Nel giorno di una delle semifinali del Mondiale, ricordiamo uno dei più grandi protagonisti indiscussi della storia del calcio

Il calcio è stato spesso caratterizzato da personaggi istrionici e, a loro modo, geniali: Nils Liedholm, per il quale nel 2022 ricorre il centenario dalla nascita, detto il barone per modi e signorilità, di certo può essere annoverato fra questi. Una vita professionale trascorsa quasi interamente in Italia: prima da calciatore nel Milan (in cui militò insieme agli altri 2 svedesi Gren e Nordahl formando il noto trio Gre-No-Li) poi da allenatore lasciando un segno indelebile al Milan e alla Roma.

Alcuni lo hanno definito uno svedese atipico a causa della sua proverbiale scaramanzia; memorabili, in questo senso, alcuni aneddoti raccontati da chi ha avuto modo di conoscerlo. Da calciatore fu straordinaria la sua esperienza al Milan con cui collezionò 394 presenze segnando 89 gol arrivando ad indossare la fascia da capitano e vincendo 4 scudetti.

Con la maglia della nazionale svedese scese in campo 23 volte e realizzò 12 reti; in particolare ricordiamo, oltre alla vittoria olimpica del 1948, il secondo posto raggiunto ai mondiali, disputati in casa, del 1958 in cui la Svezia si arrese in finale solo al formidabile Brasile di un diciassettenne Pelè che proprio in quei giorni iniziava a stupire il mondo.

La partita terminò, infatti, 5-2 ed una delle reti dei brasiliani fu messa a segno proprio da “O rei” al termine di una stupenda azione condita da un pallonetto con cui si liberò della marcatura di uno degli avversari. Tornando a Nils Liedholm, possiamo dire che aveva una classe ed un carisma innati e con il suo aplomb tipicamente nordico riusciva spesso ad ammansire stampa e tifoseria.

A Roma introdusse il gioco a zona, abbandonando il classico libero per affidarsi alla cosiddetta ragnatela: chi aveva la fortuna di sedere sugli spalti dell’Olimpico in quegli anni assisteva ad una serie costante e metodica di passaggi, un possesso – palla affidato alla sapiente regia di Falcao e Di Bartolomei. Questo contesto di gioco esaltava, poi, le caratteristiche di Conti e Nela che con le loro incursioni e improvvise accelerazioni fornivano agli attaccanti, Pruzzo in primis, le occasioni per concludere. Nils Liedholm in panchina e il presidente Dino Viola in società rappresentarono il binomio che, ad inizio anni ‘80, portò la Roma a trionfare in Italia ed a sfiorare il tetto d’Europa.

Questo fu dovuto di certo oltre che alle indubbie qualità tecniche di allenatore e calciatori anche ad un radicale cambio di mentalità per molti determinato anche dall’arrivo di Paula Roberto Falcao, brasiliano atipico che ai virtuosismi preferiva l’efficacia tecnica. Il centrocampista fu probabilmente l’emanazione di Liedholm in campo, colui che riuscì a portare sul rettangolo di gioco i concetti della zona teorizzati dal barone.

Celebre è un episodio legato a proprio a Falcao: verso la fine del campionato 82/83 la Roma prima in classifica perse in casa contro la Juventus vedendosi assottigliare il vantaggio in termini di punti proprio sui bianconeri; a quel punto Falcao, notando un ambiente preoccupato e sentendo la necessità di intervenire partecipò a una trasmissione televisiva in cui si mostrava fiducioso nella vittoria finale. Proprio il Brasiliano portò la Roma in vantaggio nella successiva trasferta di Pisa esultando, poi, rimboccandosi le maniche.

Questo, come altri episodi rispecchiano un mondo del calcio in cui la vera indole dei personaggi, la loro umanità veniva fuori in mille modi, un modello di sport lontano anni luce dalla standardizzazione e dagli stereotipi attuali.

Alcune immagini sono prese da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo alla redazione, indirizzo email  freetopix.magazine@libero.it che provvederà prontamente alla rimozione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *