Le iniziative contro i disturbi alimentari si protrarranno per tutto il mese di marzo

Continua l’analisi sui vari casi di disturbi alimentari dopo il primo articolo pubblicato ieri, in occasione della Giornata Nazionale contro i disturbi alimentari. In verità, sempre ieri, il 15 ha rappresentato il giorno clou per una serie di iniziative, menzionate sempre nell’appuntamento di ieri, che si protrarranno, per tutto il mese di marzo.

Bulimia

La bulimia nervosa è caratterizzata da abbuffate (mangiare grandi quantità di cibo in breve tempo, insieme alla sensazione di perdita di controllo su questo comportamento) seguita da azioni «compensative» come il vomito autoindotto, il digiuno e/o l’esercizio fisico eccessivo. A differenza dell’anoressia nervosa, le persone con bulimia possono rientrare nell’intervallo normale per il loro peso, ma come le persone con anoressia, spesso temono di ingrassare, vogliono disperatamente perdere peso e sono profondamente insoddisfatte delle dimensioni e della forma del loro corpo.

Secondo il DSM-5 per parlare di bulimia devono presentarsi i seguenti criteri diagnostici:

Le abbuffate ricorrenti consistono di mangiare per un determinato periodo di tempo quantità di cibo superiori rispetto alla norma. Ovvero un consumo di grandi quantità di cibo indipendentemente dalla percezione di fame e con la sensazione di perdita di controllo (ad esempio: mangiare un pacco intero di merendine subito dopo un pranzo completo).

L’individuo ha la sensazione di perdere il controllo durante l’abbuffata.

La presenza di condotte di compenso (o atti compensatori), finalizzate a neutralizzare gli effetti delle abbuffate, come il vomito autoindotto (che è il comportamento di compenso più frequentemente utilizzato), l’assunzione impropria di lassativi e diuretici, o la pratica eccessiva di esercizio fisico.

Una continua ed estrema preoccupazione per il peso e le forme corporee.

Le abbuffate sono vissute in genere con estrema vergogna e disagio; spesso sono associate a momenti di solitudine, di stress, di sensazione psicologica di vuoto o di noia, ed il cibo viene rapidamente ingerito in maniera scomposta, incoerente ed eccessiva.

Le abbuffate e gli atti compensatori devono verificarsi in media una volta alla settimana per tre mesi.

I livelli di autostima sono dettati dalla forma fisica e dal peso.

Bulimia nervosa: come si manifesta?

“Da due anni quando mi guardo allo specchio o quando faccio caso al mio corpo. Mi sento sgradevole; è difficile da spiegare, ma è come se mi facessi schifo, disgusto. Guardo le mie cosce o la mia pancia e mi sembra di vedere tanta ciccia o cellulite. Solo quando riesco a mangiare poco, mi sembra di essere a posto e non volgare, e quindi spesso mi metto a fare lunghi digiuni o diete ferree. Il problema è che poi o perché sono soddisfatta di me e mi voglio premiare o perché mi sento depressa e non ne posso più della dieta, mi concedo di interrompere la dieta. A quel punto, in un attimo mi risento uno schifo e mi ritrovo ad abbuffarmi di schifezze e ricomincio con abbuffate e vomito. Più mangio e più mi viene voglia di provocarmi il vomito; però poi più vomito e più mi sento uno schifo e ho voglia di mangiare. Mi sembra di non riuscire a pensare ad altro che al cibo: o perché non mangio, o perché mangio, o perché devo eliminare quello che ho mangiato”.

Quello descritto da Laura è un esempio dell’esperienza delle pazienti bulimiche e del circolo vizioso che si viene a creare tra abbuffate e condotte tese a controllare il peso.

Tale circolo tende ad auto perpetrarsi tra preoccupazione per il peso, dieta ferrea, abbuffate e condotte di compenso. Paradossalmente la dieta ferrea aumenta la probabilità e la frequenza delle abbuffate. Queste aumentano la probabilità del vomito o di altre condotte eliminatorie e così via.

Tra l’altro l’esposizione ad una continua restrizione calorica ed alla perdita di peso può provocare sintomi quali depressione, ansia, ossessività, irritabilità, labilità dell’umore, sensazione di inadeguatezza, affaticamento, preoccupazione per il cibo, scarsa concentrazione, isolamento sociale e forte spinta ad abbuffarsi.

I soggetti bulimici generalmente hanno un peso normale, cosa che rende il disturbo più difficile da identificare (rispetto per esempio all’anoressia, facilmente individuabile per la significativa perdita di peso).

Si tratta di un disturbo dell’alimentazione che usualmente insorge alla fine dell’adolescenza o all’inizio della giovinezza ed è molto più frequente nel sesso femminile (9 a 1 nel rapporto con il sesso maschile).

L’esordio si ha generalmente in un’età compresa tra i quindici e i venticinque anni, con un picco nella fascia d’età che va dai 17 ai 19. Sono comunque descritte anche forme precoci, in età infantile, e tardive.

Le complicanze mediche, spesso sottovalutate, sono conseguenti sia delle abbuffate sia delle condotte di compenso. Il vomito ripetuto e l’abuso di lassativi o diuretici inducono scompensi dell’equilibrio elettrolitico, soprattutto riducono i livelli ematici di potassio, con serie ripercussioni a livello cardiaco, renale, cerebrale. Gastriti, esofagiti, emorroidi, prolasso rettale sono tra le altre patologie secondarie al vomito frequente e all’abuso di lassativi. Il vomito ripetuto, inoltre, può condurre ad una cospicua e permanente perdita dello smalto dentale, specialmente dei denti incisivi; questi diventano scheggiati, intaccati. Inoltre, aumenta la frequenza delle carie.

Quelle elencate sono solo alcune delle conseguenze della bulimia. Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disordini alimentari possono diventare una condizione permanente e nei casi gravi portare alla morte, che solitamente avviene per suicidio o per arresto cardiaco.

Bulimia nervosa: come guarire

La terapia cognitivo-comportamentale è un trattamento di provata efficacia per la bulimia nervosa.

Obiettivo principale del trattamento è, innanzitutto, quello di normalizzare il comportamento alimentare. I pazienti devono riacquistare accettabili attitudini nei riguardi del cibo e modificare la convinzione che il peso costituisca l’unico o il principale fattore in base al quale valutare il proprio valore personale.

Il primo passo consistente in interventi cognitivi tesi a interrompere il circolo vizioso restrizione-abbuffata-vomito, attraverso procedure come colloqui informativi e motivazionali, concettualizzazione del disturbo e condivisione con il paziente. Vengono usate anche tecniche di automonitoraggio come i diari alimentari o la registrazione delle emozioni e pensieri che accompagnano i sintomi.

L’obiettivo è riabituare il paziente a un’alimentazione corretta, regolarizzando la frequenza dei pasti e utilizzando attività alternative alle abbuffate o alle condotte eliminatorie.

In una seconda fase il trattamento mira a rendere stabile il nuovo comportamento alimentare e, soprattutto, a ridurre l’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme corporee.

Vengono poi usate procedure cognitive per identificare e modificare le idee disfunzionali alla base del disturbo e tecniche comportamentali. Tra queste in particolare si usano la procedura di esposizione e prevenzione della risposta, che consiste nell’assunzione di cibo alla presenza di un operatore e in condizioni in cui le condotte di compenso vengono bloccate. La terza fase prevede l’applicazione di procedure finalizzate a mantenere i risultati raggiunti durante il trattamento. Per far ciò, vengono usate strategie di prevenzione delle ricadute e tecniche che mirano ad aumentare la capacità di fronteggiare le situazioni critiche per il paziente.

Il trattamento psicoterapico è frequentemente associato a una terapia farmacologica. I farmaci elettivi nel trattamento di tale disturbo sono gli antidepressivi appartenenti alla categoria degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI).

Il trattamento farmacologico si è dimostrato efficace nella riduzione della frequenza delle abbuffate, del vomito, delle ruminazioni sul cibo e sul peso. Inoltre, produce un miglioramento dell’umore e aumenta la collaborazione alla psicoterapia. Il limite della terapia farmacologica è nella stabilità degli esiti: se non accompagnata da psicoterapia, sono frequenti le ricadute.

Nella gran parte dei casi la terapia della bulimia è ambulatoriale. Nei casi più gravi e resistenti si può optare per trattamenti di tipo residenziale (ospedale, day hospital, comunità terapeutica).

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