Un’analisi su uno dei movimenti artistici più importanti che definiscono il panorama dell’arte contemporanea

Un tema di grande interesse storiografico e critico è quello dell’accertamento delle ragioni storiche che possono costituire l’antefatto e la premessa stessa di alcuni dei più importanti movimenti artistici che definiscono il panorama dell’arte contemporanea.

Se, per i secoli passati, può ritenersi abbastanza convincente osservare come un orientamento creativo – definibile peraltro secondo una puntuale profilatura stilistica – segua il prodursi dell’affermazione di una Weltanshauung che perimetra una ben individuata temperie storica, a partire dall’Ottocento – e segnatamente dal Movimento degli Impressionisti – occorrerà aver conto di come diventi decisiva l’indicazione di un suggerimento teoretico specifico perché possa darsi ragione di affermazione validamente ritenibile di ciò che viene definita generalmente come una ‘corrente’ e che, più appropriatamente, è da considerarsi, piuttosto, un ‘movimento’.

Tutto ciò ha una sua ben chiara spiegazione nell’enorme accelerazione dei tempi e nel susseguirsi ed accavallarsi di istanze sociali, economiche, scientifiche, morali ecc. che determinano la necessità – nel corso del XIX secolo, per le arti figurative – di approntare risposte significativamente convincenti che possano avere il pregio non solo di fornire una ‘rappresentazione’ dell’esistente, ma anche una proiezione anticipativa nell’orizzonte del futuro.

Il concetto stesso di ‘Avanguardie storiche’, che è l’appellativo entro il cui ambito significazionale si raggruppano, poi, complessivamente molte scelte ed additamenti stilistici del primo ‘900, risponde all’esigenza di raccogliere in una sorta di comune denominatore tante esperienze generosamente prodotte nel quadro di un’azione creativa versata alla sperimentazione ed alla osservazione della contemporaneità.

L’impegno del teorico, all’interno di tale produzione intellettuale e creativa, svolge un ruolo di fondamentale rilievo, che si distingue da quello del critico, e si configura come azione capace di garantire alla produzione artistica un indirizzo che non costituisce motivo di compressione della libertà immaginativa della mente dell’artista stesso, ma certamente il contributo decisivo a fornire una prospettiva di lunga visione per la coerenza produttiva, evitando che questa possa disperdersi in rivoli multipli,  accessori e derivativi, perdendo la capacità di forza che necessariamente accompagna la corrente quando è, invece, opportunamente istradata entro un alveo ben preciso e in sviluppo di scorrimento a partire da una fonte sicura e ben identificata.

A tracciare questa profilatura d’alveo – o, se si preferisce, per potere avere una visione di quadro e di perimetrazione d’indirizzo – soccorre, pertanto,  l’intervento teoretico che si propone come additamento d’un indirizzo, che, talvolta si coagula addirittura entro una sorta di disciplinare programmatico – quali sono, ad esempio, i ‘manifesti’ – ed altre volte si rivela come accompagnamento di percorso all’azione dell’artista e come una sorta di ‘terzo occhio’ del suo intervento creativo, che vale a ‘spiegare’ all’artista stesso il senso del suo impegno produttivo.

La pregnanza della consapevolezza teoretica può valere, insomma, come generosità propositiva di un suggerimento dilatativo – in precedenza o in affiancamento, poco importa – dell’azione propria dell’artista, per poter procedere alla conquista di una pienezza identitaria garantita da una solidità d’impianto che vale a conferire coerenza all’impegno produttivo, e che vale, altresì, ad irrobustire il contributo contenutistico, qualificandone gli spessori di ordine sociopsicologico ed epistemologico.

Nel ritenere opportuno suggerire anche qualche esempio storico di significativo interesse su cui riflettere, scegliamo di lasciar planare la nostra attenzione, in particolare, sul movimento cubista, giacché nel suo ambito è possibile osservare che lo spessore ineludibile del contributo teoretico non solo si manifesta appunto come una sorta di premessa apparentemente non scritta e teorizzata – avendo comunque conto che gli interventi premonitori da Cézanne a Dérain sono tutt’altro che trascurabili – ma si presenta con straordinario vigore nella compiutezza di pensiero che provvede a sviluppare Apollinaire.

Questi, va osservato, fornisce il proprio contributo teoretico seguendo tutta l’evoluzione del Cubismo ed in particolar modo il processo di passaggio del Movimento dalla fase analitica a quella sintetica.

Si potrebbe essere tentati di sostenere che questo tipo di intervento possa essere giudicato piuttosto ‘critico’ che non ‘teoretico’, ma a fugare tale dubbio, non può non giungere la consapevolezza matura che la dirimente tra azione di intervento ‘teoretico’ e ‘critico’ consiste – oltre che nell’anticipazione dei tempi della teoria rispetto a quelli della critica – anche nella definizione del campo di intervento che è certamente ‘di metodo’ nel caso della contribuzione ‘teoretica’ e ‘di merito’, invece, nel caso di quella ‘critica’.

E questa cosa è ben visibile, infatti, anche quando, come nel caso del Cubismo, il contributo teoretico non solo precede, ma addirittura affianca l’azione creativa dei suoi corifei, come Braque e Picasso, spiegando, in tal modo, quanto prezioso ed ineludibile posso essere il beneficio di un suggerimento propositivo e comunque anticipatore (il contributo teoretico, appunto), anche quando si trova ad affiancare – per parallelismo di tempi – l’azione propriamente creativa.

Ciò spiega molto bene come, quindi, anche il Cubismo – come tutti gli altri Movimenti del secolo del ‘900 e non solo, quindi, quelli cosiddetti d’avanguardia –   debba essere necessariamente considerato ancorato ad una profilatura teoretica, che, nel caso del Cubismo in ispecie, si configura sia di indirizzo iniziale che di accompagnamento di un movimento.

Avremo prova convincente di ciò, peraltro, se consideriamo, infatti, come lo svolgimento dell’azione  intellettuale di Apollinaire nella profilatura teoretica del Cubismo, debba considerarsi ampiamente distesa su un gradiente temporale che si misura dalle premesse cézanniane, per protendersi fino alle più mature evoluzioni ‘di stile’, che andranno addirittura a lambire le ragioni stesse surreali, quando, ad esempio, Picasso vorrà decidere di mostrare una sua sensibilità d’interesse per quelle plaghe produttive.

Sarà proprio la pienezza della convinzione teoretica, inoltre, ciò che potrà definire l’individuazione della dirimente tra Astrattismo e Cubismo (che pur operano entrambe in un ambito sostanzialmente ‘geometrico’) con la profilatura di una netta distinzione di campo tra la vocazione ‘analitica’ propria e distintiva dell’Astrattismo e quella, invece, ‘scompositiva’ del Cubismo i cui pregressi ancestrali possono esser fatti risalire addirittura già alla temperie cinquecentesca, nei modi, tra gli altri, di Luca Cambiaso, e, non meno, a delle sensibilità figurative di cui troviamo qualche testimonianza all’interno stesso della pratica miniatoria medievale.

E ciò vale, evidentemente, al di là del fatto che, nello specifico di una definizione di contingenze evolutive temporali, alla fase aurorale della temperie cubista sia stato conferito l’attributo di ‘analitica’, che, appunto, proprio perché mero attributo di distinzione identificativa di comodo e, quindi, ‘denotativa’, non può essere confuso con la vocazione, invece, propriamente ‘qualificativa’ della disposizione ‘analitica’, e, quindi, ‘connotativa’, dell’Astrattismo.

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