Con lo speciale interamente dedicato alla sfortunata figura di Brandon Lee inauguriamo una nuova rubrica: Storie di Cinema

Sembra la scena di un film. Si, una delle tante a cui che ci hanno abituato in tutti questi anni sotto la collina di Hollywood. Sotto la collina più famosa del mondo. E’ come qualsiasi copione che si rispetti, in questa scena, c’è un protagonista. Ce ne sarebbero due, ma uno lo è del tutto involontario, in negativo e ancora non lo sa. L’attore principale sta prendendo parte alla trasposizione cinematografica di un fumetto dark e con una trama che mette davvero i brividi.

È pronto per il ciak, ha indosso i costumi di scena e non aspetta altro che il ‘via’ del regista. Anche gli altri interpreti che dovranno partecipare a quella ripresa sono pronti. Lo stesso attore è ben consapevole che, una volta terminate le riprese di quel lungometraggio, il pubblico potrebbe, una volta che il film sarà approdato nelle sale, decretare la sua consacrazione staccandosi, una volta per tutte, da una pesantissima eredità paterna che lo ‘perseguita’ da quando era nato.

Lo sanno molto bene tutti nel set di quel film che, molto probabilmente, sbancherà i botteghini cinematografici di ogni parte del mondo una volta uscita nelle sale. Il regista dà l’ok per l’inizio della scena. Sono tutti in posizione e l’attore principale fa il suo ingresso sulla scena. Il suo personaggio entra nella propria casa. L’altro attore ha una pistola e deve usarla. Si arriva al momento in cui deve sparare e lo fa. Un solo colpo e l’attore principale cadde a terra. La scena è buona, il copione è stato rispettato.

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Anche se per molti la scena sarebbe un’altra in cui il fattaccio sarebbe accaduto.  C’è sempre l’attore principale che parla, gesticola, ironizza come vuole la sceneggiatura. Con lui c’è sempre anche l’altro attore che ha, anche in questa occasione, una pistola e deve usarla. Si arriva al momento clou, dove l’azione entra nel vivo grazie ad una battuta da parte dell’attore principale: Schiaccia il grilletto Funboy, un colpo e ti togli il pensiero. Vengono sparati alcuni colpi e l’interprete principale anche in questo caso cade a terra come prevede la sceneggiatura.

Viene annunciato lo stop delle riprese e mentre tutti quanti iniziano a rilassarsi è proprio in quel momento che la tragedia sta per avere inizio. L’attore principale non si muove più. E’ rimasto sul pavimento immobile. Si capisce subito che è successo qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere. Secondo le cronache dell’epoca, pare che ad accorgersi fu la sua ragazza, Elizabeth Hutton, la quale lavorava allo stesso film come assistente alla produzione.

In un secondo momento anche il regista rilascerà delle dichiarazioni in cui afferma di essersi avvicinato all’attore di aver notato che una macchia rossa si stava espandendo sul pavimento troppo velocemente. All’attore gli vengono prestati i primi soccorsi e vengono chiamati i paramedici.

Verrà trasportato in ospedale, al New Hanover Regional Medical Center, dove morirà sotto i ferri una lunga operazione nel tentativo di salvargli la vita. Nella struttura sanitaria si scoprirà l’atroce verità: l’attore muore per una ferita all’addome, uno dei proiettili sparati non era di scena ma era purtroppo reale. Fu così che in quell’anonimo 31 marzo del 1993, a Willmington nello Stato della Carolina del Nord, se ne andava, a soli 28 anni, Brandon Bruce Lee, figlio della leggenda delle arti marziali, Bruce Lee, morto anche lui in circostanze misteriose.

Entrambi ad un passo dalla fama e della gloria in vita, che non hanno mai assaporato, perché scomparsi troppo giovani. Bruce Lee morì per un malore improvviso all’età di soli 32 anni. Eppure, fra di loro c’è un ulteriore legame, sempre relativo al cinema; forse ancor più inquietante. Per una stranissima coincidenza, nel 1973 e a pochi mesi dalla sua scomparsa, Bruce Lee stava girando un film in cui doveva interpretare la parte di un attore di cinema di arti marziali che aveva sfidato la mafia cinese.

Proprio durante le riprese del suo ultimo film, veniva ucciso da un proiettile vero. Il titolo del film: Game of death – Il gioco della morte. Coincidenza? Fatalità? O la morte di Brandon Lee venne ispirata proprio da tale scena per incassare il maggior numero di soldi possibili?

A distanza di 30 anni esatti i dubbi, le ipotesi, per non dire anche le illazioni su quella tragedia si sono sempre susseguite ogni volta che annualmente cadevano i due anniversari. Alla fine, comunque, è inevitabile: parlare della morte dell’uno non esclude in alcun modo analizzare la misteriosa scomparsa dell’altro. In questo caso, però, si dovrebbe fare un’eccezione. Oggi, in questo lungo speciale ci sarebbe solamente da ricordare la figura di Brand Lee e la sua breve vita, la sua breve e promettente carriera nel mondo del cinema, ma quel tragico giorno non potrà essere escluso.

Nato a Oakland, nello Stato della California il 1° febbraio del 1965, Brandon Lee era il primogenito del fuoriclasse delle arti marziali, Bruce Lee, e di Linda Emery, una futura scrittrice americana. Sua sorella Shannon, invece, nacque quattro anni più tardi.

I primi anni di vita del futuro attore trascorsero senza troppi ostacoli, considerando la tragedia che lo toccò in prima persona il 20 luglio del 1973, la scomparsa di suo padre Bruce, appunto. Quando accadde aveva solamente otto anni e all’epoca viveva a Hong Kong dove lavorava l’illustre genitore.

La sua famiglia si era trasferita nell’allora colonia britannica quando Brandon aveva solamente tre mesi e dopo la morte del padre tornò con la madre prima a Seattle, dove Bruce venne seppellito, e poi a seguire in California. Esattamente in uno dei tanti sobborghi di Los Angeles, a Rolling Hills.

Se comunque, al di là della dramma che lo colpì, la sua infanzia fu abbastanza tranquilla, Brandon Lee, nei due periodi della giovinezza, imparò diverse lingue. Non solo l’inglese, ma anche il cinese e il cantonese. A pochi mesi dal diploma pare che si fece espellere dall’istituto che frequentava per insubordinazione, era il Chadwick High School. Fortunatamente riuscì a conseguirlo poco tempo dopo.

Non si sa quanto pensasse alla recitazione in quegli anni, Brandon. È vero che venne iniziato alle arti marziali da suo padre, prima, seguito, poi, dall’attore e artista marziale Dan Inosanto, grande allievo di Bruce Lee. Molto probabilmente la perdita subita instillò nel giovane Brandon l’intenzione di intraprendere la carriera di attore ma gli inizi, come vedremo, non furono affatto facili. Dovuti, soprattutto e come indicato in precedenza, dall’eredità che si portava dietro.

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