Un film di genere sportivo, uscito nel 2017, di cui si parla troppo poco

Ogni sfida superata, per acquisire valore a distanza di anni, deve oltrepassare ogni barriera che il tempo pone come ostacolo. Se ciò accade il termine esatto per descrivere l’impresa è: leggendario. E’ questo il vero senso di “Borg vs Mcenroe”. Un significato raccontato, sviluppato con estrema umiltà ed un tocco di drammaticità interiore relativo ai due protagonisti storici del tennis.

Le due storie fungono da traino per tutta la pellicola, fino a incontrarsi o per meglio dire scontrarsi in quella che è la finale delle finali, quella di Wimbledon. Il loro percorso narrato, a metà strada tra il genere biografico e il genere documentario, pone in risalto non solo le difficoltà che Borg e Mcenroe incontrarono e che affrontarono nella loro vita, ma anche di non farsi schiacciare e quindi di controllare la paura di non farcela, di non raggiungere il risultato sperato.

Bijon Borg, ribelle da adolescente, impara dal suo coach a chiudersi in sé stesso, metabolizzando ogni tipo di attacco esterno, per esprimere poi tutta la disapprovazione, la sua rabbia, le sue angosce in ogni colpo di racchetta, conquistando la gara punto dopo punto; John Mcenroe, invece, è l’irascibilità fatta a persona. Un’irascibilità naturale che, nel momento topico, viene trattenuta fino all’ultimo match – point di un’epica finale.

La loro introspezione è una continua partita di tennis, in cui l’attenzione dello spettatore viene fatta rimbalzare fra l’uno e l’altro protagonista, senza mai e poi mai stancare e che, allo stesso tempo, accompagna fino all’epilogo paragonabile ad un vero e proprio tiebreak.

Se nella realtà lo storico match venne conquistato da Borg, entrando così di diritto nella leggenda, perché cinque titoli di fila a Wimbledon nessuno li aveva mai conquistati, le ultime scene della pellicola pongono a sottolineare, in punta di piedi, la vittoria di entrambi.

In quella sfida hanno battuto i loro demoni e il reciproco rispetto, che prima era solo tra avversari, si tramuta in una splendida amicizia che dura ancora oggi nel tempo. Anche se nello sport viene sempre decretato, alla fine di ogni gara, un solo vincitore in quella partita, in quel 5 luglio 1980, di vincitori ne furono decretati due.

Due leggende che mutarono le regole delle varie rivalità nel tennis. Due uomini impeccabilmente riportati sullo schermo dai due attori: Shia Labouef, Mcenroe, e Sverrir Gudnason, Borg. Con una prestazione quasi da oscar. Peccato solamente che la pellicola non è stata nominata per la statuetta come miglior film straniero. Di sicuro non sarebbe stata immeritata la nomination all’epoca. Ma questo è un dettaglio solo fino ad un certo punto rilevante per considerare un film meritevole per essere, appunto, consigliato.

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