Questioni di metodo e profilo generale di una lettura dell’arte prodotta dalle donne nel continente europeo nel periodo di trasformazione sociale tardottocentesca da cui nascerà, poi, la società del nostro tempo

Le donne hanno esercitato la pratica delle arti figurative praticamente da sempre. Ce ne fornisce testimonianza, tra gli altri, Plinio, e ne abbiamo, inoltre, conferma attraverso qualche immagine di pittura vascolare e parietale che raffigura delle donne intente alla produzione figurativa.

Successivamente all’età antica, nel Medioevo, poi in età umanistico-rinascimentale ed anche, successivamente, nel ‘600 naturalistico/barocco e nel ‘700 rococo/illuministico, non sarebbero mancate importanti protagoniste della pratica artistica ‘al’ femminile, spesso suore o nobildonne di alto lignaggio.

Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni, 1610; ed un nostro volume sul contributo artistico ‘al’ femminile in Europa nel primo ‘900

Qualche figura apre quasi solitariamente, nel ‘600, la vertenza del riconoscimento di una parità artistica uomo/donna – qui pensiamo ad Artemisia Gentileschi, in ispecie – ma solo nel secolo dell’ ‘800, però, si afferma con forza una sorta di ‘questione femminile dell’arte’, con le donne che cominciano a scalpitare ed a chiedere di poter avere un protagonismo significativo nel mondo delle arti figurative, non dovendo più limitare la propria prestazione creativa alla pratica di generi considerati ‘minori’ (e che tali, in realtà, non sono) come, ad esempio, la ritrattistica o la veduta d’interni.

Soprattutto, la pratica creativa delle donne vuol essere, ormai, una vera e propria attività professionale, liberando la artista-donna dal dover praticare la pittura, ad esempio, come ‘ornamento’ delle doti di una signorina di buona famiglia o come esercizio finalizzato alla creazione di immagini di devozione e di fede, come erano in qualche modo costrette a fare tante ottime artiste che, da monache, potevano esercitare la pittura all’interno del chiostro.

Con il secolo dell’ ‘800 cominciano a fiorire le prime associazioni femminili di artiste, guardate con sufficienza dai colleghi maschi e considerate come organismi portatori di intenti velleitari e supponenti.

Eppure le artiste stanno dicendo la propria parola con autorevolezza e con coraggio, ad esempio, all’interno di quello che può essere considerato il più importante dei movimenti artistici dell’ ‘800, all’interno dell’Impressionismo, cioè, ove troviamo personalità come quelle di Berthe Morisot o di Mary Cassat e di Eva Gonzales, che aprono la schiera di tutte quelle artiste che, man mano, vanno affermando il proprio ruolo e la propria ineludibile presenza, come potrà ben verificarsi, ad esempio, nel contesto di alcune rassegne di livello internazionale, come quelle delle due tornate del 1911 e del 1913 della ‘Internazionale Femminile’ di Torino.

Una sala all’interno della Esposizione Internazionale di Torino del 1913

Bisognerebbe qui citare i numerosissimi nomi di tantissime artiste che si affacciano alla ribalta, artiste che devono sostenere il doppio impegno della ricerca artistica e della cura familiare, scontando, peraltro, la difficoltà di un processo formativo che è obiettivamente più faticoso e complesso, a partire dal fatto che, ad esempio, alle donne è negato l’accesso agli studi artistici all’interno delle Accademie di Belle Arti.

Due opere di Berthe Morisot e di Mary Cassat

Non a caso, il processo formativo delle artiste avverrà in ateliers privati, sotto la guida di maestri che provvedono a fornire alle proprie allieve tutto l’insegnamento necessario per consentire loro di competere paritariamente con i colleghi dell’altro sesso.

Alcuni nostri volumi sull’arte ‘al’femminile

In Italia, come nel resto d’Europa, si assiste ad un processo di larga espansione di questa ‘onda femminile artistica’, che pervade tutte le regioni del vecchio continente.

Noi stessi abbiamo potuto registrare, all’interno di alcuni nostri volumi, l’imponenza del fenomeno, andando a documentarne, ad esempio, la consistenza nelle regioni del profondo Sud, ma anche del resto d’Italia e d’Europa, ove può apprezzarsi una presenza creativa ‘al’ femminile parimenti impegnata, sia nelle plaghe certamente più svantaggiate del Mezzogiorno italiano, come in quelle di paesi europei di più favorita condizione economico/sociale.

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