I primi due capitoli della Trilogia di Nolan uscirono tra il 2005 ed il 2008

“Chiunque può essere un eroe, anche un uomo che fa una cosa semplice e rassicurante come mettere un cappotto sulle spalle di un bambino per fargli capire che il mondo non è finito”.

Quella leggendaria, iconica e commovente frase non appartiene, solamente, ad uno dei finali di trilogia più belli della storia del cinema, no. Appartiene, nella sua essenza, alla storia stessa del grande schermo, oltrepassando di fatto, il genere di appartenenza dell’opera cinematografica in questione.

Era il 29 agosto del 2012, dieci anni fa. In Italia giungeva finalmente il tanto atteso capitolo, il terzo ed ultimo, della nuova saga cinematografica di Batman, quella diretta dal visionario Christopher Nolan: ‘Il cavaliere oscuro – Il ritorno’. Una trilogia iniziata sette anni prima con un film reboot che spiazzò tutti: critica e pubblico. Un primo film a cui, all’inizio, nessuno credeva di poter rappresentare in maniera superlativa uno dei supereroi più famosi della storia dei fumetti.

Si può dire, già dall’inizio, che la pellicola ‘Batman Begins’ ha reinventato i cinefumetti, dandogli nuova linfa e portando la figura del ‘supereroe’ ancora più vicino alla realtà di quanto ci potessimo immaginare. Questo gioiello cinematografico, oltre ad aprire una trilogia irripetibile e su questa prospettiva di impostazione di proposizione di storie, è stato anticipato in maniera velata da un altro personaggio dei fumetti: Spiderman, tra il 2002 ed il 2007.

Il regista, Sam Raimi, dichiarò più volte ai mass-media, in quegli anni, l’intenzione di realizzare dei movies più vicini alla prospettiva adulta che adolescenziale. Il risultato funzionò e l’allora regista inglese, Christopher Nolan, fece sua questa strada tracciata. Ma se Raimi è stato un po’ il precursore, il pioniere per certi versi, Nolan è stato, senza alcuna ombra di dubbio, l’artefice della consacrazione di questa intuizione cinematografica.

Nel vedere il reboot di Batman, uscito esattamente il 18 giugno del 2005 la sensazione che ci accompagna è quella di assistere ad un fumetto per adulti. Immerso nella realtà. D’altronde la storia originale traeva origine, proprio, da un qualsiasi fatto di cronaca giornaliero. Un bambino che si vede massacrare sotto i suoi occhi, durante una rapina, i propri genitori.

Rimasto traumatizzato, il piccolo orfano crescerà con una collera che lo porterà a combattere ogni tipo di criminale. Diventando, per l’appunto, l’uomo pipistrello. Questa ‘trasformazione’ psicologica, nella sceneggiatura di David S. Goyer viene ricostruita senza alcuna forzatura. Nonostante il ritmo sia elevato ogni momento rappresenta la perfetta liason tra un passaggio all’altro.

Vengono soprattutto sottolineati, con battute dirette e non semplificate, l’ideale di giustizia espresso da ogni personaggio che si muove all’interno della trama. Quello stesso ideale di giustizia che muta in Bruce Wayne, prima voglioso di vendetta e poi convinto che la giustizia è armonia.

Il suo girovagare per il mondo. L’essere caduto nel pozzo del giardino di casa propria e venir spaventato dai pipistrelli, prima che i suoi venissero uccisi. E usare quella sua stessa paura per combattere coloro che agiscono ‘per depredare’ sono tutti passaggi chiave di una voglia di agire più di un uomo che di un supereroe, che è maturata nel corso degli anni.

Questa voglia è alimentata da una rabbia magistralmente rappresentata e musicata nella soundtrack dell’immenso Hans Zimmer. Lo scontro finale oltre ad essere adrenalinico è, soprattutto, non la sfida tra il supereroe e il cattivo di turno. Ma tra due ideologie, tra due modi di intendere la giustizia stessa: la prima armoniosa, in cui c’è sempre la speranza, e l’altra assolutamente distruttiva, dove nulla può essere salvato.

Non si può concludere questo ampio pensiero su questo film senza un commento sull’ultimissima scena, tra il Tenente Gordon e Batman. Il poliziotto cerca di ringraziare il misterioso eroe, che gli risponde con un fermo: …e non dovrai mai farlo. In questa battuta c’è tutto un messaggio implicito ma che, di conseguenza, diventa esplicito.

Se ogni persona onesta non si facesse schiacciare dalla paura di denunciare, di combattere la criminalità in tutte le sue sfaccettature certi estremismi non ci sarebbero. Anzi, alcuni esempi, come quello di Batman, sarebbero seguiti. Perché in fondo: non è tanto chi sei, ma quello che fai che ti qualifica.

Su ‘Il Cavaliere Oscuro’ bisogna innanzitutto precisare che, nella maggior parte dei casi, la realizzazione di un seguito non è mai un semplice lavoro. Specie quando il capostipite, il primo film quindi, è stato un vero e proprio successo tra pubblico e critica. Oltremodo, anche, quando il secondo capitolo prevede il rifacimento di uno scontro tra due personaggi iconici dei fumetti.

E’ pur vero che ‘Batman Begins’ ha aperto le porte ad un nuovo modo di rappresentare i supereroi sul grande schermo. E’ anche vero che non ha nulla a che vedere con la trasposizione di Tim Burton nel lontano 1989. Ma è anche vero che in quel lungometraggio i due personaggi iconici che si sfidavano in ‘singolartezone’ erano Batman e Joker.

La trama de ‘Il Cavaliere Oscuro’ è nettamente costruita e sviluppata su questa perenne sfida fra i due che rappresentano il bene ed il male. Non bisogna assolutamente dimenticare che se Christian Bale, grazie alla sua interpretazione, non ha fatto rimpiangere Micheal Keaton nel ruolo dell’uomo pipistrello, anzi. Lo sfortunato Heat Ledger ha fatto sicuramente di meglio.

In quella versione cinematografica del 1989 ad interpretare il clown assassino c’era un esperto di quella tipologia di ruoli. E che esperto si potrebbe aggiungere: Jack Nicholson. Già partecipe di pellicole come ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’ e ‘Shining’, in cui l’attore oggi ultraottantenne ha regalato al pubblico delle prestazioni recitative indimenticabili.

Heat Ledger, in quel ruolo, affermare che è stato di pari livello è poco, dire che lo ha superato è meglio. E superare uno come Jack Nicholson ce ne vuole, tenendo presente che chi sta scrivendo quest’articolo-recensione considerava Nicholson impossibile da superare. Il modo di ridere, il modo di agire, di mettere in scacco tutti coloro che si mettono davanti alla sua strada.

Un modo di fare che esalta di molto, appunto, le doti psicologiche di Joker, annichilendo i tentativi da parte del cavaliere oscuro di ostacolarlo. Batman, quindi, in questa versione perde quasi sotto ogni punto di vista. Perde la sua persona cara, Rachel Dawes, perde perché la sola forza fisica non basta e per dirla alla Joker: tu non hai niente con cui minacciarmi.

Certo alla fine trionfa. Un trionfo sostanzialmente fondato su una bugia, con il semplice scopo di mantenere intatta la fiducia delle persone, di mantenere intatta la fiducia dell’intera città di Gotham City. Una fiducia tutta riposta sul Procuratore Distrettuale Harvey Dent che, durante lo sviluppo della trama, si trasformerà in ‘Due facce’. Il migliore di tutti che cade per opera del Joker, al fine di dimostrare che anche quello più integro può cadere.

Il Cavaliere Oscuro uscì nelle sale di tutto il mondo nel luglio del 2008. Venne presentato dallo stesso Nolan come un incrocio perfetto, si potrebbe aggiungere, tra due pellicole le quali, a loro volta, hanno fatto la storia del cinema: Arancia Meccanica e Heat – La sfida. Quest’ultimo lungometraggio è stato interpretato da Robert De Niro ed Al Pacino.

Sia la lavorazione della pellicola, che la post-produzione della medesima, ha registrato due tragedie, bollandolo a sua volta come film maledetto. La morte di uno stuntman, durante l’inseguimento dei camion, e, pochi giorni dopo la chiusura del set cinematografico, la tragica scomparsa di Heat Ledger hanno, in qualche modo, attirato ancora di più l’attenzione sia del pubblico in generale che della critica in generale.

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