Come si comportò la critica nei confronti dell’opera di Christopher Nolan?

Dove tutto è male, abbiamo detto. Una frase pronunciata da Harvey Dent dopo aver macchiato irrimediabilmente la sua immagine. È caduto nel tranello del Joker, il quale è riuscito a far cadere anche una persona integra come il Procuratore Distrettuale sul quale l’intera città di Gotham ha riposto ogni speranza di uscire dal tunnel dell’illegalità. Un messaggio forte, anche troppo per un film che non è, come è stato appurato nella seconda parte, solo un film di supereroi.

La critica, quindici anni fa, si divise e non poco sul significato da attribuire al lavoro di Nolan, alla morale che lo stesso regista aveva avuto intenzione di ricavare. Si, perché fin dalla prima scena, quella prodromica della rapina in poi, si era già intuito che non sarebbe stato un film come gli altri.

Se comunque la critica, come abbiamo visto, si divise sul significato dell’opera cinematografica, non lo fece per quanto riguarda sulla convinzione che fosse, e lo è ancora, un vero e proprio capolavoro. Un film che aveva abbattuto tutte le barriere che si potevano abbattere fino a quel momento per un film ispirato dalle storie a fumetti. Superando, anche e di gran lunga, i primi due film della trilogia di Sam Raimi dedicata all’uomo ragno.

Gli elogi non si sono sprecati, accompagnati anche da qualche velata critica su qualche dettaglio in particolare. Come, per esempio, quella secondo cui il film aveva molta attrattiva quando sulla scena appariva il Joker e non quando agivano gli altri personaggi. In fondo, anche noi abbiamo constatato che il pagliaccio aveva tolto la scena all’uomo pipistrello senza, però, affermare che il film non rendesse quando c’è lui. Anzi, al contrario: si avverte sempre la stessa tensione e di attesa per quello che potrebbe succedere dopo.

E’ vero, fino adesso non ci siamo soffermati nell’indicare altre scene di rilievo, battute rimaste nell’immaginario collettivo o momenti significativi che hanno tracciato la vera linea di demarcazione tra il primo ed il terzo film. Molto probabilmente non ce ne bisogno. Non esiste un momento o più momenti particolari ne ‘Il cavaliere oscuro’. È tutto il film a rappresentare, come detto prima, l’apice di un qualcosa che avrebbe dovuto essere o comunque mostrato nella terza ed ultima parte della trilogia.

Ci sarebbe anche un’altra considerazione non sempre analizzata in questi lunghi quindici anni. Almeno non in maniera diretta. Essendo una trama in cui i personaggi dei fumetti si muovono in mondo reale, gli sceneggiatori ha posto l’accento anche su un ulteriore dettaglio: i limiti che può avere un supereroe. Ecco, un elemento, fino a quel momento, mai veramente apparso in una storia di fumetti portata sul grande schermo.

I limiti a cui i fa riferimento sono quelli fisici che il personaggio mostra all’inizio del film, sono quelli mentali nei confronti della paura che qualcuno vicino a lui è in pericolo di vita e che poi non riesce a salvare, sono quelli che portano lo stesso eroe mascherato nel raggiungere una vittoria basata, essenzialmente, su una bugia: l’addossarsi la colpa degli omicidi di Harvey Dent Due Facce, intaccando per sempre la propria immagine, fino all’epilogo finale otto anni più tardi.

Limiti che, in base a quello che si è detto e sostenuto fino adesso, trasportano questi personaggi ancor di più nel mondo reale. Una formula che funziona e non solo perché Christopher Nolan è un genio. C’è dell’altro: un particolare che non è, di sicuro, sfuggito a molti. Un dettaglio che ha permesso di dare il via libera attraverso Spiderman ma che ha fallito miseramente con la versione di Superman, del 2013, interpretata da Henry Cavill, ‘Man of steel’.

Questo tipo di operazione: rendere realistici alcuni personaggi provenienti dalle storie a fumetti, quindi da un mondo prettamente fantastico, deve essere studiata, progettata e realizzata solo per quegli eroi il cui mondo può essere facilmente trasportabile nella nostra dimensione. Certo, Sam Raimi ci era riuscito egregiamente, ma nel 2013 con Superman invece no.

Nell’analizzare i limiti torniamo sulla divisione che la critica mostrò sul significato dell’opera cinematografica. Ciò che bisogna ricordare, per non dire anche, sapere che il film venne realizzata sette anni più tardi la tragedia dell’11 settembre 2001. Dunque, era il periodo in cui gli Stati Uniti d’America erano nel pieno della guerra in Iraq e in Afghanistan.

Alcuni critici, quindi, ci trovarono, addirittura, una sorta di metafora dei tempi: spingersi oltre il limite per fermare i terroristi, nella realtà, pensando ai limiti che deve oltrepassare l’uomo pipistrello per fermare gli uomini come il Joker, i quali vogliono solamente vedere bruciare il mondo senza una vera e propria logica.

Altri invece, richiamando il monologo finale, di Harvey Dent sottolinearono come fosse stato importante battere sul concetto che non bisognava cadere al male nonostante i tempi fossero troppo oscuri per poter pensare in maniera più speranzosa e concreta che le cose potessero mutare in meglio.

Cos’altro si potrebbe dire che non si è già detto in questi quindici lunghi su ‘Il Cavaliere Oscuro’? potremmo anche dire che sarebbe meglio fermarci, perché ogni altro commento o giudizio apparirebbe superfluo o comunque retorico. Con ciò non significa che non si può affermare che presenta una trama completa: nel senso che non solo è un ibrido di diversi generi, come abbiamo appurato; non solo i personaggi sono in tutto e per tutto realistici ma, oltretutto, è anche la città di Gotham ad essere non tanto un personaggio principale, quanto la protagonista alla stessa stregua di quelli che agiscono al suo interno per distruggerla o per salvarla.

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