Il titolo dell’album ‘52nd street’ vi dice qualcosa? Sicuramente i più attenti risponderanno così: il quinto album in studio del cantante americano Billy Joel del 1978. Altri ancora, sempre attenti, magari ci diranno: la rubrica sul quale state pubblicando l’articolo si chiama ‘Forever 80s’ e non è dedicata al decennio precedente. Infatti, è vero, ma curiosamente, questo 33 giri fu il primo ad essere venduto attraverso non solo i classici supporti musicali come disco e musica cassetta.

Era il 1° ottobre del 1982, quindi anni ’80 iniziati da un biennio e qualche mese, quando nei negozi di dischi apparve quello che venne comunemente identificato come l’oggetto che avrebbe dovuto sostituire, per sempre, sia il 45 giri che il 33 giri. Stiamo parlando del cosiddetto compact disc o disco compatto, in italiano.

Il quinto disco di Billy Joel fu, a tutti gli effetti, il primo a venir pubblicato con quella tipologia di supporto musicale. L’oggetto in questione venne ideato in collaborazione fra la Sony e Philips. In realtà era un progetto congiunto in cui nel 1980, due anni prima dalla distribuzione ufficiale. Il nuovo supporto musicale venne mostrato e presentato attraverso la riproduzione della Nona Sinfonia di Beethoven.

L’idea di creare tale oggetto, per l’epoca molto tecnologico, nasceva dell’esigenza di realizzare una maggiore capacità di memoria del supporto musicale. Lo scopo era quello di renderlo la capacità di memoria dieci volte superiore al disco stesso. La paternità dell’invenzione la si deve Norio Ohga, presidente della Sony proprio dal 1982 al 1995.

Con l’avvento del compact disc molti vedevano il futuro, inteso come anno 2000, affacciarsi anzitempo nel corso della storia, ma non bastò. Proprio durante i primi anni del ventunesimo secolo nacquero altre forme si supporto musicale ancor più evoluti dello stesso cd che lo hanno soppiantato del tutto. Soprattutto la possibilità di scaricare online, dietro pagamento s’intende, e anche attraverso abbonamenti tutta la musica che vogliamo ascoltare.

Il vinile, nella sua essenza, era composto da un materiale termoplastico e da una struttura che generava un notevole fruscio. Quello stesso fruscio che, il più delle volte, che si udiva quando la puntina del giradischi andava in contatto con il disco. Se il vinile non veniva conservato nel giusto modo la riproduzione dello stesso perdeva di qualità: la puntina che saltava nei punti graffiati o lo stesso fruscio, alcune volte, che infastidiva l’ascolto delle canzoni; soprattutto quelle preferite.

Con il compact disc il problema del fruscio era di gran lungo superato, grazie al materiale di policarbonato trasparente. Ma polvere e l’errato mantenimento dello stesso determinava che il laser non riuscisse a leggerlo e, rispetto al vinile, a non riprodurre nemmeno in parte in contenuto musicale compreso.

D’altronde i files musicali di oggi hanno risolto il problema dell’ascolto, perfetto, pulito e con sound rimasterizzato. Ciò però non ha del tutto sconfitto i dischi. Dopo alcuni decenni di oblio forzato, sono tornati ad essere acquistati non solo dai collezionisti, ma anche da tutti coloro che amano la musica. Ma il discorso della superiore capacità di capacità di memoria non si fermò solo all’ambito prettamente musicale.

Tre anni più tardi, nel 1985, si affacciò, sempre a forma di dischetto, il cd-rom, ossia il supporto tecnologico con la possibilità di distribuire software per computer e memoria di massa a sola lettura. Ma anche questo formato, in pochissimi anni, è stato soppiantato dalle nuove tecnologie che ci circondano al giorno d’oggi. Insomma, il compact disc doveva rappresentare il futuro, invece, la parabola del nuovo supporto musicale terminò solo venti anni fa.

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