Un horror popolare firmato da Domenico Emanuele De Feudis

Emma, giovane donna straniera, intraprende un viaggio nelle calde terre del Sud Italia, assieme alla figlia Sofia, per incontrare la madre di Francesco, suo nuovo compagno. Su queste basi si fonda il nuovo horror tutto italiano sulla piattaforma Netflix, uscito già dal 2 ottobre.

Gli eventi si sviluppano in una storia che assume forme ogni minuto più claustrofobiche e sinistre, così come lo è la grande dimora di Teresa, madre di Francesco. Quello che sembra un idillio, un momento perfetto per organizzare un matrimonio, si sconvolge quando la piccola Sofia viene morsa da un ragno. Maggiore è l’interesse di Teresa per la bambina, più le sue condizioni peggiorano. Emma si convince che la futura suocera, nota per essere una guaritrice di paese, stia facendo del male a Sofia. Per la sua bambina, Emma riporta alla luce un mistero antico e potente e nulla sarà più come prima.

Esordio alla regia per Domenico Emanuele De Feudis, in una pellicola che ha sicuramente il pregio di cimentarsi in un genere che in Italia, fatta eccezione per il maestro Argento, non riesce a trovare un buon sviluppo e una giusta collocazione. Sarebbe tuttavia più corretto affermare che De Feudis sembra voler seguire il progetto di Pupi Avati con il suo Signor Diavolo. Ovvero immergersi in quel folk horror che sta definendo un nuovo livello del genere, come Midsommar o Lighthouse.

Se Il Signor Diavolo si immerge nelle umide nebbie della Pianura padana, analizzando le credenze di un nord Italia in riforma, Il Legame si inerisce nelle pittoresche campagne pugliese, circondate da un elemento fortemente caratteristico, quali gli ulivi secolari. È fortemente apprezzabile la volontà di De Feudis, di dare vita a un folk horror meridionale, analizzando la tematica del malocchio e delle tecniche di fascinazione. Secondo le credenze popolari, la fascinazione non è solo un comune malocchio, esso consiste nella creazione di un legame fortemente oscuro tra due persone. Dunque, la storia prende vita in un mondo nel quale la credenza popolare circa magia e male è ancora fortemente attiva, riuscendo a sopravvivere con la credenza razionale insita nell’uomo. Essere vittima di un “affascino”, vuol dire perdere totalmente la propria forza vitale e la propria indipendenza. 

Il personaggio vittima (ci manteniamo su dei toni generali, per evitare gli spoiler) di tale tecnica, si ritroverà nel mezzo di due fuochi, senza avere possibilità di agire. Da un lato vi sarà il suo carnefice e dall’altro una figura disperata nel tentativo di salvarlo. Due forze, entrambe morbose, ma una estremamente malvagia e l’altra tormentata ma buona. L’intorpidimento psichico porterà a un quasi totale abbandono della persona. Ecco su cosa gioca la pellicola di De Feudis, ecco ciò che fa paura. Un Legame tra due persone che non è più positivo e d’amore, ma un legame di odio e di male. Dunque al di là delle scene, ben riuscite, di volti tumefatti e jumpscare vari, ciò che crea maggiore paura nello spettatore è la prospettiva di come il corpo umano si riduca a seguito della fascinazione. In questo ‘Il Legame’ è sicuramente ben riuscito. 

Un elemento molto importante, che funge da motore dell’azione e da rimedio, è il forte amore materno e le conseguenze verso le quali esso conduce. Un legame tra madre e figlio inscindibile, messo in crisi solo dal male e da forze oscure. Forte è il legame di Emma per la sua Sofia e la voglia di scoprire cosa in quella villa stia distruggendo la sua bambina. Altrettanto forte è il legame tra mamma Teresa e il figlio Francesco, talmente forte da spingere Teresa a fare tutto ciò che è in suo potere per difenderlo, in bene e in male. L’amore materno, senza rivelare troppo, sarà anche motivo scatenante per il risveglio del male nella grande villa di campagna. 

Non mancano cigolii inquietanti, figure non ben definite, inquadrature ben studiate per dare quel senso di soffocamento e perdita a cui proprio il fascino induce. Contribuisce anche la presenza di ulivi secolari sradicati dalla propria terra – con riferimento alla grande e attuale piaga della xylella, che affligge il mezzogiorno. La presenza dei soli tronchi incute nello spettatore una sensazione di ansia e di pericolo. 

Un grande plauso a Mia Maestro (Emma), reduce già dall’horror ‘The Straim’, che mostra comunque una buona prova e mostrando una grande evoluzione per il suo personaggio. Molto bravo anche Riccardo Scamarcio, il quale, pur non riuscendo ancora a eliminare del tutto la sua patina di bad boy, non è comunque completamente fuori luogo. Da non dimenticare la piccola Sofia, l’esordiente Giulia Patrignani, che riesce a rendersi una credibile protagonista per questo folk horror

Il problema de ‘Il legame’, ovvero ciò che non riesce ad attribuirgli un posto di primo piano nello sviluppo del folk horror, è il ricorrere a tecniche di jumpscare già viste, che destano uno spavento limitato, in quanto generato da una prevedibilità circa ciò che accadrà. Nonostante la grande originalità nel trattare il tema della ‘fascinazione’, è come se la pellicola peccasse di una firma propria, quel famosa elemento che lo renda riconoscibile e unico. Inoltre a volte la trama tende a inciampare rallentando troppo o prediligendo silenzi là dove non sono necessari. Ciò nonostante, ricordiamo che ‘Il Legame’ vanta diversi aspetti positivi nella sua rappresentazione e, considerandola come prima prova di un regista che si cimenta nel lungometraggio, vi sono tutto le basi per osservare altre prove sempre meglio riuscite. Lo spazio e la fiducia per migliorare vi sono. 

Il Legame vi aspetta su Netflix. 

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