Avete mai fatto caso che ogni tanto s’incrocia un attore e regista che realizza ancora film di ottima fattura? Si chiama Clint Eastwood. Abbiamo deciso di aprire così questa recensione dedicata all’ultima sua fatica cinematografica ‘Cry Macho’. Se per molti arrivare oltre gli ottanta anni inizia ad essere un problema, per lui è ancora ordinaria amministrazione continuare a lavorare; specialmente all’età di soli 91 primavere.

Del film ve ne avevamo parlato qualche mese fa, quando si trattava di mera ‘Anteprima’, raccontando le complicate fasi di sviluppo di questa che è di fatto una storia malinconica, sul significato della vita e la scoperta di sé stessi. Temi già trattati dallo stesso Clint Eastwood in modo particolare in ‘Gran Torino’. Ecco perché abbiamo deciso di aprire l’articolo parafrasando proprio una delle battute di quel film.

Era l’anno 2009 e tutti pensavano che forse, dopo quell’opera cinematografica, si sarebbe ritirato. Invece no, anche se questa volta, Clint, si limita, per modo dire, solamente a dirigere e a recitare.

Il soggetto e la sceneggiatura del film sono stati realizzati dallo stesso autore dall’opera letteraria omonima pubblicata nel 1975, Richard Nash, insieme a Nick Schenk. Un’opera cinematografica che sembra miscelare, in un sol colpo, lo stesso ‘Gran Torino’ e ‘The mule’, con un elemento in più: il western in chiave moderna, grazie alle scene on the road.

C’è di più: ‘Cry Macho’ è una storia di redenzione e malinconia, trattata con semplice spensieratezza e con la giusta dose di ironia. Una storia che si lascia vedere e scoprire fino ai titoli di coda. Una storia da non sottovalutare, ma da contemplare e la cui trama potrebbe essere vista anche attraverso diverse prospettive.

Per tutti il protagonista principale è Micheal ‘Mike’ Milo, un ex campione di rodeo interpretato da Clint Eastwood, che gli viene affidato il compito di andare a prendere un ragazzino in Messico, per conto del padre, ovvero l’altro protagonista della storia, Rafael ‘Rafo’ Polk, interpretato da Eduardo Minett.

Il ragazzo porta sempre con sé un gallo soprannominato ‘Macho’, perché nei vari combattimenti lotte con gli altri galli non ha mai perso uno scontro. Ed è qui il senso del film, per non dire della storia stessa. No, non sul simpatico animale, ma su quel soprannome che il suo giovane padrone gli ha attribuito.

Il significato della parola viene esplicato in maniera chiara ma non ve lo possiamo svelare al momento, per rispetto verso chi non ha ancora avuto il piacere e la fortuna di andare a vedere questo piccolo gioiello. Un gioiello cinematografico che comprende diversi significati, comprende più messaggi, sia intriseci che estrinseci. Un film che narra si di un viaggio, ma un viaggio dentro a due personaggi con i quali ci possiamo riconoscere.

Poco importa se la classifica del box office, relativa al primo week-end di programmazione, non concede la prima posizione, occupata dal film della Disney ‘Encanto’. ‘Cry Macho’ merita di essere visto, perché è un film per tutte le generazioni. È un film da gustare come un bicchiere di vino in serate velatamente malinconiche, affrontate con quel giusto pizzico di ironia e spensieratezza grazie proprio a questo film.

‘Cry Macho’ è ben interpretato e presenta uno sviluppo lineare, senza buchi di sceneggiatura e senza forzatura. Un film che rappresenta, forse, l’addio di Eastwood al western, ma non al cinema. Siamo sicuri che nel frattempo starà già pensando al prossimo film da realizzare o forse è già pronto, sempre con quell’infinita voglia di non fermarsi mai; per continuare a stupire, per farci sognare e al tempo stesso riflettere.

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