La notte tra il 13 ed il 14 settembre del 1321 moriva il sommo poeta e padre della lingua italiana, Dante Alighieri. In occasione dei settecento anni della sua  morte, il CNR ha creato l’opera del vocabolario italiano; mentre l’Accademia della Crusca nel 2015, per i settecentocinquanta anni dalla sua nascita, ha realizzato il Vocabolario Dantesco.

La maggior parte delle parole usate da lui per la prima volta nella ‘Commedia’ sono ancora utilizzate nell’italiano moderno. Basti pensare ai primi versi dell’antinferno dantesco, a dimostrazione della modernità delle parole del poeta.

Molto si è detto anche, in questi lunghi settecento anni, sul suo aspetto fisico. Venne descritto dal Boccaccio (pur non avendolo incontrato) nel suo “Trattatello in laude di Dante”. Tale descrizione fornì lo spunto per tutti i ritratti successivi alla morte del poeta. Oggi abbiamo un’immagine diversa: partendo dal teschio, conservato a Ravenna, è stato possibile ricostruire un probabile aspetto del poeta meno spigoloso e ossuto di quanto si pensasse nei secoli scorsi.

Visse un’infanzia travagliata, Durante, vero nome di battesimo. Sua madre Gabriella degli Abati (di famiglia ghibellina) morì quando era ancora bambino e suo padre Alighiero di Bellincione commerciante (schierato con i guelfi) venne a mancare nel 1283 quando lui aveva solamente 17 anni.

Da giovane si formò attraverso gli insegnamenti filosofici e teologici della scuola francescana (Santa Croce) e domenicana (Santa Maria Novella). In questo periodo strinse amicizie e iniziò una corrispondenza con i giovani poeti «stilnovisti». Ma la sua vita è strettamente legata agli avvenimenti politici fiorentini.

Quando Dante nacque, nel 1265, Firenze era in procinto di diventare la città più potente dell’Italia centrale. Il conflitto tra guelfi, fedeli all’autorità temporale dei papi, e ghibellini, difensori del primato politico degli imperatori, divenne sempre più una guerra tra nobili e borghesi simile alle guerre di supremazia tra città vicine o rivali. Sempre nello stesso anno, nel 1265, dopo la cacciata dei guelfi, la città era ormai da più di cinque anni nelle mani dei ghibellini. L’anno successivo Firenze ritornò nelle mani dei guelfi e i ghibellini vennero espulsi a loro volta. A questo punto, il partito dei guelfi, si divise in due fazioni: bianchi e neri.

Per avere una vaga visione del capoluogo toscano durante il Medioevo si può prendere spunto dalle strette vie che si stendono tra il Duomo e il Bargello. Ovunque sorgevano torri per esprimere tangibilmente il potere delle famiglie, ne esistevano almeno 150.

Oggi ne rimangono 4-5, altre furono distrutte per ragioni politiche o per ragioni di sicurezza (molte costruite in mattoni cedevano sotto il loro stesso peso). La casa natale del poeta oggi non esiste più. L’edificio che ospita la casa – museo a lui dedicata venne costruito nel 1906 sull’area occupata dalle case degli Alighieri (in zona porta San Pietro).

Esiste ancora la chiesa Santa Margherita de’ Cerchi, dove fu celebrato nel 1285 il matrimonio di Dante con Gemma Donati. Un matrimonio fatto di interessi politici. (Corso Donati, parente di Gemma sarebbe diventato uno dei capi politici di Firenze). Dal loro matrimonio nacquero tre figli Jacopo, Pietro e Antonia. Dante non dedicò un solo verso alla moglie, che dal canto suo si rifiutò di seguirlo in esilio.

Non sappiamo esattamente quali siano stati gli incarchi politici di Alighieri, da alcune fonti possiamo citarne alcuni: membro del Consiglio del popolo, membro del Consiglio dei Cento, membro del gruppo dei Savi e priore (da giugno ad agosto 1300).

Nel 1300 i Bianchi avevano il controllo di Firenze e, quando i Neri tentarono una sommossa, reagirono in modo altrettanto violento. Dante, di parte bianca ma eletto alla carica pubblica del Priorato, suggerì, con imparzialità, un provvedimento di espulsione degli esponenti più facinorosi dell’una come dell’altra fazione. La violenza della lotta politica, a Firenze, stava ormai divenendo preoccupante anche per le pressioni che venivano esercitate dall’esterno.

Il papa Bonifacio VIII, infatti, sosteneva i tentativi dei Neri di prendere il controllo della città con il sostegno di Carlo di Valois i Neri presero il sopravvento: i fuoriusciti rientrarono in città e la sottoposero ad un feroce saccheggio; quindi, emanarono una serie di provvedimenti volti a consolidare il potere della propria fazione, fra cui le condanne all’esilio degli esponenti più in vista della parte bianca.

Nell’archivio di Stato di Firenze è ancora conservato il documento che contiene la condanna all’esilio. ‘Alighieri Dante: multa di 5000 fiorini, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo’. Nel corso degli anni, il Sommo Poeta, fece diversi tentativi per rientrare a Firenze, purtroppo senza alcun risultato e non rivide più la sua patria.

Entrando nel piano strettamente letterario c’è da precisare che Dante Alighieri, nell’ideazione e composizione dei suoi versi, specialmente anche quelli più famosi, è stato ispirato da una persona in particolare.

Infatti il poeta dichiarò sempre il suo amore per la sua musa ispiratrice Beatrice Portinari (Bice De Portinari). La incontrò ad una festa il primo maggio del 1273, lui aveva 9 anni e lei 8 anni. I due si rividero soltanto nel 1283, Beatrice era già sposata con Simone de Bardi e sette anni più tardi a soli 24 anni muore. Forse di parto ma non ci sono documenti che convalidano questa ipotesi.

Nel 1292, in onore alla donna amata, Dante incominciò a scrivere la Vita Nuova, con la speranza “di dire di lei quello che non fu mai detto ad alcuna”. Il componimento è strutturato da 31 poesie (25 sonetti, 1 ballata, 5 canzoni) alternate a testi in prosa, che racconta la vita di Dante dopo l’incontro con Beatrice. Il titolo stesso, infatti, allude al rinnovamento portato dall’amore. Può essere suddiviso in tre sezioni: nella prima l’incontro e il saluto di Beatrice, nella seconda si descrive il lungo periodo in cui questo saluto viene negato al poeta (Dante aveva finto di corteggiare altre donne per non esporre Beatrice), e nella terza infine la donna è morta.

Dante comprende che solo attraverso il suo amore egli potrà giungere a Dio. Nasce così una seconda Beatrice, intesa come luce spirituale, unità ideale, l’amore che congiunge insieme intelletto e atto, scienza e vita.

Come sappiamo il padre della lingua italiana non si fermò solamente alla ‘Vita nuova’. Compose altre opere entrate nella storia della letteratura italiana. Come ‘Il Convivio’ dei 15 trattati che dovevano comporre l’opera, ne furono realizzati solo 4 tra il 1304 e il 1307. Il primo funge da introduzione, gli altri tre affrontano il tema dell’interpretazione di un’opera d’arte, il tema della sapienza e infine quello di che cosa sia la nobiltà.

Il De Monarchia è un trattato in latino composto nel 1312-1313 al tempo della discesa dell’imperatore Arrigo VIII in Italia, nel quale Dante discute i rapporti tra il potere temporale e spirituale.

Il De vulgari eloquentia è la difesa della lingua volgare (volgus=popolo, l’italiano), presentata come una lingua naturale, contro il latino, artificiale.

Ma se volessimo conoscere Dante Alighieri, la Commedia potrebbe offrirci interessanti spunti fin dall’incipit in cui si dichiara che il viaggio è intrapreso da un “io” all’età di trentacinque anni.

Solo teoricamente lo possiamo distinguere dalla personalità storica, dal Dante-Personaggio pellegrino (colui che nella Commedia compie il viaggio, peccatore pentito che si appresta ad un processo penitenziale) e Dante-Poeta (colui che scrive). Ciò che descrive è una peregrinazione, appunto, nei tre regni dell’aldilà organizzati secondo un preciso ordine universale fisico-cosmologico, etico e storico-politico, dedotto dalla cultura scientifica, filosofica e teologica medievale.

Il viaggio viene immaginato durante la Settimana Santa dell’anno 1300 tra l’8 e il 15 aprile del 1300 (anno giubilare). Il poema è diviso in tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso), ciascuna composta da 33 canti (l’Inferno 34 perché ha un proemio introduttivo), in totale sono 100 canti.

L’Inferno è come una voragine collocata ai piedi di Gerusalemme, i dannati sono disposti in nove cerchi/gironi sempre più stretti in ordine della gravità del peccato (puniti con la legge del contrappasso). Il poeta nel suo viaggio è accompagnato dalla sua guida (salvezza/ragione) Virgilio. Dopo aver attraversato il regno dei dannati i due finalmente escono a “riveder le stelle” e scoprono che devono scalare la montagna del Purgatorio, attraverso sette cornici.

Qui s’incontrano anime salve, ma che devono anch’essi espiare i loro peccati. In cima alla montagna si trova il Paradiso terrestre, immaginato come una serie concentrica di cieli, qui Dante viene accompagnato da Beatrice. Insieme alla sua guida il poeta deve attraversarli tutti fino ad arrivare al cospetto del Creatore “l’amor che muove il cielo e l’altre stelle”.

Dante ha scritto il suo capolavoro durante il suo esilio, nel 1319. Venne invitato a Ravenna da Guido Novello da Polenta, Signore della città; due anni più tardi parte per Venezia come ambasciatore. Rientrato a Ravenna il poeta venne colpito da un attacco di malaria, morendo a 56 anni nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. La tomba del sommo poeta si trova nella basilica di San Francesco a Ravenna, attorno ad essa è istituita una zona di rispetto e silenzio chiamata “zona dantesca”.

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