero Romano, del “cuppedo”, come del “nucatum” si perderà ogni traccia. Alcuni si avvalgono dell’ipotesi che l’origine del torrone sia araba nel libro di Mutariff “De medicinis et cibis semplicibus”, un trattato del XI secolo, in cui si parla del turun. Si spiegherebbe così la diffusione del torrone nell’Italia meridionale, e in particolare in Sicilia. Mentre, a Cremona, il torrone arrivò per merito del celebre letterato Gherardo Cremonese, che tradusse il libro del medico ispano arabo Abdul Mutarrif dal quale trasse il suo “turun”.

Secondo altre fonti, l’origine del torrone cremonese risale al banchetto delle nozze di Bianca Maria Visconti con Francesco Sforza il 2 ottobre 1441; per l’occasione fu servito un dolce a base di mandorle, miele e albume che riproduceva il Torrazzo, il torrone cittadino, da cui sarebbe poi derivato il “torrone”.

Da nord a sud, in Italia sono numerose le varianti di questo dolce, citiamo alcuni più famosi.

La cubbaita: In Sicilia, a Caltanissetta, la tradizionale “cubbaita” (dall’arabo qbbàt che significa mandorlato”), detto anche giurgiulèna, si produce unendo il verde del pistacchio, il giallo del miele e il bianco delle mandorle. Una ricetta antichissima con numerose declinazioni con canditi di limone e arancia, sesamo, cioccolato e nocciole che esaltano i sapori tipici della regione.

Quello sardo: In Sardegna l’epicentro della produzione del torrone è il paese di Tonara (Nuoro), in un documento redatto in catalano e conservato nell’Archivio di Stato di Cagliari attesta che il torrone era già diffuso nel XVII secolo sull’isola. Il prodotto si ottiene dalla lavorazione di miele, albume d’uovo, mandorle, noci, nocciole e ostie. La principale differenza con gli altri torroni è l‘assenza di zucchero, con una cottura di 4 ore e la tipica consistenza morbida.

Avellino e Benevento: Il torrone campano, tra Avellino e Benevento, è un’altra eccellenza nazionale. A Benevento, a parte il presunto antenato sannita, il torrone iniziò a diffondersi a partire dal XVII secolo, in tre varietà: il perfetto amore, l’ingranito e il torrone del Papa. Il primo costituito da miele, bianco d’uovo e nocciole ricoperte da glassa di cioccolato, al limone o caffè. L’ingranito con i confetti lunghi detti cannellini, avvolto da una grana di zucchero.

Il torrone del Papa è composto da zucchero liquefatto, pinoli e frutta sciroppata. Successivamente si è diffuso il torrone “perfezionato”, ricoperto di ostie. Una storia altrettanto antica può vantare il torrone dell’Irpinia, nella zona di Ospedaletto d’Alpinolo ma anche a Pietradefusi. Qui la grande ricchezza di nocciole del territorio ha favorito la nascita di numerose varianti, con torroni sia morbidi che duri.

Cioccolato d’Abruzzo In Abruzzo si può trovare il torrone di Guardiagrele (Chieti), molto simile al croccante e costituito da mandorle intere tostate mescolate a zucchero, cannella e frutta candita, lo scrittore Ignazio Silone fu un grande estimatore di questo dolce. Tra Aquila e Sulmona c’è il torrone tenero al cioccolato, prodotto all’Aquila e Sulmona, in cui il cioccolato e nocciole. Una golosità nata nel 1835 in una piccola distilleria dell’Aquila e dall’intuizione del suo proprietario, Gennaro Nurzia.

Bagnara e Cologna: In Calabria, spicca il torrone di Bagnara IGP (indicazione geografica protetta. Gli ingredienti sono: miele, zucchero, mandorle, cannella e chiodi di garofano in polvere, con la copertura di zucchero in grani o di cacao amaro.

Il mandorlato di Cologna Veneta: Un primo riferimento al mandorlato è contenuto in un testo del 1540, famoso al tempo della Serenissima Repubblica. Questa specialità dolciaria è a base di mandorle, miele, albumi, cannella e cialde: è caratterizzato dalla superficie irregolare non coperta dall’ostia, i tempi di cottura sono piuttosto brevi.

Per riconoscere un buon torrone è importante che la dolcezza non sia eccessiva e non copra ogni sapore. Tutti gli ingredienti devono essere ben amalgamati e deve sciogliersi in bocca senza attaccarsi sui denti, lasciando la bocca pulita e il gusto soddisfatto.

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