I profondi e radicali cambiamenti, in quella maledetta sera del 29 maggio del 1985, si materializzarono mediante una cifra spaventosa per una partita di calcio: ben 39 vittime in quella calca; la quale, non solo determinò la leggera barriera divisoria dei settori della curva, ma portò anche allo sfondamento del muro laterale della stessa parte dell’impianto sportivo. Tutti coloro che si allontanarono, per ovvi motivi, dai folli attacchi degli hooligans, indietreggiarono così tanto che ad un certo punto coloro che si erano sistemati proprio accanto al muretto non poterono evitare di cadere nel vuoto. Una scena raccapricciante che, sul momento, ancora non sì intuì nella sua totale tragicità.
Dopo neanche venti minuti dall’inizio della diretta lo stesso Bruno Pizzul è costretto a comunicare al pubblico italiano l’imponderabile: notizia ufficiale che proviene dall’Uefa ci sono trentasei vittime, di cui non si conosce la nazionalità.
La sensazione, nel rivedere da parte nostra quelle immagini, è che lo stesso telecronista, molto probabilmente per una questione di tatto o comunque di sensibilità, non se la sentì subito di precisare la provenienza delle vittime, pur sapendolo. fu ovviamente, per il nostro Bruno Pizzul, un momento non tanto semplice da gestire. Nonostante ciò, non era completamente solo.
Infatti, quella stessa sera era presente, con lui allo stadio, un giovanissimo Carlo Nesti, come radiocronista sempre per la Rai, e in collegamento da Roma un altro decano del giornalismo sportivo televisivo italiano: Gianfranco De Laurentiis. Proprio con quest’ultimo lo stesso Pizzul si soffermerà molte volte a ragionare su quelle che avrebbero potuto essere le conseguenze dopo quei fatti di quel 29 maggio.
Uno su tutti, in un primo momento, si ipotizzò che la partita medesima non venisse disputata o comunque rinviata e giocata, chiaramente, a porte chiuse. Eppure, la frittata da parte degli organizzatori e della stessa Uefa fu talmente evidente che cercare di rimediare era a sua volta un’impresa.
E difatti, perdonate il nostro sarcasmo forse non proprio adatto alla situazione, si optò per far disputare la finale. il motivo, purtroppo, seppur abbastanza incomprensibile con ben 39 vittime in campo, era quello di evitare che la situazione degenerasse ulteriormente.
Non a caso, dall’altra curva, quelli in cui erano stati sistemati i tifosi juventini in più di un’occasione si cercò la reazione dopo che la notizia delle vittime si era sparsa per tutto l’impianto sportivo. Addirittura, per cercare di placare gli animi dei tifosi bianconeri, uscirono dagli spogliatoi anche Marco Tardelli, Antonio Cabrini, Stefano Brio e Stefano Tacconi. Soprattutto, anche per capire cosa fosse realmente successo.
Da questo momento in poi, proprio per effetto di questa uscita di alcuni giocatori della Vecchia Signora, si è sempre sostenuta l’ipotesi, per non dire l’effettiva convinzione, che gli uomini di Trapattoni sapessero effettivamente cosa fosse realmente accaduto.
La polemica esplose dopo che la stessa squadra di Torino vinse festeggiando con tanto di giro di campo, dopo che il match venne conquistato per un rigore siglato da Platini e dopo che quest’ultimo festeggiò con tanto di pugno chiuso al cielo. Polemica scoppiata proprio perché i giocatori avevano sempre sostenuto di non sapere effettivamente nulla o quantomeno che c’era stato, durante gli scontri sugli spalti, solamente una vittima.
Al di là di questi dettagli emersi nel corso di questi lunghi anni, ciò che rimane di quella maledetta serata, sicuramente, fu il fatto che la partita medesima venne giocata. Era pur vero che la motivazione dell’ordine pubblico era alquanto valida, ma solo per salvare la faccia.
Di tutto questo c’è un altro dettaglio di cui non vi abbiamo tenuto ancora del tutto conto: fino adesso vi abbiamo raccontato, quasi per filo e per segno, un po’ quello che accadde senza specificare, in maniera precisa delle forze dell’ordine. come avevamo precisato durante la prima parte del reportage, coloro che avrebbero dovuto gestire l’arrivo degli Hooligan avevano ottenuto un bel periodo di vacanza dopo la visita di Giovanni Paolo II, sottovalutando di fatto l’evento della finale tra Juventus e Liverpool. Una leggerezza che determinò una figuraccia in mondovisione.
È inutile anche ricordare che la gendarmeria belga venne comunque schierata, ma quando ormai la situazione era completamente irrecuperabile: i morti, oltre i feriti di cui non abbiamo ancora precisato il numero: oltre 600, c’erano già da oltre mezz’ora e il match ebbe il suo fischio di inizio un’ora e mezza dopo l’evitabile tragedia.
Si, proprio così: usiamo il termine ‘evitabile’ dopo tutto quello che vi abbiamo racconto o quantomeno riportato. Soprattutto, anche se con la storia ormai non si fa né con i sé e né con i ma, tutte queste avvisaglie, se si fossero tenuto presente il dramma di Bradford dell’11 maggio, se la maggior parte dei componenti della gendarmeria belga non sarebbe stata messa a riposo, nonostante i turni massacranti per la visita del Papa, la strage dell’Heysel sarebbe ugualmente avvenuta?
Se così fosse alle 19.20 si sarebbe ugualmente registrato il parapiglia e la calca fatale? O ancora: semmai fossero stati sistemati proprio i gruppi di tifosi della Juventus nel settore Z, accanto gli hooligans, invece che delle famiglie adesso, a distanza di quaranta lunghi di cosa staremmo a parlare?
Certo, molto probabilmente di altri scontri che sarebbero terminati chissà in che modo. Ma dopo quella sera, dopo quella maledetta sera al calcio in generale cosa realmente accadde. Era chiaro a tutti che un segnale doveva esser pur dato: come prima cosa vennero squalificate per un perdio di tempo tutte le squadre inglesi fino a quando la stessa Inghilterra non avrebbe risolto il problema. Cosa che poi avvenne. E lo stesso stadio? Oggi che fine ha fatto?
Esiste ancora, ma non più con questo nome. Nonostante qualche sporadico utilizzo per qualche altra finale europea, esattamente nel 1995 come anticipato in precedenza, in occasione dei campionati Europei di Calcio del 2000 venne ribattezzato Stadio Re Baldovino e totalmente ristrutturato. In quello stadio la Nazionale Italiana di Calcio vinse il secondo incontro del girone proprio contro il Belgio padrone di casa insieme alla Svezia in quell’edizione.
Quella gara si giocò nel ricordo di quelle persone morte a causa della negligenza di molti, per una ferita che ancora oggi non è chiusa e forse mai lo sarà.