Scritto, diretto ed interpretato da Emilio Estevez, il film ricostruisce la tragica giornata e la notte del 4 e 5 giugno del 1968

Le storie vere non sono mai facili da raccontare, non sono mai semplici da proporre sul grande schermo; non è un fatto di prospettiva personale, quella c’è sempre sia da parte dello sceneggiatore che del regista. Il punto non è nemmeno il modo in cui si svolge la trama ispirata al fatto realmente accaduto, ma il come l’elemento portante del film viene sviluppato. Nel caso di ‘Bobby’, opera cinematografica uscita il 17 novembre del 2006 scritta e diretta da Emilio Estevez, le difficoltà sorsero fin dall’inizio della fase di scrittura.

Il film, che oggi vi consigliamo, fa riferimento alla maledetta sera del 5 giugno del 1968 in cui il Senatore degli Stati Uniti d’America, del Partito Democratico, Robert Fitzgerald Kennedy, venne brutalmente assassinato dopo aver vinto le primarie in California e che lo avrebbero lanciato verso le Presidenziali del novembre dello stesso anno. E Ricostruire tutta quella giornata, usando persone realmente presenti, significava effettuare un immane lavoro per non parlare dell’ostacolo dei diritti che di certo non lo avrebbero aiutato.

L’idea era quella di narrare l’attesa, all’interno dell’Hotel Ambassador di Los Angeles di alcuni personaggi, tutta gente comune, fino all’arrivo di ‘Bobby’ Kennedy ed essere, poi, testimoni della tragedia. Un’idea che ad Emilio Estevez gli girava per la testa già dagli anni ‘90, quando lo stesso sceneggiatore e regista si recava spesso sul luogo della tragedia per immortalarlo.

Oggi quel luogo non esiste più: è stato abbattuto nel 2005. Oltre a questo particolare è bene indicarne anche un altro, più suggestivo: lo stesso Estevez, all’età di sei anni, ebbe la fortuna d’incontrare di persona il Senatore degli Stati Uniti. Suo padre, il famoso attore Martin Sheen, è stato un grandissimo sostenitore del fratello del Presidente assassinato a Dallas il 22 novembre del 1963.

Durante la fase di scrittura, Emilio, incontrò una donna che in quella maledetta sera era presente e che all’epoca stava per sposarsi con un ragazzo per evitare, che lo stesso, non andasse in Viet-nam a combattere. Fu proprio grazie a questa testimonianza che il regista si sbloccò, decidendo che una prima storia personale, convincente, da immettere nella trama era stata finalmente trovata. Ne troverà altre 21 e la sceneggiatura venne terminata una settimana prima dell’11 settembre del 2001.

All’interno di questa trama, apparentemente semplice da scrivere, i ben 22 protagonisti interagiscono fra di loro dall’inizio alla fine. In quell’occasione Emilio Estevez ha fatto il soggettista, lo sceneggiatore, il regista ed anche l’attore insieme a Martin Sheen, Harry Belafonte, William H. Macy, Sharon Stone, Demi Moore, Christian Slater, Shia Lebouf, Joshua Jackson, Helen Hunt, Ashton Kutcher, Elijah Wood, Laurence Fishbourne, Lindsay Lohan, Anthony Hopkins ed altri giovani attori.

Questo supercast di attori, irripetibile per certi versi, non basta a far decollare il film. Nello stesso tempo devono sussistere validi elementi come la colonna sonora, di Mark Isham più le hit musicali di quel periodo, immagini di repertorio messe al momento giusto ed una sceneggiatura convincente. Ecco, quest’ultimo elemento appare traballante in alcuni momenti, come se il tutto si sviluppasse non in maniera fluida, ma per inerzia, in attesa, appunto, di tutto quello che realmente poi accadde.

I personaggi si incrociano, si allontanano, per poi rincontrarsi nuovamente, si scontrano, si allontanano una seconda volta per poi riunirsi nel finale. Le loro storie personali, le loro ansie, le loro paure ed i loro sogni sono tutte rivolte verso l’unica vera speranza: Bobby Kennedy.

Speranze che s’infrangono contro la dura realtà. Ciò, comunque, la stessa sceneggiatura non è priva di qualche dialogo fondamentale. Uno scambio di battute dove viene descritta, in maniera diretta, l’aria di divisione e di rabbia che si respirava in quegli negli Usa. Qui sotto la scena con i sottotitoli in italiano:

Ed in tutto questo il vero protagonista principale dov’è? Non è impersonato da nessun attore di rilievo, appare di spalle quando entra nell’Ambassador, ma per tutto il film fa il suo ingresso nelle scene mediante le immagini di repertorio miscelate ai volti degli attori: specie durante il discorso finale accompagnato da ‘Sound of silence’ di Simon & Gurfunkel.

Il film quindi è un’ottima ricostruzione, ma perde l’occasione di essere considerato un immenso capolavoro per alcuni momenti evitabili all’interno della sceneggiatura. Nel finale il film non si salva, perché non ha bisogno di salvarsi, ma emerge tutto quello che il regista voleva esprimere è diventa pura nostalgia per qualcosa che poteva essere e che, purtroppo, non fu.

Dopodomani, lunedì 5 giugno, un nostro speciale interamente dedicato a quella maledetta notte del 4 e 5 giugno del 1968…

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