Real Madrid e Champions League: un binomio che significa storia

28 maggio 2022, in altre parole domani sera. Allo Stade de France di Parigi si sfideranno, per la terza volta in quarant’uno anni in finale, Real Madrid e Liverpool. Due squadre che non avrebbero alcun bisogno di presentazione. Due squadre che nella loro lunga storia sono, di fatto, la Champions League o comunque la vecchia Coppa dei Campioni. Eppure, quando si pensa solo al Real Madrid c’è solo una parola che si può accostare in modo naturale ad esso o meglio una sola espressione: la storia del calcio.

Una storia costituita da ben sedici finali, di cui solamente tre perse e ben tredici terminate con la vittoria. Basterebbe solamente questo come bigliettino da visita per il Real Madrid; il quale si contenderà in quella che sarà la finale numero 17 e, forse, anche la Champions League numero 14 da quando ha iniziato a conquistarle: intorno alla metà degli anni ‘50. Una storia, quella della ‘camisetta blanca’, da leggenda. Una storia che per essere raccontata non basterebbe neanche un articolo. Ma d’altronde non ci possiamo ancora permettere di essere troppo prolissi su alcuni argomenti.

E sul Real Madrid ce ne sarebbe tanto da dire, tanto da raccontare e da ricordare. Tra giocatori iconici e semplici aneddoti, tra matches leggendarie ed iconici. Un racconto, dunque, a trecento sessanta gradi che riguarda il calcio in generale. Ma la nostra attenzione, come logico che sia, si concentra su quella che un tempo si chiamava Coppa dei Campioni e il Real Madrid, ai tempi di Alfredo Di Stefano, ne vinse ben cinque consecutive: dal 1956 al 1960.

Le avversarie che caddero sotto i colpi della corazzata spagnola furono: Stade Reims, per 4 a 3; la Fiorentina, 2 a 0; contro il Milan, con 3 a 2 ottenuto solamente dopo i tempi supplementari; una seconda volta contro lo Stade Reims, con un secco 2 a 0; per poi raggiungere l’apoteosi contro i tedeschi l’Eintracht Francoforte, con un perentorio 7 a 3.

Sei anni più tardi un altro successo contro il Partizan di Belgrado. Un 2 a 1 che permise al Real Madrid di conquistare la sesta coppa dei campioni. Poi? E poi il buio totale. Per diversi anni, per non dire decenni, i blancos non riuscirono più ad alzare il trofeo dalle grandi orecchie. La magia, dunque, sembrava esser svanita.

Tra le stagioni 1961/1962 e 1963/1964, i blancos subirono due batoste in finale abbastanza inaspettate. Forse più per quanto riguarda la prima che per la seconda. Se nel 1962, il Real Madrid perse contro il Benfica per 3 a 5, due anni più tardi fu la grande Inter, per 3 a 1, ad annichilire tutti i sogni di gloria alimentati in quegli anni.

Ci riprovarono 41 anni fa, come ha anche specificato Virginio Avellino nel suo articolo, proprio contro il Liverpool. I Reds Devil, in quell’occasione, si mostrarono più bravi contro la squadra che già, nei fatti e nei numeri, era inarrivabile per tutte le altre.

Eppure, dopo il 1966, in Coppa dei Campioni, il Real non riusciva più a primeggiare nell’Europa che conta.  Un 1 a 0 che venne vendicato molti anni più tardi, ai tempi di Cr7. Era la stagione 2017/2018. Quella notte il Real Madrid vinse con un perentorio 3 a 1. E nel mezzo?

Nel mezzo ci furono altre sei Champions. La serie di vittorie, non proprio consecutive, riprese nel 1998, quando a perdere sotto i colpi dei blancos fu la Juve di Marcello Lippi a causa di un gol di Mjatovic. Due anni più la vittima sacrificale fu il Valencia con un secco 3 a 0 e dopo altri due anni fu l’eurogol di Zidane a consegnare un’altra coppa ai madrileni.

Poi un altro periodo di vuoto. Ma questa volta breve. Undici anni più tardi il Real Madrid si scontra quelli che vengono definiti i suoi ‘cugini’: l’Atletico Madrid. Le due squadre s’incontrarono per ben due volte: nella stagione 2013/2014 e nella stagione 2014/2015. In entrambi i casi è sempre il Real a spuntarla. Fino, poi, ad arrivare all’ultima finale già citata del 2018.

Quando si arriva in finale è naturale credere che il cammino sia stato entusiasmante e, semmai, senza neanche la paura di non giungere fino in fondo. Appare normale suddividere il cammino in due parti: ai gironi e alla fase ad eliminazione diretta: Inter, 1 a 0 all’andata e 2 a 0 al ritorno; lo Sheriff, 3 a 0 all’andata e sconfitta per 2 a 1 al ritorno; e Shakhatar Donetsk, vittorie sia all’andata che al ritorno: 2 a 1 e 5 a 0. Agli ottavi: Paris Saint-Germain, 3 a 1 all’andata e sconfitta indolore per 1 a 0 al ritorno; ai quarti: il Chelsea, sconfitta all’andata per 3 a 2 e vittoria al ritorno per 3 a 1; semifinale: Manchester City, 3 a 1 all’andata e sconfitta indolore per 4 a 3 al ritorno. La seconda parte, insomma, è stata tutta inglese, come anche il Liverpool.

Dunque, quella di domani sarà effettivamente la sua quattordicesima coppa conquistata? Oppure il Liverpool riuscirà, come 41 anni fa, a beffarlo sul più bello per la seconda volta in finale? Sta di fatto che domani 28 maggio, allo Stade De France, sempre inteso come Saint-Denis, il Real, adesso allenato da Carlo Ancelotti, si giocherà il prestigio della propria storia. Perché squadre di questo genere non possono permettersi di arrivare secondi, non è nel loro Dna. Anzi, non fa parte della loro storia.

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