IL TERZO ED ULTIMO CAPITOLO DELLA TRILOGIA USCI’ IL 29 AGOSTO 2012

A 10 anni esatti dall’uscita nelle sale cinematografiche italiane, e dopo aver ricordato i primi due capitoli nei precedenti due articoli, ci occupiamo adesso dell’atto finale di una trilogia che ha rivoluzionato, a suo modo, i canoni dei cinecomics, i quali da allora non sono stati più gli stessi.

Il 2012 è stato sicuramente l’anno dei supereroi, vista l’uscita del primo film dedicato agli Avengers e, nonostante la concorrenza di quasi tutti gli eroi Marvel, Nolan, complice ovviamente l’attesa di vedere il finale di una trilogia che, con “Il cavaliere oscuro”, aveva raggiunto il suo apice, si difende benissimo: infatti il film sfonderà la barriera del miliardo di incassi.

Dal punto di vista tecnico, il regista inglese si conferma ancora una volta un punto di riferimento: 72 minuti girati in IMAX (solo Dunkirk e Tenet raggiungeranno un minutaggio superiore), fotografia straordinaria, possenti scenografie, l’utilizzo di centinaia di comparse e non solo di CGI per realizzare scene di guerriglia urbana tra le migliori mai viste al cinema, la colonna sonora martellante del “solito” e impeccabile Hans Zimmer, rendono questo film un mastodonte, realizzato a immagine e somiglianza dell’imponente villain Bane, interpretato da un’incredibile (è dir poco) Tom Hardy.

È proprio su di lui che bisogna concentrarsi se si vuole capire la portata di questo film e la responsabilità, soprattutto, che ricadeva sulle spalle di questo straordinario attore.

‘The Dark Knight: rises’ doveva infatti essere incentrato sullo scontro finale tra il Joker di Ledger e Batman. Tutti sappiamo come sono andate le cose e, nonostante si avverta la mancanza del personaggio più iconico di tutta la trilogia, che è rimasto nel cuore e nella mente di tutti i fan, Hardy riesce a fornire una prova colossale e il film raggiunge lo scopo che probabilmente Nolan si era prefissato fin dall’inizio.

Otto anni dopo la morte di Dent, Gotham vive un lungo periodo di pace e serenità. Il decreto Dent consente di imprigionare agevolmente i criminali a Blackgate. Tutto però si sorregge su una menzogna, di cui solo il commissario Gordon (Gary Oldman sempre monumentale) e Bruce Wayne sono a conoscenza. È proprio quest’ultimo a essersi ritirato a vita privata, vittima degli acciacchi fisici, della perdita dell’amore della vita (Rachel Daws) e della sconfitta patita a causa del fallimento del suo progetto a energia pulita su cui aveva fortemente investito.

Difatti il suo reattore può essere trasformato in una bomba a neutroni grazie agli studi del dottor Pavel, che infatti viene rapito da Bane all’inizio del film, preannunciando l’imminente tempesta. Lo scopo del nemico è finire l’opera iniziata da Ra’s al Ghul nel primo film, ovvero distruggere Gotham

Con l’ingresso in scena di Selina Kyle, interpretata dalla brava e convincente Anne Hathaway, e l’arrivo di un nuovo nemico, Batman sarà costretto a ritornare in scena.

Il confronto tra Bruce e l’antagonista Bane non finirà bene per il Pipistrello, lasciando la strada spianata al mercenario per imporre un regime del terrore a Gotham City. Batman per la prima volta sarà veramente costretto a guardarsi dentro per guarire ferite insanabili, diventando così finalmente completo e pronto a salvare Gotham una volta per tutte.

Ed è qui che comincia la discesa negli inferi dell’eroe, il quale combatte contro sé stesso e contro i suoi demoni proprio nella prigione che era stata la casa di Bane e di Miranda Tate, alias Talia al Ghul (Marion Cotillard), la quale tradirà Bruce rivelandosi complice di Bane nel voler entrare in possesso del reattore.

Mentre Gotham brucia sotto il controllo del villain mercenario, Batman risorge dal pozzo, elemento che ricorreva anche nel primo film, al grido di “Deshi basara!” che, in lingua marocchina non può che significare “risorgi” per l’appunto.

L’uomo dunque ritrova la voglia di vivere, dopo aver accettato l’idea della morte, ma soprattutto ritrova uno scopo per cui valga nuovamente la pena lottare: la salvezza di Gotham. La città è infatti sinonimo di dolore per l’orfano che, come fatto notare da Alfred in una delle sue confessioni a cuore aperto, non potrà mai essere davvero libero in quelle strade. La rinascita è data anche dalla consapevolezza di dover abbandonare la rabbia, il costume e la città ma non prima vi averla salvata un’ultima volta.

Così l’Uomo Pipistrello compare, per la prima volta in assoluto, alla luce del sole per affrontare Bane, abbandonando le tenebre e capitanando l’attacco definitivo dei poliziotti cittadini.

Tradito da Miranda, e salvato da Selina che metterà fuori gioco Bane (seppur in maniera troppo repentina e non degna del personaggio), Bruce può finalmente compiere il suo destino inscenando la propria morte, prima di riapparire con un abile trucco di magia a Firenze. Guardando dritto negli occhi di Alfred e in quelli dello spettatore, l’orfano si congeda da entrambi, ringraziandoli con un cenno del capo e un sorriso, al termine di questa straordinaria saga cinematografica.

Una saga cinematografica che ha il suo culmine in una scena e in frase, diventata in poco tempo in una massima. Nel momento in cui Batman, dopo aver agganciato al proprio Batwing la bomba che avrebbe distrutto la città e prima di decollare, svela la sua vera identità al Commissario Gordon. Questo è il dialogo per esteso, con tanto di scena condivisa da YouTube:

“Non mi è mai importato chi fossi”.

“E hai fatto bene”.

“Ma Gotham dovrebbe conoscere l’eroe che l’ha salvata dalla morte”.

“Chiunque può essere un eroe, anche un uomo che fa una cosa semplice e rassicurante come mettere un cappotto sulle spalle di un bambino per fargli capire che il mondo non è finito”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *