Leopoli, Cherasky e Karkiv. Tre città dell’Ucraina in cui le sirene hanno rotto il silenzio della notte anche in queste ore. Sirene antiaereo, per avvertire la popolazione che altri bombardamenti stavano per arrivare. La guerra, dunque, continua. Siamo ormai a due settimane e niente riesce a porre fine a questa follia. Tra la Russia che lascia il Consiglio d’Europa, per situazioni diventate ormai irreversibili, ed un Zelensky abbastanza deluso dall’Unione Europea, la crisi sembra essere ancor lontana dalla fine.

Milioni di persone in fuga da quel lembo di territorio del vecchio continente verso ogni direzione, verso ogni luogo in cui c’è la possibilità di ritornare a vivere mentre l’Ucraina rimane in balia di sé stessa, accerchiata dalle forze militari di Putin e difesa, labilmente, dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti d’America e la stessa Ue.

Per quanto possa servire di vietare questo o quel nome, questo o quel prodotto di provenienza o in omaggio al popolo russo, un popolo che non merita di essere messo alla gogna a causa di un leader completamente fuori controllo, non sarà mai abbastanza.

E’ vero: si ha paura di allargare un conflitto di cui da tempo non si sente la mancanza e le cui conseguenze sarebbero irrimediabilmente disastrose. Nonostante ciò, ieri Mario Draghi e anche Emannuel Macron hanno ventilato la possibilità per l’applicazione della cosiddetta ‘Economia di guerra’: bisogna prepararci; questa in sostanza è stato il messaggio lanciato dai due leader politici.

Nella città in cui qualche giorno fa venne preso di mira un ospedale pediatrico si sono contati ben 1.600 civili uccisi in dodici giorni. Ovviamente stiamo parlando di Mariupol; ma come detto non è solo questa la città coinvolta, altre le abbiamo menzionate all’inizio di questo articolo, non specificando da subito che proprio a Leopoli il suono delle sirene è durato più a lungo del solito. Nei sobborghi di Mylolaiv, invece, è stato bombardato un altro ospedale, questa volta per malati oncologici, colpiti anche i sobborghi di Kiev.

Frattanto dagli Stati Uniti fanno sapere che i continui attacchi mettono a repentaglio la sicurezza nucleare dell’intera Ucraina; mentre davanti all’ambasciata russa, a Washington, il nome della strada è cambiato: è diventata Zelensky way. La scritta è sorretta da un palo con i colori non solo della bandiera ucraina, ma anche con alcuni girasoli di carta, simbolo di quella nazione.

Lo scontro, ormai, si è anche acuito sul possibile utilizzo delle cosiddette armi chimiche. I russi affermano che sarebbero anni che gli estremisti ucraini preparano questo tipo di armi per usarli contro di loro. Accuse, fino a questo momento, non suffragate da alcun tipo di prova. Biden sull’argomento si è pronunciato: Se Mosca le userà la pagherà.

Infine c’è da ricordare che un paio di giorni fa, nei cieli del Mar Nero, è avvenuto un incontro ravvicinato tra un drone statunitense ed l’aereo che trasportava il Ministro Lavrov in Turchia.

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