Alzate la mano e diteci quanti voi pensavano che questa Italia sarebbe arrivata fino in fondo? Forse pochi o forse non lo avete detto ad alta voce per scaramanzia; magari lo avete anche sussurrato sempre a voi stessi o a qualche amico. Siamo in finale, dunque. Ci siamo arrivati ‘inseguendo un gol’, come intonavano Nannini e Bennato. Anzi no: inseguendo un rigore.

È la seconda volta che in una semifinale giungiamo in questo modo all’ultimo step di questa competizione. Capitò 21 anni fa, contro l’Olanda. Ma quella semifinale è entrata di diritto negli annali del calcio. Anche questa, perché semplicemente cementifica un gruppo; consolida una realtà alla quale Mister Mancini ha sempre creduto, non da quando prese in mano la Nazionale di Calcio: ma da sempre.

Ci ha creduto e adesso sta raccogliendo i frutti. Il nostro è uno dei movimenti del calcio migliori del continente. Scopriremo la nostra avversaria questa sera. La sensazione è che qualunque sarà, ormai, non ha più importanza: Inghilterra o Danimarca. E c’è anche un’altra sensazione: che l’ultimo atto che si giocherà a Wembley, domenica 11 luglio, sarà tra Italia e Inghilterra; senza dimenticare la Danimarca.

Abbiamo vinto e ai rigori e arrivando alla lotteria dagli undici metri non giocando bene, non giocando come credevamo di fare. Pensavamo di fare pressing, ma nemmeno in quello ci siamo riusciti. Ci siamo innervositi un po’ ma siamo rimasti calmi. Loro, invece, gli spagnoli hanno fatto quello che semplicemente volevano: far girare la palla e farci girare a vuoto. Sono stati impeccabili e nonostante tutta la loro superiorità sul palleggio noi, quando riuscivamo ad uscire dalla nostra metà campo, eravamo comunque più pericolosi.

Il momentaneo vantaggio di Federico Chiesa lo certifica. Venti minuti dopo, però, ci facciamo imbucare da Morata e non è una bella cosa. Mancini e Luis Enrique nel frattempo fanno i cambi, mentre il cronometro scivolava via verso quella ‘lotteria’ che tanto in passato ci aveva tolto, ma regalandoci un mondiale nel 2006.

L’errore di Locatelli sembra confermare i ‘film’ visti nei mondiali del ’90, ’94 e ’98 e il quarto di finale del precedente Europeo, contro la Germania. Invece l’errore di Olmo e la parata di Donnarumma, su Alvaro Morata, rimettono le cose a posto. Jorginho, poi, con freddezza nordica chiude i conti; ricordiamoci però che è un brasiliano naturalizzato italiano.

Qualcuno potrà dire che c’è stato un passaggio di consegne tra noi e gli spagnoli, ma attendiamo ancora a dirlo: gli iberici vinsero tutto in quattro anni e noi? Comunque vada, molto probabilmente, abbiamo incominciato un ciclo; non si sa quanto vincente, ma nel frattempo domenica torniamo a Wembley perché di queste ‘notti magiche’, di quest’etate un po’ italiana ed europea, di questo Euro 2020, comunque possono già definirsi una ‘fiesta’; soprattutto: ‘che fantastica questa fiesta’.

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