L’ultima volta di Daniel Craig nel ruolo di James Bond non tradisce le attese, le conferma

Quando venne annunciato quello che sarebbe stato il venticinquesimo film della saga di James Bond, diciamo la verità, nessuno ha riflettuto molto sul titolo: ‘Non è tempo per morire’. Gli eroi, in fondo, specialmente quelli iconici, sono un po’ come il titolo di un’altra saga, un altro franchise, quello che ha lanciato la carriera di Bruce Willis: ‘Die Hard’, ‘Duro a morire’. Durante questo lungo periodo di attesa sono state molte le voci su Daniel Craig; interprete che è riuscito nel rivitalizzare l’immagine dell’agente segreto al servizio di Sua Maestà sul grande schermo.

Un personaggio iconico, immortale, che si è materializzato al cinema grazie all’indimenticato Sean Connery, nell’ormai lontano 1962; per poi presentarsi con il volto di Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan e poi, appunto, Daniel Craig. È normale adesso come adesso, che quando una saga si prolunga per cinquanta lunghi anni, porsi il quesito: ma chi sarà stato il migliore in quel ruolo? Un po’ come cercare il pelo nell’uovo. Stessa sensazione che si è avuta dopo aver visto l’ultima volta di Daniel Craig nei panni del leggendario agente segreto britannico, ideato dal genio di Ian Fleming.

Da tempo, dicevamo, che sono molte le voci sullo stesso interprete e il personaggio iconiche. Voci confermate dallo attore inglese in merito al fatto che questo venticinquesimo film sarà la sua quinta ed ultima volta e dopo? E dopo… giusto. Qui viene il bello o il brutto, come preferite. Ed è per questo che abbiamo usato l’espressione ‘il pelo nell’uovo’, perché questo modo di dire sarà usato più avanti quando qualche elemento, speriamo di no, non convinca i fans più accaniti della serie cinematografica.

‘No time to die’, questo il titolo in originale, non tradisce le attese, ma semplicemente le conferma. Scritto da Neal Purvis, Robert Wade, Phoebe Waller Bridge e da Cary Fukunaga, il film parte a razzo per non fermarsi più tra inseguimenti e scontri spettacolari, paesaggi mozzafiato, scene veloci supportati da altrettanti dialoghi veloci e con battute ironiche che trascinano lo spettatore in vortice di emozioni e di adrenalina senza pausa.

La trama c’è e parte da quella che potrebbe sembrare una massima dalla quale tutto inizia, tutto ruota e tutto finisce: il passato non è morto. In effetti il passato non muore mai, in nessun caso. Come in nessuno caso non termina nemmeno l’andamento del tempo che porta con sé, non solo i rimpianti del passato, ma scoperte esistenziali che sono legate essenzialmente al numero in codice iconico: 007, appunto.

‘E’ solo un numero’ si sussurra quasi nel film. Infatti, è così. Ma chi ha trasformato quelle tre cifre in numero immortali è solo un personaggio: James Bond che, dal suo paradisiaco ritiro in Giamaica, viene trascinato in una pericolosa missione per fermare un nemico invisibile, sconosciuto e che si è permesso, in un sol colpo, di eliminare tutta la ‘Spectre’ grazie ad un veleno molto particolare. L’anti-bond è impersonato da quel nuovo ed impareggiabile trasformista di Ramì Malek.

Oltre all’action puro, alle spettacolari esplosioni in questo film si travalica la sostanza dell’immagine di ero macho e duro, mostrando, anche grazie allo stesso Craig, un lato ancor più umano dell’agente segreto. Un lato mai visto fino adesso: tenero. Scelta giusta per la trama e con un finale che a scriverlo qui, in queste righe, pone l’accento su molti quesiti. Soprattutto dal semplice fatto che James Bond non è più 007. Al suo posto, dopo il ritiro avvenuto cinque anni prima, una giovane e affascinante agente segreto che ha ereditato quei tre famosi numeri.

Semmai si volesse definire questo film come proiettato verso il futuro ci si sbaglia di grosso. È improntato, soprattutto, al passato e ad un passato che, di fatto, non morirà mai e quindi mai dimenticato. È improntato su una possibile eredità che chiunque arriverà, come prossimo Bond o più semplicemente, come prossimo 007 dovrà riuscire a portare avanti.

Si potrebbe persino obiettare che lo stesso Daniel Craig, in quel lontano 2006, quando apparve per la prima volta nei panni dell’agente segreto venne criticato per il semplice fatto di essere biondo e quindi di venire meno ad un canone richiesto per quel ruolo. Ma in quest’epoca non è solo questo che provoca adesso un po’ di scompiglio. Rinnovare a trecentosessanta gradi, almeno così pare, per quello che sarà l’episodio numero ventisei, cosa comporterà?

Qualcuno ha anche vociferato che magari era meglio creare un personaggio secondario che affiancava quello principale, per creare uno spin-off. Un’operazione che sembra essere stata fatta in questo ‘Bond25’ ma a quanto pare tutto ancora deve essere scritto perché, in effetti, non c’è tempo per morire e forse non ci sarà nemmeno il tempo per cercare di fermare la stessa saga; perché gli eroi, in un modo o nell’altro non muoiono mai. Perché? Per loro non è mai tempo per morire.

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