Il primo scippo della letteratura mondiale

 Il “Conde” è un breve racconto di Joseph Conrad ambientato nella Napoli dei primi del Novecento, durante lo splendore della “Bella Epoque”. La storia si svolge in un ambiente diverso rispetto alle altre opere di maggior successo di Conrad, come l’Estremo Oriente di “Lord Jim” e la “Linea d’ombra”, oppure l’Africa nera più profonda di “Cuore di tenebra”.

Lo scrittore fu realmente a Napoli nel 1905, anzi per meglio dire vi fu di passaggio, giacché la sua destinazione era Capri, dove scrisse “Autocrazia e guerra”, un saggio sulla guerra russo-giapponese. La storia è narrata in prima persona dallo stesso autore, il quale, nel corso di una visita al Museo Archeologico Nazionale, Conrad conobbe un vecchio nobile dai modi eleganti, gioviali e cortesi, meglio conosciuto dal personale dell’albergo in cui alloggiava, come il “Conde”.

Il “Conde” è l’immagine personificata della vecchia nobiltà europea di inizio Novecento, che oramai deve lasciare il passo alla sempre più imperante borghesia e che, di lì a qualche anno, dopo la Rivoluzione Russa, dovrà fare i conti anche con il proletariato.

Si tratta della nobiltà che la sera cena in smoking, i cui membri sono sempre eleganti e che vivono “un’esistenza impeccabile, regolare, convenzionale, non turbata da avvenimenti sorprendenti”, così come si conviene ad un vero signore.

Il “Conde” si trovava a Napoli per beneficiare del suo clima. Come scrive lo stesso autore, il nobiluomo “aveva provato diversi climi, quello di Abbazia, della Riviera, di altri luoghi mi raccontò, ma l’unico che gli giovava era il clima del Golfo di Napoli. Gli antichi romani che, mi fece notare, erano degli esperi nell’arte del vivere, sapevano benissimo quel che facevano quando si costruivano le ville su queste spiagge, a Baia, a Vico, a Capri”.

Dopo diversi giorni, Conrad è costretto ad assentarsi da Napoli per il disbrigo di alcune faccende. Tornato a Napoli, l’autore ritrova il nobile affranto ed in stato di grande prostrazione. Il Conde, infatti, aveva subito una rapina mentre si trovava a passeggiare all’interno della Villa Nazionale, oggi Villa Comunale. L’autore del delitto è un giovane ben vestito e di buone maniere che, puntando un coltello al petto del Conde, lo ha derubato dei suoi averi.

Il nobile, amareggiato e deluso da una città che così tanto ama, lascia Napoli per poi non farvi più ritorno, dal momento che troppo forte è la ferita per il suo onore. Qualche tempo dopo Conrad avrà l’occasione di poter discorrere dell’episodio con altre persone e scoprirà una realtà ben diversa da quella del racconto del Conde. Purtroppo, la descrizione del racconto deve interrompersi qui, per non privare al lettore il finale di un racconto piccolo e sorprendente.

Elena Croce descrisse il Conde come la prima rappresentazione dello scippo nella letteratura mondiale. L’opera, per quanto breve, compendia alcune delle tecniche narrative e dei temi cari a Conrad. L’evolversi della vicenda è affidato al racconto di una voce narrante, quello stesso Conrad, che, come Marlow in “Cuore di tenebra” o in “Lord Jim” rievoca, a sé stesso e agli altri, gli eventi di cui è stato partecipe, mescolati alle sue impressioni, dubbi ed incertezze.

Il personaggio del “Conide” è altero, fiero e nobile come tanti altri personaggi dell’universo di Conrad come il giovane Jim o i due ufficiali della cavalleria napoleonica D’Hubert e Feraud de “I duellanti”.

Un racconto breve ed intenso, con al centro le cicatrici che un evento, ed una città, possono lasciare sulla vita di un uomo nonché sull’eterno conflitto tra apparenza e realtà. Una grande storia in un piccolo racconto: “Il Conde – Un racconto patetico. Vedi Napoli e poi muori”, di Joseph Conrad, 2019, edizione Dante e Descartes.

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