Dopo un romanzo di successo è normale proseguire la storia con quello che, nel linguaggio comune di oggi, si definirebbe sequel. Ottantuno anni fa si era però ben lontani dalla logica cinematografica, nonostante il grande schermo era molto di più che una semplice realtà. L’anno seguente all’esordio vincente che Philip Marlowe fece ottenere al suo ‘padre’ letterario, l’antieroe ritornò in una nuova storia condita, come sempre, di ricatti, corruzione, mistero e una scia di morti che sembrava non finire mai anche in quell’occasione.

Raymond Chandler estrae dalla sua penna magica una trama ancor più cupa e contorta della precedente, dove il nostro investigatore privato preferito rischia dio tirare le cuoia, come si usa dire nel linguaggio prettamente ‘hard boiled’. Anche questo secondo capitolo o episodio come meglio preferite, assurge ad ulteriore capolavoro del suddetto genere. Non superando il primo romanzo ma mantenendosi allo stesso identico livello. Cosa di non poco. Anzi, missione impossibile ma ugualmente compiuta.

La trama a dispetto del titolo sembrerebbe fuorviante: ‘Addio, mia amata’. In realtà non lo fu neanche in quel lontano 1940, quando molti lettori e critici elogiarono il secondo romanzo di Chandler. ‘Sullo sfondo di una California ricca e corrotta, pullulante anche di miserabili in attesa del colpo grosso, Philip Marlowe viene sguinzagliato sulle tracce di un marito scomparso’. Recita così la quarta di copertina. Il resto è storia del genere e della letteratura.

Il linguaggio, le cupe atmosfere, la suspense sono tutti elementi che vengono confermati non perché era insita, nell’autore, la paura di sbagliare o addirittura la poca voglia d’inventare qualcosa di nuovo; sostanzialmente era la continuazione di quanto raccontato e descritto nel romanzo precedente.

Infatti, Raymond Chandler, in questo suo lavoro ha confermato e portato avanti un universo mai letto da parte dei lettori. Una serie di elementi del tutto nuovi da quanto descritti nelle pagine dal suo predecessore: Dashiell Hammett. Un mondo parallelo, quasi, dal quale la realtà è ancora più presente rispetto ad altre storie. Più crudele e più a tinte forti senza alcuna possibilità di redenzione.

Una storia scritta con maestria e forse neanche tanto studiata a tavolino. In fondo quando si scrive bisogna lasciarsi andare e Chandler, a quanto sembra, ha scritto di getto, con una piccola variante. Una leggera differenza che pare emergere rispetto alla prima storia pubblicata l’anno prima: la suddivisione in capitoli presenta un velato linguaggio cinematografico, simile alla sceneggiatura. Come se nella stessa partizione della trama viene descritta un’unica scena. Non a caso Raymond Chandler fu anche uno abile sceneggiatore, firmando anche diversi copioni poi approdati sul grande schermo.

Una trama talmente ben sviluppata e avvincente, quella di ‘Addio, mia amata’, che nel 1990 la Crime Writers’ Association, come già precisato nell’articolo precedente, oltre a considerare ‘Il grande sonno’ come il secondo romanzo giallo di tutti tempi, il sequel, invece e nella stessa classifica, venne posizionato al settimo posto. Un risultato non solo di prestigio ma anche eccezionale per un autore diventato ormai senza tempo.

Anche questo romanzo, come il primo, è stato ispiratore di due versioni cinematografiche. La prima nel 1944 dal titolo ‘L’ombra del passato’, con Dick Powell e la seconda, nel 1975, in cui Marlowe aveva addirittura il volto di Robert Mitchum dal titolo ‘Marlowe – Il poliziotto privato’.

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