Nacque a San Giorgio a Cremano il 19 febbraio del 1953

Auguri, Massimo. Si, iniziamo così, senza troppi fronzoli, senza troppi giri di parole. Iniziamo con l’augurargli, dovunque lui, sia tanti auguri per quelli che oggi sarebbero stati 70 anni pieni e vissuti, sicuramente, sempre sulla cresta dell’onda. Certo, facile a dirsi, visto che ci ha lasciato, per quella sua lunga dormita, da quasi trent’anni. Facile fantasticare su cosa sarebbero stati questi anni sé quel cuore maledetto non lo avesse tormentato già nell’età della giovinezza.

Già, la giovinezza. Massimo Troisi è ancora nell’età di coloro che non invecchieranno mai. Aveva 41 anni in quel maledetto pomeriggio del 4 giugno del 1994. La notizia della sua scomparsa fu come un fulmine a ciel sereno che cadde su tutto il mondo del cinema e non solo, anche per chi lo aveva seguito fin dagli esordi e per chi, magari, lo conosceva senza mai averlo capito abbastanza o addirittura per niente. La storia è risaputa, raccontata più volte; anche attraverso nuovi dettagli che vanno ad arricchire e completare gli aneddoti che nel corso di questi lunghi ventinove anni si sono susseguiti.

In quel periodo, Massimo Troisi stava uscendo con un suo film, tutto nuovo e tutto particolare. Molto diverso dagli altri che aveva girato fino ad allora. L’ultimo suo grande successo era datato 1991 con il titolo: Pensavo fosse amore, invece era un calesse.

Dicevamo di quello che fu l’ultima sua fatica: l’idea gli venne leggendo un libro di uno scrittore sudamericano, il quale narrava la storia di amicizia tra un postino ed un illustre poeta nel periodo degli anni ’50. Un fatto realmente accaduto nell’isola in cui verrà girato e ambientato la pellicola: Il Postino. Un film che gli valse l’oscar postumo perché quella trasposizione cinematografica, Massimo Troisi, la voleva girare con il suo cuore e non con quello nuovo che gli stava per arrivare, grazie ad un trapianto, alla fine di quello stesso anno.

Massimo nacque a San Giorgio a Cremano il 19 febbraio del 1953 da Alfredo Troisi, il quale morì cinque anni dopo di lui, e da Elena Adinolfi, la quale morì nel 1971, quando Massimo era pressappoco un diciottenne. Ma già da qualche anno prima la sua salute ebbe una svolta negativa ed irrimediabile: a causa di una febbre reumatica, la valvola mitralica del suo muscolo cardiaco subì una degenerazione.

In merito a questo colpo subito, in un’intervista effettuata qualche anno più tardi, confessò che quando aveva sui 14 o 15 anni di trovarsi a letto e di ascoltare, come un adulto, i discorsi che i suoi genitori in cucina sul suo problema. Su cosa si poteva fare per risolverlo.

Nonostante questa batosta che lo aveva colpito decise comunque di realizzare sé stesso e attirato dall’arte, in particolar modo del teatro, incominciò a scrivere poesie. Proprio in quello stesso periodo esordì sul palcoscenico con alcuni amici d’infanzia, tra cui anche Lello Arena. Più tardi arrivò l’incontro con Enzo De Caro, fondando poi così il leggendario trio conosciuto come ‘La Smorfia’; il resto, poi, è storia della comicità e non solo.

Si, non solo. Perché quando pronunciamo il suo nome ci viene in mente un certo di tipo di comicità che forse, al giorno d’oggi, difficilmente, viene ancora proposto: il cabaret. Un cabaret diverso, moderno per l’epoca e che non si faceva scrupoli di prendere in giro qualsiasi tipo di situazione. Un modo di realizzarlo istintivo, ma con oculatezza e senza strafare.

Con scenette e battute entrate nell’immaginario collettivo, come quella di San Gennaro, quella dell’Annunciazione e il dialogo, non molto probabilmente, non proprio ironico nelle fondamenta da parte dello stesso Troisi con l’Onnipotente e se ne potrebbero ricordare tutti, in particolare modo quelli proposti durante le puntate della storica trasmissione ‘Non Stop’.

Con l’esordio cinematografico, invece, Massimo Troisi spiccò il volo. Da quel momento tutti quanti lo cercavano, da quel momento era diventato in tutto e per tutto il talento più puro e completo che era in circolazione in Italia. Un talento che era considerato l’erede naturale di Eduardo De Filippo e Totò. Semmai l’incrocio perfetto fra i due per raccontare le situazioni di tutti i giorni scherzandoci sopra con la classica filosofia napoletana, ovviamente in modo ironico; fruendo sempre la tematica sentimentale, rendendola mai banale.

Arrivarono altri film che confermavano il suo stile, il suo marchio di fabbrica. Quel modo di parlare afasico che lo rendeva unico nel suo genere e nel modo di porsi. Dopo ‘Ricomincio da tre’, vennero realizzati: ‘Scusate il ritardo’, ‘Non ci resta che piangere’ con Roberto Benigni; ‘Hotel Colonial’, ‘Che ora è?’ con Marcello Mastroianni, ‘Le vie del Signore sono finite’, ‘Il viaggio di Capitan Fracassa’, ‘Le vie del Signore sono finite’, il già citato ‘Pensavo che fosse amore invece era un calesse’ e per concludere ‘Il Postino’.

Abbiamo detto dell’arte, del teatro, delle poesie, della recitazione, del cabaret e del primo ed ultimo film che aveva realizzato. Ma la sua grande passione, oltre che le donne, era il calcio. Nonostante i problemi che lo assillavano non si tirava mai indietro per giocare una partita con amici, in privato, e anche in occasioni pubbliche, con la nazionale italiana attori.

Celebre è la foto o anche le immagini di repertorio di un’intervista, in occasione di una partita di beneficenza, insieme a Diego Armando Maradona. Si sostenere sé la sua salute glielo avrebbe permesso sarebbe diventato calciatore? Chi può dirlo, anche se in fondo, come detto, era una la sua grande passione.

Ma la storia non si fa né con i sé e, appunto, neanche con i ma. È andata così. è andata che il destino ci ha regalato un talento più unico che raro, strappandocelo via nel momento più interessante. Anche qui ci sarebbero altri quesiti, altri dubbi che sono rivolti a quell’oscar giunto postumo e la domanda non la vogliamo neanche trascrivere. Forse sarebbe arrivato ugualmente.

Di lui cosa rimane? Molto, tanto. Un’infinità di ricordi che si materializzano in film, scenette divertenti, battute memorabili, sketch con gli amici di una vita, quelli appartenenti alla sua vita privata e quelli sul palcoscenico. E ancora: interviste, le quali, erano per lo più uno show improvvisato e divertente. Su di lui ci sarebbero ancora tante e tantissime cose da dire ma si rischierebbe di essere prolissi e anche retoriche.

Allora, chiudiamo qui questo piccolo ed umile omaggio ad un gigante del cinema italiano, finendo così come abbiamo iniziato: Tanti Auguri di Buon Compleanno, Massimo Troisi.

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