‘One day when glory comes it will be ours’. E’ il verso di una canzone hip pop, miscelata con la tradizione del buon vecchio soul, nonché colonna sonora di ‘Selma’. Film dedicato alla marcia che si tenne nel 1965 per il diritto di voto, promossa dal Premio Nobel per la pace Martin Luther King. La traduzione è semplice e non servono altrettanti giri di parole per spiegare ciò che si intuisce fin da subito: ‘Un giorno quando la gloria arriverà, sarà nostra’.

Intonata dai cantanti Common e John Legend, questo ci è venuto in mente nell’attimo in cui l’agente di polizia della città di Minneapolis, nello Stato del Minnesota, Derek Chauvin è stato ritenuto colpevole per tutti e tre i capi d’imputazione: omicidio colposo, preterintenzionale e di terzo grado.

Una condanna che sa di ‘manna dal cielo’ per tutte le minoranze presenti negli Stati Uniti d’America e che, forse, porterà la stessa nazione a guarire, in via definitiva, quella ferita mai rimarginata e provocata dal ‘peccato originale’, come disse Biden durante la scorsa campagna elettorale.

“Oggi abbiamo compiuto un passo avanti contro il razzismo sistemico, che è una macchia per l’anima del nostro Paese. Ed è stato compiuto un passo da giganti nella marcia verso la giustizia in America”. Queste invece sono le sue parole da Presidente degli Stati Uniti in un discorso fatto alla nazione, definendo la morte di George Floyd come ‘un omicidio alla luce del giorno’.

La paura degli scontri per le strade è stata fortunatamente scongiurata e in tutte le città d’America sono iniziati i festeggiamenti. Non bisogna dimenticare che tutta la città, sede del processo, era in stato d’assedio: tremila soldati della Guardia Nazionale e ben mille e cento poliziotti a presidiarla. I negozianti, dal canto loro, per proteggere le vetrine dei loro negozi avevano montato delle tavole come durante la notte delle scorse elezioni presidenziali.

La giuria che ha condannato il poliziotto di Minneapolis era composta da dodici persone: sei bianchi, quattro neri e due multirazziali. Il verdetto della giuria è stato emesso dopo undici ore di camera di consiglio. Il commento della famiglia di George Floyd è stato un semplice, ma pregnante di significato, ‘Giustizia è fatta’.

D’altronde questa condanna ha il gusto di una vittoria storica. Mai prima d’ora era capitato che un poliziotto venisse condannato per violenze deliberate contro i neri. Non era accaduto nemmeno all’inizio degli anni ’90, quando quattro agenti di Los Angeles vennero assolti dall’accusa di aver pestato Rodney King. Quel verdetto provocò un’ondata di violenza per le strade della città degli angeli tra il 28 aprile ed il 1° maggio del 1992.

Situazione analoga ma a parti invertite, quando sotto l’occhio del ciclone finì l’eroe nazionale O.J. Simpson per il brutale omicidio della moglie. In quel caso per scongiurare altri scontri per le strade d’America, la giuria decise per l’assoluzione del campione di football.

All’epoca il sistema penale americano non mostrò tutta la sua forza, facendosi schiacciare dalle profonde contraddizioni sociali e razziali che minavano già da allora l’America. Oggi, forse, si può dire che qualcosa sta cambiando, che la direzione presa sia quella giusta e che traccia un importante solco pieno di speranza. Il Presidente Joe Biden può continuare il suo progetto di ricostruire il Paese e portarlo verso l’unificazione completa dopo le tensioni degli ultimi anni.

Di certo questo episodio non deve comunque gettare nel fango tutto il corpo di polizia. Sicuramente rovinato da una testa calda e che in quel momento ha abusato del suo stesso potere. La difesa di Chauvin aveva contrattaccato alla tesi dell’accusa con richiamando il carattere della vittima, le droghe usate da George Floyd e i suoi problemi di cuore e che il suo cliente si era comportato in ‘modo ragionale’.

Proprio su questo punto ci sarebbe da dire una sola cosa. Anche una persona ragionevole si sarebbe reso conto che dopo cinque minuti in quella posizione, con un ginocchio sopra al collo, avrebbe soffocato qualcuno. Lui, Derek Chauvin, dopo 9 minuti e 29 secondi, forse, non se ne era ancora accorto, al di là del carattere della vittima, al di là della banconota falsa da 20 dollari purtroppo usata e al di là delle droghe che, purtroppo, assumeva.

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