Presente nelle sale da cinema ormai da fine ottobre, Freaks out fa impazzire il pubblico ribaltando gli standard del cinema italiano. Un film ambientato nell’Italia nazi-fascista del 1943, dove i protagonisti si guadagnano da vivere grazie a spettacoli circensi. Ognuno dotato di una rarità, un dono e una condanna, con cui devono convivere ma che li aiuta a sopravvivere.

La dura realtà della guerra li obbliga a nascondersi dalle forze nazi-fasciste e a non potersi unire al circo concorrente gestito dall’antagonista, il tedesco Franz. Gabriele Marinetti, regista di “Lo chiamavano Jeeg Robot”, porta anche in questo film Claudio Gianmaria nei panni di Fulvio, l’uomo cane.  Il film vince il leoncino d’oro e il premio Pasinetti, non contando la fama che ha riscosso tra il pubblico.

Gli effetti speciali, il trucco cinematografico insieme alle riprese eccezionali e alla bravura degli attori sono stati la ragione principale della fama del lungometraggio. Nonostante le difficoltà giornaliere, i protagonisti continuano a sostenersi e prendersi cura uno dell’altro come una famiglia, fino a quando Israel, proprietario del circo di origini ebree, non esprime apertamente il desiderio di lasciare il circo in Italia per crearne uno nuovo in America e sfuggire al pericolo della guerra e del nazismo.

Dopo alcune discussioni con i colleghi, questi acconsentono al viaggio e donano i loro averi per fare in modo che accada. Purtroppo, avviene una svolta solamente dopo la scomparsa di Israel.

Una recitazione di alto livello, una realtà drammatica e storica che racconta l’emozionante storia dei singoli individui, una storia emozionante che cattura l’attenzione dello spettatore rendendolo partecipe della sofferenza e dell’incertezza dei personaggi, prendendoli anche a cuore.

Il film vanta effetti speciali che non hanno nulla da invidiare a quelli utilizzati nei film americani, che accompagnano i personaggi nella trama creando momenti di suspense, stupore, a volte addirittura di angoscia.

Un genere fanta-drammatico che lascia con il cuore spezzato e riesce a coinvolgere lo spettatore, come se fosse parte della storia. L’allontanamento e il destino strappalacrime di Israel colpiscono tutti, ma è un modo per ricordare e onorare le persone cadute vittime del regime nazista. La drammaticità si alterna ad una falsa e breve illusione della quiete, prima che tutto peggiori di nuovo.

L’ambientazione in un periodo storico reale, che ha segnato la storia dell’Italia e del mondo, aggiungono un tono drammatico, di inquietudine e incertezza che caratterizza tutto il film. La figura dei partigiani è fondamentale per permettere al pubblico di comprendere la realtà che i personaggi si ritrovano a vivere; così come le varie scene raffiguranti le forze tedesche e la violenza che usano contro chiunque, anche senza una motivazione.

Vengono predilette delle riprese dinamiche e veloci, le riprese soggettive che evidenziano le emozioni dei personaggi e conferiscono più drammaticità alla scena, alternate spesso a lunghe focali.

Oltre ai lati più negativi della guerra, non mancano momenti di rincuoro e sollievo, come nell’incontro di Matilde con i partigiani che la accolgono e proteggono, o come la scena in cui riesce a scappare agli assalti sessuali di un poliziotto.

Non è da sottovalutare la figura di Franz; visionario e fanatico del regime nazista che rappresenta di per sé il nazismo, la sua inclusività e la sua esclusione allo stesso tempo. Il circo ricorda un regno dove è lui l’unico a dover comandare nonostante le sue dita in più lo rendano un fenomeno da baraccone come i personaggi del zirke. Nella scena del suo suicidio, nell’esaltazione dei suoi ideali è chiaro che il personaggio è un riferimento alla figura di Hitler.

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