Ultimo appuntamento con l’analisi e la scoperta del fumetto giapponese

Era incominciato tutto con ‘Capitan Harlock’ con la scusa di omaggiare Leji Matsumoto, scomparso quasi sette settimane orsono, ma la voglia, per non dire la curiosità, di andare in fondo e scoprire qualcosa di più di questa particolare dimensione dei fumetti ci ha portato molto oltre. Attraverso un viaggio durato altre sei settimane, compreso questo giovedì, abbiamo cercato di analizzare, seppur in modo semplicistico, gli elementi essenziali dei manga, i fumetti giapponesi.

Partendo dalle origini abbiamo rivelato poi i generi, le tipologie, come si leggono e soprattutto la differenziazione tra manga, appunto, e anime. È naturale, dunque, che quest’ultimo capitolo fosse interamente dedicato al primo manga della storia apparso, per la prima volta, nel 1947. Contrariamente da quello che si potrebbe pensare, l’opera che andremo ad analizzare, seppur brevemente, non è stata ispirata da nessuna idea originale.

Osamu Tezuka, l’autore della storia e quindi del fumetto, trasse la sua ispirazione da un romanzo diventato una pietra miliare della letteratura mondiale: L’isola del tesoro, di  Robert Louis Stevenson. Mantenendo per intero il titolo originale, Tezuka, chiamò la sua opera fumettistica: La nuova isola del tesoro.

Prima del successo Osamu, che nella sua lunga vita fu non solo fumettista ma anche scrittore, regista e produttore giapponese, ci provò con una storia a strisce che non attirò l’attenzione sia del pubblico che della critica. Il titolo era: Maa-chan no nikkichò. Era, in verità, una serie di fumetti in vengono raccontate le avventure di un bambino. Con questa serie di appuntamenti, per un paradosso, getterà le basi del fumetto giapponese così come lo abbiamo analizzato in queste settimane.

Quelle stesse basi che ritroveremo proprio nella trama liberamente ispirata al romanzo capolavoro di Stevenson, L’isola del tesoro appunto. Sia il pubblico, come anche la critica, furono impressionati nel modo in cui furono organizzate le tavole. Rispetto alle innovazioni portate da Tezuka, i manga fino a quel momento erano statici. Non presentavano una dinamicità come la sua opera, con un taglio quasi cinematografico. Un qualcosa che mutò radicalmente e per sempre il modo di realizzare i disegni e soprattutto ribaltando i canoni del passato usufruiti fino a quel momento.

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