Le modelle sono sempre state croce e delizia degli artisti: ispiratrici di grandi opere d’arte e, spesso, amanti appassionate

La più celebre, forse, tra le modelle, è stata Frine, il cui vero nome era Mnesàrete (che vuol dire modello di virtù); ed ella era una etera, qualcosa di simile a ciò che s’intende oggi per ‘escort’ e che, forse, però, per gli antichi Greci era più simile al concetto orientale di geisha.

Insomma, Frine, come ci è noto dalle fonti antiche, fu al centro di un celebre episodio giudiziario in cui, al processo intentato contro di lei, riuscì ad impietosire i giudici di assolverla, denudandosi e convincendoli, quindi, che non si poteva condannare la bellezza.

Alcune fonti mettono in dubbio l’episodio, ma fatto è che Frine viene accreditata di aver posato per Prassitele nella famosa ‘Afrodite Cnidia’, di cui altre fonti antiche, però, sostengono che la modella sarebbe stata un’altra etera, di nome Cratine.

Prassitele, Afrodite Cnidia

Dopo Frine, cambieranno minimamente le cose? Nient’affatto: e gli artisti continueranno a servirsi di modelle per la realizzazione delle loro opere d’arte, andando spesso a sovrapporre l’interesse meramente professionale con la più semplice ed emergente passione sensuale.

La storia dell’arte ci consegna moltissime narrazioni di celebri relazioni sia artistiche che sentimentali, sviluppatesi nel chiuso degli studi d’artista.

Alcune modelle sono rimaste, di fatto enigmatiche e difficilmente identificabili non solo nella loro personalità storica, ma anche nel ruolo specifico che hanno avuto nella ispirazione dell’artista.

Leonardo, La Gioconda

Raffaello, La Fornarina

La più celebre, in tale prospettiva, è senz’altro la protagonista della ‘Gioconda’ leonardesca, una figura enigmatica di cui è giusto suggerire una considerazione che ne colloca il ruolo tra modella d’artista e modello di ritratto.

Qui, come ben si comprende, le cose si complicano notevolmente, giacché quello della ritrattistica è senz’altro un genere specifico della pratica creativa artistica e richiede certamente lunghe sedute di posa in cui, però, la ratio del rapporto tra artista e soggetto in posa non ha quelle caratteristiche particolari che distinguono e connotano la relazione artista-modella.

Certo, valgono nel caso del ritratto anche aspetti particolari che non sono ininfluenti per la determinazione dell’impostazione stessa dell’opera. Raffaello, ad esempio, nella celebre ‘Fornarina’ presenta un’immagine di donna seminuda di cui è difficile accreditare l’identità precisa, cosa questa che lascia allontanare l’ipotesi – pur non denegandola – di una specificità ritrattistica del dipinto.

Insomma, come nel caso della ‘Gioconda’, anche della ‘Fornarina’ ci sfugge, unitamente con l’identità della persona, anche la finalità dell’opera: ritratto o semplice allegoria?

Di grande interesse, poi, il caso di ‘Paolina Borghese’, ritratta nuda dal Canova.

In questo caso, ci si trova effettivamente di fronte ad una convergenza del dato spiccatamente ritrattistico con la messa in opera di un impianto creativo in cui il soggetto non si ‘limita’ alla sola messa in posa per l’esecuzione del ritratto, ma si presta, piuttosto, ad una esibizione che debba poter valere ad ispirare un contenuto artistico di più ampio risvolto formale nelle forme di una ‘Venere vincitrice’.

  1. Canova, Paolina Borghese

D’altronde, l’aneddotica che accompagna questa celeberrima scultura sancisce in modo certamente leggiadro il processo esecutivo dell’opera, quando ci riferisce, ad esempio, che sarebbe stato chiesto alla donna di indicare se avesse avuto difficoltà a posare nuda, lei, ‘altezza imperiale’, avendone per risposta, che l’ambiente ‘era ben riscaldato’.

E, a maggior sottolineatura della particolare verve che aveva dovuto ispirare la disinvoltura della sorella di Napoleone giunge anche l’altro aneddoto circa il soggetto che avrebbe dovuto avere la scultura da realizzare: ‘Diana vergine cacciatrice’.

‘Io vergine?’, avrebbe chiosato Paolina, ‘ma tutti scoppierebbero a ridere, io vergine, non ci crederebbe nessuno’, meglio ‘Venere vincitrice’.

Al di là della battuta di spirito, il dato che l’aneddoto rivela è abbastanza interessante e giova a sottolineare, appunto, la commistione, non insignificante, tra intreccio di finalità ritrattistica e allegoria, all’interno di uno stesso soggetto, per il quale è richiesta una messa in posa, in qualche caso, come quello  appunto di Paolina per il Canova, abbastanza arrischiata e, comunque, almeno pudicamente giustificata dalla protagonista, col dire che, in fondo, l’artista, per sua particolare natura, non costituiva un problema.

Non solo per il Canova, posò Paolina, ma anche per altri artisti, con non minore generosità, mettendo in rilievo, però, occorre dire, nelle sue pose ufficiali, molto meno evidente la sua personalità di donna e di musa ispiratrice d’artista.

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