Era il suo settimo album ed il migliore in assoluto della sua carriera

Era il gennaio del 1987 un ragazzo di nome Edmund Perry venne ucciso da un poliziotto nella città di New York. L’agente di polizia sostenne che il ragazzo, afroamericano, volesse derubarlo. La vicenda, come spesso succede negli Stati Uniti, alzò un enorme polverone che lo scrittore Richard Price ne trasse la sceneggiatura per un mini-musical della durata di 18 minuti.

No, non era per un cortometraggio da presentare a qualche festival di cinema ma per il ritorno di una stella della musica, la quale si presenterà al mondo totalmente cambiata rispetto a come era stata vista negli anni precedenti. Il videoclip musicale, perché un tempo così venivano chiamati, rappresentava il lancio del singolo che dava titolo all’album e venne girato nella metropolitana della Grande Mela. Il regista? Martin Scorsese. Il cantante: Micheal Jackson. L’album e il titolo della canzone ‘Bad’.

Era il 31 agosto dello stesso anno quando in tutti i negozi di dischi uscì quello che era di fatto la settima raccolta di canzoni inedite di Micheal Jackson. Dal trionfo monumentale di Thriller era trascorsi cinque anni e tutto il mondo era stato intrepida attesa del nuovo eroe della musica.

La sorpresa, però, fu amara per molti: l’immagine del bravo ragazzo afroamericano, della musica pop, disco, funk e groove non esisteva più. Al suo posto c’era un quasi trentenne con la pelle bianca, vestito da metallaro, per non dire punk, in un video che forse con quello di prima non c’entrava nulla. A causa di ciò i pregiudizi su Micheal Jackson aumentarono.

Quello schiarimento di pelle nessuno lo vedeva di buon occhio. La vitiligine e l’incidente durante la lavorazione di uno spot per la pepsi non aiutarono il cantante, il quale subì attacchi da più parti. C’è di più: quando MJ apparve in Bad, il suo personaggio sembrava, apparentemente, schierarsi con i bianchi. In verità, il motivo era un altro. In quello stesso periodo tra i giovani della comunità nera stava impazzando un nuovo genere musicale che, di lì a poco, avrebbe conquistato tutto il mondo: il rap e l’hip pop.

Quello sfogo, prima della canzone con le immagini in bianco e nero, da parte di Jackson nei confronti di un gruppo di ragazzi afroamericani, capeggiati da un giovanissimo Wesley Snipes, voleva essere un monito per tutti i ragazzi che si affacciavano a quel tipo di musica, che era per lo più violenta.

‘Bad’ fu il secondo singolo ad uscire nelle radio il 7 settembre del 1987. Nella registrazione di questo album si puntava a bissare, per non dire a superare il risultato dell’album precedente ‘Thriller’. Micheal Jackson, con il suo produttore Quincy Jones, puntava alle 100 milioni di copie, invece furono molto di meno.

La seconda traccia era rappresentata da ‘The Way you make me feel’, uscito come singolo il 9 novembre del 1987, questa canzone, molto probabilmente, è quella più celebre dell’album, per non dire anche della carriera di Jacko e per diversi motivi. Il primo per il ritmo che trasmette una carica irresistibile, il secondo per il video girato in uno delle zone malfamate della città di New York e terzo per le coreografie di ballo in cui Micheal Jackson osò ancor di più agli altri suoi balletti.

La trama del video sembra apparentemente semplice. Micheal Jackson dimostra ai ragazzi del quartiere come si conquista una donna di turno, che si trova a passare nella loro zona di competenza, senza usare alcun tipo di violenza. In questa seconda traccia, sottinteso anche come questo video musicale, il messaggio sociale arriva forte e chiaro a chiunque ascolta il testo o vede le immagini.

Il long play prosegue con un terzo brano che dal sound adrenalinico. L’accensione di una moto precede le note e i versi di ‘Speed demon’ in cui Micheal Jackson assume un timbro di voce più grintoso del solito, per non dire quasi rabbioso. Il video realizzato sarà integrato nel film da lui stesso scritto e che uscirà l’anno successivo: Moonwalker. Girato in stop motion, nel breve filmato, il Re del Pop, balla insieme ad un coniglio.

Si arriva alla quarta traccia, particolare, lenta, quasi sofferente e il cui video vedrà la presenza di tutte le più grandi stelle di Hollywood di quel periodo. Il titolo è ‘Liberian Girl’. Nel video Micheal Jackson apparirà solamente alla fine, il quale si è divertito a riprendere tutti, nel frattempo, che lo attendevano proprio per realizzare il video musicale.

La quinta traccia era rappresentata dall’ennesimo duetto tra Micheal Jackson e Stevie Wonder una interessante ‘Just Good Friends’ che stranamente, rispetto a tutti i singoli del 33 giri non uscì mai come singolo nelle radio. Una beffa, aggiungiamo noi, considerando il precedente duetto del 1979: più orecchiabile e d’impatto maggiore per l’ascolto, con un sound quasi vicino alla disco music anni ’80.

Come per l’articolo precedente, interamente dedicato al long play ‘Off the wall’, anche qui teniamo conto della vecchia suddivisione dei dischi: lato A e Lato B. Quest’ultima partizione è composta da tutte canzoni iconiche: Another Part Of Me, Man in The Mirror, Dirty Diana e Smooth Criminal.

Il video di ‘Another Part Of Me’ è tratto da uno spezzone di uno dei tanti concerti del Re del Pop che tenne in quel periodo. La data più famosa, in base a quel tour mondiale, fu quella di Liverpool. Il testo racconta di un lato del cantante poco conosciuto ai mass media e al pubblico. Inizialmente, questa canzone non doveva neanche essere contenuta nell’album, venendo incisa persino in una versione differente da come poi l’abbiamo ascoltata dal 1987.

Si arriva, dunque, alla canzone più iconica della carriera di Jackson: Man in the mirror, che tradotto semplicemente significa: l’uomo nello specchio. Un brano non scritto direttamente dal Re del Pop ma da Sideah Garret, che poi sarà la corista, e Glenn Ballard. Ciò nonostante, non sia lui l’autore, Micheal lo trasformerà in uno dei suoi cavalli di battaglia più famosi, impreziosendo il brano con un video composto di immagini storiche di repertorio e di varie performances live di partecipazione e coinvolgimento durante i suoi concerti. Di genere pop, ovviamente, miscelato al soul per poi giungere al gospel più coinvolgente e commovente; per un messaggio che prima sembra solo una questione con sé stesso, quasi come una confessione, per poi estendersi a chi lo ascolta.

Con l’ottava traccia ritorniamo indietro di qualche mese: il 20 luglio del 1987 quando le prime note misteriose e riecheggianti ad un’atmosfera romantica e misteriosa anticipano l’uscita di ‘Bad’ con ‘I Just Can’t stop loving you’. Micheal, questo brano, lo canterà in coppia proprio con la sua corista, Sideah Garrett. Anni più tardi, presumibilmente subito dopo alla sua improvvisa scomparsa, verranno fatte circolare due versioni: una in francese e l’altra in spagnolo.

Con il nono brano si tende quasi a ripetere l’operazione di Beat It e Billie Jean messi insieme, del precedente album di cui ve ne parleremo il prossimo 30 novembre. Dirty Diana è il titolo della canzone. Il suo è sound di un rock energico, quasi cupo, il cui testo parla di una donna misteriosa ed attraente alla quale lo stesso Micheal sembra non resistere nonostante il finale della canzone lasci libera interpretazione di ciò. Il video è stato realizzato durante una performance live del cantante.

Giungiamo a quella che, nella prime edizioni di vendita del disco, avrebbe dovuto essere l’ultima traccia, l’ultima grande canzone che avrebbe dovuto chiudere l’intero long play: Smooth Criminal. Il video, contenuto nel film ‘Moonwalker’, è ambientato nella Chicago degli anni ’30. Paradossalmente, tra le sessanta canzoni che furono registrate, dall’85 al 87, ce n’era una dal titolo ‘Chicago 1945’.

L’ultima canzone è ‘Leave me Alone’. Una canzone polemica, questa di Jackson. Un testo che prendeva di mira chiunque lo attaccasse deliberatamente, soprattutto i mass media che non lo hanno mai lasciato in pace. Rispetto agli altri dieci singoli del 33 giri, ‘Leave me Alone’ è stato pubblicato due anni più tardi; esattamente il 13 febbraio del 1989, venendo incluso in ‘Bad’ come ‘bonus track’.

Il giudizio della critica su questo album, il settimo ricordiamolo, fu abbastanza ingeneroso. Nel senso che, nonostante si possa essere sempre di parte quando si ha a che fare con le opere musicali di Micheal Jackson, la sensazione è quella di un lavoro completo. Non esiste un brano non conosciuto, al contrario: sono tutte canzoni famose.

Se per molti il più grande concerto nella carriera di Micheal Jackson è stato quello di Bucarest nel 1992, per il ‘Dangerous Tour’, l’album ‘Bad’ del 1987 rappresenta la miglior raccolta d’inediti del suo glorioso e leggendario percorso professionale. Neanche ‘Thriller’, considerato l’album più venduto della storia, è riuscito ad avere questa completezza.

Una completezza fondata sullo spettacolo delle coreografie dei video, delle canzoni entrate nell’immaginario collettivo e con messaggi sociali che nei precedenti lavori non erano così marcatamente presenti. Soprattutto una voglia di stupire ancora di più, dopo il video di ‘Thriller’. Nonostante ciò, ‘Bad’ non è riuscito a superare con le vendite il disco predecessore, eppure è da considerare come la sua miglior opera musicali sia in fatto d’incisione, sia dello spettacolo che ha costruito intorno a questo album leggendario.

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