Un documentario su come l’esploratore toscano scoprì la futura Baia di New York

Raccontare la storia, ricordarla, tramandarla e non solo a parole ma anche con immagini vivide, semplici; con la capacità di accompagnare le parole scelte, selezionate, in modo da trasportarci nell’epoca da scoprire o comunque da riscoprire. Sono questi gli elementi caratterizzanti del docufilm andato in onda, martedì scorso su Raitre in seconda serata, ed interamente dedicato ad uno degli esploratori, forse, un po’ dimenticato rispetto a Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci. Navigatori e uomini d’altri tempi legati indissolubilmente a territori che oggi sono conosciuti con il nome del continente a cui appartengono: America.

La figura di riferimento in questo docufilm è quella di Giovanni Da Verrazzano, navigatore fiorentino che il 17 aprile del 1524, quindi cinquecento anni prima, raggiunse alcune coste di quello che veniva definito il nuovo mondo. Cinque secoli più tardi a quel viaggio ed esattamente nei punti precisi in cui Da Verrazzano passò e si fermò sorgono l’attuale Statua della Libertà, il porto di New York e il ponte che oggi ha il suo nome, propriamente inteso: Da Verrazzano.

Dunque, il navigatore toscano in quel lontano giorno era entrato, scoprendo ulteriormente, la baia della futura Capitale del Mondo così come la conosciamo oggi. A riportare in auge quest’ulteriore evento legato alla storia degli Stati Uniti d’America ci ha pensato, non solo in fase di ideazione e di scrittura, ma anche in fase di regia, Giuseppe Pedersoli.

Il suo docufilm è dettagliato, semplice e ben sviluppato. Una sceneggiatura, realizzata con l’economista statunitense, Alan Friedman, che non lascia spazio ad ulteriori curiosità non approfondite, ma che le affronta tutte evitando di lasciare, a chi guarda, delle domande senza risposta. In questo particolare ed interessante progetto, Giuseppe Pedersoli, ha fondato l’idea sviluppandola in tre momenti ben distinti ma che non devono essere considerate separate, anzi.

Quelli storici, che ricostruiscono anche in via rappresentativa le fasi e l’esistenza di Giuseppe Da Verrazzano; quello costituito da testimonianze di emeriti esperti e anche di alcuni eredi dello stesso; senza dimenticare le spettacolari riprese dall’alto dei luoghi e dei posti attinenti alla ricostruzione storica degli eventi in questione.

Il tutto unito in alcuni momenti da un narratore, la cui voce e volto appare in momenti ben precisi e ben individuati nello sviluppo del documentario. Tale ruolo è stato affidato con molto acume a Neri Marcorè, che si è ben compenetrato nel fare da ‘cicerone’ a coloro che, forse, non conoscono tutti i dettagli di questa storia affascinante e che viene celebrata anche per un altro anniversario passato un po’ in sordina.

Non c’è solo da ricordare, come già specificato, i cinquecento anni della scoperta della Baia di New York, no. C’è dell’altro. sessanta anni fa venne inaugurato per la prima volta il ponte dedicato all’esploratore fiorentino. La cui costruzione ebbe inizio nel lontano 1959 e terminando, appunto, nel 1964.

Il documentario si sofferma, seppur in modo quasi indiretto, sulla figura dello stesso Da Verrazzano. In modo preciso, in un periodo in cui il revisionismo storico fa più danni che altro, Giuseppe Pedersoli pone l’accento sul come lo stesso navigatore si è comportato con gli abitanti originali di quelle terre.

Non tanto come mero e cinico colonizzatore; semmai come il ‘ponte’ tra i due mondi e due culture che, per alcuni versi, potevano coesistere. Ma la storia sappiamo come è andata ed è inutile cercare di riscriverla. Operazione, questa, che lo stesso Pedersoli non realizza; anzi, riporta fedelmente le cronache dell’epoca con assoluta umiltà e semplicità. Anche grazie ad alcune memorie e diari di bordo che lo stesso ci ha lasciato.

Si potrebbe andare oltre, continuando all’infinito anche nel ricordare alcuni passaggi dello stesso documentario ma ci dilungheremo e rendendo pesante questo piccola e umile recensione di un docufilm da scoprire e da rivedere quando volete su RaiPlay. Un docufilm che in cinquanta due minuti riesce a raccontare una storia lunga, come detto, cinquecento anni.

Non possiamo, però, chiudere senza non aver detto almeno una sola parola su un debuttante molto particolare ed illustre: Carlo Pedersoli, Jr. Lo sappiamo, questo nome vi dice molto. come già specificato in precedenza, nel nostro articolo di presentazione sul documentario, Carlo non è solo il figlio di Giuseppe ma a sua volta è anche il nipote dell’indimenticato Bud Spencer, il cui vero nome era Carlo Pedersoli appunto.

Il compito di Carlo Pedersoli, Jr in questo documentario è stato quello di prestare il suo volto a Giovanni Da Verrazzano. Il suo è un debutto positivo, che lo ha portato a calarsi in un ruolo non tanto facile, seppur privo di battute, quanto interessante e con molta professionalità ed umiltà.

Il suo modo di porsi davanti alla macchina da presa ci permette di scoprire, seppure durante le sue brevi apparizioni, com’era il vero Giovanni Da Verrazzano. Una prova convincente, la sua, e che magari sarà prodromica per altri ruoli futuri e non solo nei cosiddetti docufilm.

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