Scioccante licenziamento di un professore perché insegnava il concetto relativo alla parola ‘incriminata’

Ci verrebbe da dire: dove eravamo rimasti? Scomodare il grande Enzo Tortora, con la sua celebre frase d’apertura della storica trasmissione televisiva ‘Portobello’, non si sa quanto potrebbe essere opportuno. Eppure da quel lontano giugno in cui avevamo affrontato la tematica ‘Hong Kong’ è passata troppa acqua sotto i ponti. Gli arresti e gli abusi dello stesso regime di Pechino ormai non si contano più. Senza dimenticare che parlare di libertà o quanto meno insegnare lo stesso concetto relativo alla parola è diventato sinonimo di trasgressione nella ex-colonia britannica.

L’ennesimo episodio di oppressione del regime comunista nei confronti di Hong Kong ha trovato spazio attraverso alcune testate di tutto il mondo. In modo particolare grazie all’Indipendent della Gran Bretagna e sul sito de ‘Il Mattino’. Un atto, definito dai diretti interessati, come del tutto inaccettabile. Ad esprimersi in tal modo, direttamente sul social network Facebook, è l’Unione degli insegnanti professionisti di Hong Kong.

L’associazione è scesa in campo in difesa di un collega licenziato per aver violato la legge fondamentale del Paese. Il ‘reato grave’, per il regime, sarebbe stato quello d’insegnare ai suoi piccoli alunni il concetto stesso della parola libertà, mediante una serie di domande.

A quanto pare il licenziamento, però, non sarà l’unica conseguenza che lo sfortunato docente dovrà subire. A Hong Kong sussiste un registro dell’istruzione dal quale l’anonimo sventurato, la cui identità non è stata resa nota, non solo verrà cancellato ma non potrà più esercitare tale professione, alla quale magari si era dedica da tutta una vita, su tutto il territorio.

Sempre l’Unione degli Insegnanti Professionisti di Hong Kong, attraverso facebook, ha giustamente rincarato la dose: affermando che questo tipo di avvertimento da parte del partito comunista inviato alla scuola è, di fatto, una spregevole intimidazione. Un atto che sta sconvolgendo il mondo intero e che ha fatto sobbalzare dal proprio torpore anche l’Onu.

L’organizzazione delle Nazioni Unite, attraverso i suoi esperti di diritti umani, ha manifestato tutta la sua preoccupazione, mediante una lettera inviata al regime di Pechino, per quanto sta accadendo ad Hong Kong. Già in passato questo blog si era occupato di questo problema sociale internazionale, con quell’articolo lontano ormai ben quattro mesi; specificando che la stessa ex-colonia inglese non avrebbe giovato da questa presa di posizione della Cina.

In questo periodo le manifestazioni pro-democrazia e gli arresti delle forze dell’ordine non si sono fermati. Anzi, hanno continuato anche se dal regime rosso non filtrano molte notizie al riguardo; atteggiamento tipico per far credere che tutto sia immacolato e perfetto.

Un altro episodio, avvenuto giusto un mese fa, riguarda la brutalità della polizia del regime su una bambina di soli 12 anni durante le manifestazioni pro-democrazia. La madre inizialmente era intenzionata a presentare denuncia contro gli agenti, ma poi non se ne è saputo più nulla. Che la situazione a Hong Kong diventa sempre più pesante è ormai sotto gli occhi di tutti. Ma la domanda è: quanto tempo ancora il mondo rimarrà a guardare prima di intervenire?

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